Dal posteggio si
raggiunge il Rifugio
Torre di Pisa (h 2,10, vedi itinerario
Cima
del Fèudo).
Giunti al rifugio,
sempre seguendo le tabelle segnaletiche, si gira dietro la piccola
costruzione, si percorre sino al culmine la
crestina del Monte Cavignòn (2691 m) quindi, per erto
sentierino, ci si cala entro un catino ove troneggia un inclinato (e
precario?) pinnacolo di roccia, quella "Torre
di Pisa" che dà il nome al rifugio. Sempre in leggera
discesa, si prosegue più comodamente attraversando un piccolo nevaio
presente anche a stagione inoltrata e, con un brevissimo saliscendi, ci si
ritrova nel roccioso, bellissimo e lunare circo
del Latemar.
Ora la traccia prosegue praticamente in piano
traversando da Sud a Nord tutto l'altipiano e rasentandone il margine
sinistro: dopo avere costeggiato la base della Cima di Valsorda, ci si
porta dapprima appena sotto lo sbocco di Forcella dei Camosci per
poi traversare
lungamente in direzione della già ben visibile Forcella
dei Campanili. Si transita alla base del Corno di Val d'Ega,
si oltrepassa rasentandola l'ampia insellatura detta Il Forcellòne, si
toccano le ghiaie basali della Cima del Forcellòne e, con percorso
rilassante e panoramico, si arriva infine alla selva
di guglie e torrioni in mezzo ai quali è aperta la Forcella dei
Campanili (2600 m, h 1,00 dal
rifugio). Ampio
panorama sul sottostante Lago di Carezza, sul vicinissimo Gruppo
del Catinaccio e sui verdissimi prati dell'Alpe di Siusi; in
secondo piano si intravvedono il Sassopiatto e il massiccio del Sella.
Qui vi è la tabella d'attacco del "Sentiero Attrezzato dei Campanili
del Latemar", via ferrata non eccessivamente difficile e ad
andamento quasi pianeggiante che permette di visitare diverse piccole
forcellette di cresta e che consente, con una breve deviazione, di
raggiungere la vetta del Cimòn del Latemar. Realizzata nel 1981 su
iniziativa della S.A.T. di Predazzo, gli infissi sono stati recentissimamente
rinnovati e, in alcuni casi, sostituiti, così da rendere il percorso
ancora più sicuro.
Una traccetta segnata con bolli rossi risale il
detritico pendio iniziale delle Torri
Occidentali fino a portarsi proprio sotto i primi denti rocciosi,
ove si trovano anche le primi funi. Risalite una serie di facili
roccette, si oltrepassa un primo esilissimo
forcellino e si traversa verso destra su una sorta di cengia; più che
altro una paretina ove, mancando lo spazio per l'appoggio dei piedi, si
procede di aderenza. Gli infissi ben in tiro e ottimamente posizionati,
comunque, rendono la progressione assolutamente non problematica.
Proseguendo per un sistema di cenge e per tratti di normale sentiero si
perviene al primo degli angusti e panoramicissimi intagli di cresta.
Affacciandosi sul versante opposto, grande è il contrasto tra le
monotonia assolata del pendio di sfasciumi che costituisce il versante
meridionale del Latemar e gli ombrosi e repulsivi canaloni che ne
costituiscono la parete settentrionale. Superato senza grossi problemi
l'intaglio aperto tra la Prima e la Seconda Torre Occidentale, si
prosegue sempre alternando tratti attrezzati ad altri privi di infissi in
una alternanza di panorami davvero spettacolare, fino a giungere alla più
ampia delle incisioni di cresta, la Forcella Diamantìdi, che separa
le Torri Occidentali dal Cimòn del Latemar. Oltrepassata la vertiginosa
selletta, si traversa ora lungamente e in piano il regolare pendio
meridionale della montagna fino al punto in cui, grosso modo sotto la
verticale della cima, si scorge più in basso il sentierino proveniente da
Forcella Grande e le evidenti tracce di passaggio che collegano i
due percorsi.
Qui si abbandona la traccia segnata per salire
verso sinistra (tracce ben
marcate ed ometti) il facile pendio di ghiaie che porta sul Cimòn
del Latemar (2846 m, h 0,15
dal punto in cui si abbandona il sentiero attrezzato). Bellissimo,
circolare e ampio il panorama che abbraccia oltre al vicino Gruppo del
Catinaccio e le cime del Latemar stesso, anche i più lontani Sassolungo
e Sella oltre che tutto il Lagorài e le Pale di San
Martino.
Scesi dalla vetta e reintercettata la traccia segnata, si
prosegue ancora per
normale sentiero fino a che, nell'attraversamento di alcune gole e
canaloni, ricompaiano gli infissi metallici. Ora in leggera discesa, ci si
approssima all'ultima impressionante forcella: le corde fisse portano fino
sull'orlo del breve strapiombo, dove una serie di staffe un poco
"impressionanti" ma facili, anche se richiedono un qualche
sforzo di braccia, depositano sull'esile intaglio. Si risale ora una
paretina attrezzata e ben appigliata fino ad un pianerottolo da cui è
finalmente visibile la notevole depressione di Forcella Grande con
la sagoma del Bivacco
Rigatti. Disceso
un canale roccioso, si seguono gli infissi attraverso un ultimo
costolone e si arriva al termine del percorso attrezzato; da qui, con un
breve tratto di sentiero lungo fastidiose ghiaie, si arriva al bivacco
(2620 m, h 2,00 da Forcella dei
Campanili).
Dalla forcella ove è situato il bivacco
(manca l'acqua nelle vicinanze) si scende dapprima con decisione sul
versante della Valsorda quindi, dopo avere attraversato un canalone
ricolmo di neve fino a stagione inoltrata (acqua!!!!), si ricomincia a
traversare pressochè in piano il
fianco meridionale del Latemar. Si cammina con un andamento
parallelo a quello del sentiero attrezzato appena percorso utilizzando un
sistema di comode cengette poste appena al di sopra dello zoccolo
iniziale della montagna. Al termine si scende un poco e si va ad
intercettare la traccia proveniente dal Rifugio Torre di Pisa
rimanendo appena più bassi della Forcella dei Campanili (h
1,00 dal bivacco).
Da qui, per il medesimo itinerario di nuovo al rifugio
ed a Pampeàgo (h 2,30).