Dal
parcheggio presso il rifugio si
segue la larga strada forestale che attraversa l'ampio prato e si inoltra
nel fitto bosco, in direzione della verticale bastionata rocciosa che
sembra sbarrare la valle: dal centro di questa precipita, con salto
vertiginoso, la bella Cascata Superiore di Garès.
Superato su ponte un rio
asciutto, la strada termina presso un piccolo spiazzo: un cartello
ammonisce sul pericolo di caduta pietre nelle vicinanze della cascata. Si
segue ora il sentiero n° 704, che prende a risalire con estrema decisione
il ripido pendio boscoso: l'ambiente, nonostante la vicinanza con la
"civiltà", è quanto di più selvaggio si possa immaginare! Tra
cascatelle, massi a soffitto e alberi caduti e contorti, la traccia sale
ripida: trascurata dopo un quarto d'ora una breve diramazione a sinistra
per la più modesta Cascata Inferiore, si prosegue a salire (un po'
fastidiosamente, in verità, a causa del fondo dissestato e sdrucciolevole
del sentiero) fino ad uscire ai piedi delle pareti, proprio nel punto dove
si infrange la Cascata Superiore (1519 m, h
0,30). Un piccolo ponticello
qui attraversa il rio, consentendo un collegamento diretto con le case di Garès.
Il sentiero principale svolta invece decisamente a sinistra,
rasentando la base della parete rocciosa: alcuni alberi caduti costringono,
all'inizio, ad una variante un po' scomoda. Al termine del lungo traverso,
il sentiero risale un pendio di fitti mughi con erte serpentine (bella
veduta sul Pian delle Giàre e su tutta la Val di Garès), per poi tagliare
nuovamente verso destra, su un ampio pendio di mughi: questo in realtà
non è che l'ampia cengia inclinata, ben evidente dal fondovalle, chiamata
"Banca Piccola", che taglia tutta la bastionata rocciosa fino
alla forra da cui si origina la cascata. Il sentierino, ben marcato,
richiede la dovuta attenzione, in quanto serpeggia proprio sull'orlo
inferiore della cengia, sopra vertiginosi salti verticali. Un breve tratto
roccioso (corda fissa) conduce al termine della cengia, dove questa si
esaurisce in corrispondenza del canalone roccioso in cui scorre il
Rio
delle Comèlle: pochi metri più a valle, il rio precipita nell'abisso
originando la Cascata Superiore.
Un ponticello consente di superare il
corso d'acqua, poi una scaletta ed una serie di corde metalliche
(attenzione, passaggi viscidi) facilitano la risalita della forra
("Orrido delle Comèlle"), sempre accanto al torrente. Sembra di
essere al Verdòn, l'ambiente è opprimente ma molto caratteristico, e la
salita risulta oltremodo piacevole. Tratti di sentiero facile, alternati ad altri
attrezzati con brevi spezzoni di corda metallica, consentono di risalire abbastanza
velocemente l'orrido: presto il rio scompare, inghiottito dal sottosuolo,
e in un silenzio irreale si continua a risalire il
canalone, che si fa via
via più ampio, fino all'improvviso ed inaspettato sbocco superiore, al
Pian delle Comèlle (1800 m circa, h 0,45
dalla Cascata Superiore). Dopo l'oppressivo canalone,
quasi ci si smarrisce in questo vastissimo ripiano alluvionale, lungo più
di 2 km! Sullo sfondo, a destra, svetta l'ardita Cima delle Comèlle (2951
m).
Si attraversa, praticamente in piano,
tutto il vasto
fondovalle:
presto, si incontrano su un grande masso le segnalazioni per il "Viàz del
Bus" (a sinistra), collegamento per la "Banca Granda" con
l'attigua Valbona. Giunti al termine del ripiano, ci si dirige a destra
per prati fino alla base del successivo sbarramento della valle ("Làsta
Möia" o "Lastedèl"): con l'ausilio delle corde metalliche
(facile) si risalgono in successione una serie di umide placche poco
inclinate fino alla conca erbosa superiore, dov'è un primo bivio per la
Val Strut ed il Passo delle Faràngole (h
0,45 dall'inizio del Pian
delle Comèlle).
Proseguendo sul sentiero
n° 704, in lieve salita, si rimane alti sul roccioso fondovalle, tagliando
ripidi pendii erbosi, e si giunge all'ombrosa conca rocciosa dove sbocca,
da destra, la Val delle Galline: va da sè che questo sbocco è costituito
da un vertiginoso salto, inciso da una strettissima spaccatura da cui
scendono le acque del rio. Ai piedi della spaccatura permangono per tutto
l'anno grossi blocchi di ghiaccio.
