Si imbocca la
carrareccia sterrata che supera subito il rio su un ponte in cemento e poi
prende a risalire la Valsorda sulla sinistra idrografica. Presso un piccolo
sbancamento si lascia a destra un erto sentierino diretto a Medìl
(indicazioni) e si prosegue lungo il torrente, con pendenza moderata. Poco
più avanti la carrareccia termina in un dissestato slargo, oltre il quale
inizia un’antica mulattiera affiancata (e per qualche tratto
coincidente) ad una eccezionale antica opera pubblica, la cosiddetta
"Cava delle Bore" (cartello esplicativo all’inizio
della mulattiera). Si tratta di un lungo solco scavato nel terreno,
opportunamente rinforzato da muretti a secco o terrapieni di tronchi, che
serpeggia dall’ampia radura di Malga Valsorda, situata nell’alta
valle, fino al paese di Forno, e che un tempo era sfruttato,
opportunamente ghiacciato, per il trasporto del legname. Oggi quest’opera
monumentale è in parte inagibile, ma fino alla fine degli anni’40 è
stata regolarmente utilizzata dai tagliaboschi della zona per trasferire
il frutto del loro lavoro alle segherie di fondovalle, secondo una
secolare tradizione che solo recentemente è stata abbandonata.
Si sale
dunque lungo
la bella mulattiera, attraverso un tratto stretto ed ombroso della
valle: il rio scorre infatti in una sorta di gola rocciosa, che il
sentiero evita passando più in alto, in un fitto bosco dapprima misto, e
poi di soli abeti. L’osservazione delle varie soluzioni costruttive
adottate per la "cava" è sempre interessante ed istruttiva,
specialmente per quel che riguarda alcuni
ponti sospesi sulla forra del torrente. Si giunge così ad una
vasta radura in pendenza, dove il tracciato della "cava" si
fa meno evidente a causa di alcuni smottamenti. La mulattiera invece
prosegue chiara e, dopo un ulteriore tratto nel bosco, sbuca su una larga
strada forestale (h 1,00).
La si segue
in salita per un tratto nel bosco, poi si attraversa il rio su un ponte e,
con un tornante, si guadagna quota sulla sponda opposta. Un lungo
rettilineo in salita (in questo tratto la sede della "cava",
sull’altro lato del torrente, risulta impraticabile) riporta a superare
nuovamente, più a monte, il rio, questa volta con un guado che può
risultare malagevole a seconda della portata del corso d’acqua. Sulla
sponda opposta, a destra, si trova subito la prosecuzione della
"cava" (la si può seguire attraverso un magnifico bosco, a poca
distanza dal rio) mentre la carrareccia, dopo un tornantino, prosegue
nel bosco, ora fitto, sulla destra idrografica del vallone. Poco più
in basso si vede a tratti il tracciato della "cava",
raggiungibile in ogni punto facilmente. Nel bosco un po’ più rado si
oltrepassano un paio di massi con lapidi che ricordano alcune disgrazie
nella vita dei taglialegna, quindi si giunge ad un nuovo ponte sul rio.
Qui si abbandona la forestale per seguire a sinistra un sentierino
(indicazioni) che sale con alcuni tornanti nuovamente nel bosco, andando a
reintercettare il tracciato della "cava". Con andamento in
costante, leggera salita nella splendida abetaia, la mulattiera sbuca in
una vasta radura di erba e massi (h 0,50
dall’incrocio con la forestale), in vista della grande bastionata
("I Burti") che sbarra l’alto corso della Valsorda.
Poco più a monte si incontra una traccia (indicazioni) che, a destra, si
va a raccordare alla vicina forestale, abbandonata in precedenza, che
termina alla ormai prossima Malga Valsorda (1676 m). Proseguendo
invece lungo
i vasti prati, seguendo i segnavia bianco-rossi, si riprende a salire,
raggiungendo un grosso masso isolato con antiche iscrizioni chiamato Sass
del Canalìn (1829 m, h 0,15 dalla
radura), dove la leggenda vuole che un tempo sorgesse il rifugio di un
tagliatore di pietre di Canale d'Àgordo: bellissimo panorama sul
settore meridionale del Latemar, in particolare sulla
selvaggia costiera dei Pizzi dei Muss.
Il sentiero rientra
quindi nel bosco e, con numerosi ripidi tornanti, attacca la severa
bastionata dei "Burti". In ambiente solitario e
selvaggio, si esce dalla vegetazione e, tendendo a sinistra, si
raggiungono le prime rocce: si risale con ampie svolte un ripido pendio
erboso, quindi si sale a destra di un torrione roccioso, in un canalino
che sbuca su una forcelletta presso un'imposta
di caccia al riparo di un landro. Si scende dall’altra parte per
pochi metri e si attraversa un
ripido canale detritico (attenzione in caso di neve residua!), per
risalire dall’altra parte lungo una scarpata di roccette (fune
metallica). Si traversa poi per una comoda cengia verso destra, quindi
si sale una nuova rampa gradinata per erba e roccette (I°-) fino
ad uscire sui superiori pendii erbosi, ormai al di sopra del tratto
roccioso. Con alcune svolte, il sentiero risale quindi una ripida valletta
e taglia, quasi pianeggiante, una fascia detritica. Per un ultimo canalino
erboso e qualche tornante si
guadagna il ciglio dell’altipiano superiore (Lastèi di Valsorda),
da dove appare la cresta sommitale del Latemar in tutta la sua
imponenza e particolarità.
Proseguendo per l’ondulato altipiano erboso,
con splendide fioriture, si supera una preziosa sorgente e, con qualche
zig zag fra i magnifici prati, si
guadagna il ripiano dove sorge il caratteristico Bivacco
Sieff (o Bivacco Baita Latemar, 2365 m, h
1,20 dal Sass del Canalìn). Bellissimo
panorama sulla cresta superiore del Latemar e, verso lo sbocco
della Valsorda, sul Gruppo di Bocche, il Lagorài e le Pale di San Martino.
Di qui è possibile raccordarsi con i vari
sentieri che attraversano il Latemar (vedi itinerari Traversata
del Latemar Nord-Orientale e Via
Ferrata dei Campanili).
Ritorno per la stessa via fino a dove la
mulattiera si stacca dalla carrareccia (h 1,45):
di qui volendo è possibile proseguire lungo quest’ultima e, guadato il
rio, tagliare quasi in piano il boscoso versante sinistro idrografico
della valle. Con un’ultima breve salita, si esce infine sui meravigliosi
pascoli punteggiati di baite intorno alla frazione Medìl (1363 m, h
0,35 dal bivio). Attraversato il caratteristico paesino, si
incontra la strada asfaltata di servizio al centro abitato. Dopo poche
decine di metri si prende una mulattiera a destra (indicazione) che scende
dapprima con moderata pendenza, poi con tratti ripidissimi, fino ad
intercettare la carrareccia di fondovalle presso il piccolo sbancamento
poco a monte di Forno, da dove si ritorna in breve all’auto (h
0,25 da Medìl).