Attraversato il torrente, la traccia
risale al meglio (ma con fatica, a causa della mobilità delle ghiaie) un
ripido pendio detritico: raggiunta la base di una fascia rocciosa, la si
vince sulla sinistra, grazie alle corde fisse, lungo una ripida placca.
Alla sommità del breve risalto si taglia un pendio detritico presso
un'ultima strozzatura rocciosa e si raggiungono le prime conche erbose
dell'ultimo tratto del vallone. Per dossi detritici e brevi ripiani
prativi, si arriva all'ampio Pian dei Cantòni (2313 m, h
1,00 dalla Làsta Möia), posto
proprio allo sbocco inferiore della severa
Val dei Cantòni, facente capo
al visibile Passo del Travignòlo (2925 m). Qui si incontra il bivio con il
frequentato segnavia n° 703 ("Sentiero delle
Faràngole"), che
collega il Rifugio Mulàz col Rifugio Rosetta.
Dal Pian dei
Cantòni si
risale ancora un breve pendio detritico sulla sinistra, fino ad un
cartello del Parco Naturale: pochi passi dopo il cartello, attenzione a
non proseguire per l'invitante traccia (incerto collegamento con le
"Sponde Alte"), ma a seguire gli ometti ed i segnavia a destra,
che risalgono direttamente i dossi detritici dell'Altopiano delle Pale. Più in alto,
la traccia si fa di nuovo più marcata e, incrociata la mulattiera
ex-militare proveniente da Forcella Cesurètte e Col di Prà, la si segue
brevemente verso destra fino al poggio su cui sorge il Rifugio Pedrotti
alla Rosetta (2581 m, h 0,45 dal
Pian dei Cantòni). Magnifiche vedute sulla Catena
Settentrionale delle Pale, sulla Pala di San Martino e su Civetta, Pelmo e
Tofane. Proprio di fronte, si staglia il largo pendio detritico della
Cima della Rosetta (2743 m), superbo belvedere: a metà pendio sorge la stazione
superiore della funivia proveniente da San Martino di Castrozza (vedi
anche itinerario Cima
della
Rosetta).
Il ritorno, oltre che per la via di salita,
può essere effettuato per la Valbona, compiendo così una bella
traversata, varia ed interessante. Dal rifugio si segue per breve tratto il
percorso di salita, fino al bivio per Forcella Cesurètte: si prosegue
quindi lungo la ben conservata mulattiera ex militare (segnavia n° 756-761),
che attraversa con intelligente percorso le ondulazioni dell'altopiano.
Con frequenti e poco faticosi saliscendi, la mulattiera risale una
valletta erbosa, per affacciarsi sulle desolate lastronate dette "Sponde
Alte". Si scende poi ad un colletto, oltre il quale ci si affaccia sulla
vasta Busa di Col Alto, ampia conca carsica di notevole profondità. La
mulattiera si mantiene alta, al limitare delle rocce, e ne taglia tutto il
versante destro, fino alla visibile insellatura erbosa della
Forcella
Antermarùcol (2334 m, h 1,15
dal rifugio), aperta tra il Col Alto (2407 m) ed il
Marùcol (2362 m).
Qui (indicazioni) si abbandona la mulattiera ex-militare
(segnavia n° 761, diretta a Forcella
Cesurètte ed a Col di Prà), per prendere
il marcato sentiero n° 756 che si abbassa con lunghissima serie di tornanti
nel ripido solco erboso della Valbona (bellissime vedute su Garès e sul
Cimon della Stìa). Molto più in basso, la valle si restringe: trascurata
a sinistra la deviazione per il "Viàz del Bus" e la Val delle
Comèlle, si
prosegue la discesa fino ai bei prati dove sorge la Malga Valbona (1783 m,
h 1,00 da Forcella Antermarùcol). La vecchia casera, sempre aperta, risulta ristrutturata in modo
esemplare.
Da qui, con lunga traversata pressochè in quota alle pendici
vulcaniche del Sasso Negro (2189 m), si va ad intercettare il sentiero che
scende da Forcella Cesurètte (prendendo alcune scorciatoie, opportune, si
può anche non incontrare il bivio segnalato) e, lungo questo, con ripidi
tornanti nel fittissimo bosco, si scende nuovamente al Pian delle Giàre,
presso la Capanna Cima Comèlle (h 0,45
da Malga Valbona).