Non ci sono indicazioni o segnavia, ma bisogna
imboccare una sterrata che conduce ad una vicina cava, ove si rinvengono i
primi segni bianco-rossi. Si segue inizialmente una carrareccia fino a che
(segno) non si incrocia, sulla sinistra, lo stacco di una traccia che si
inoltra nella vegetazione: si imbocca il bel sentierino che, con pendenza
moderata, comincia a salire nel fitto bosco misto di conifere e latifoglie.
Non si trovano indicazioni di sorta, ma la traccia è buona e, di tanto in
tanto, un segnavia (rinfrescato di recente) rassicura sul fatto di essere
sulla strada giusta.
Giunti ad un piccolo pulpito ben affacciato sulla
vallata sottostante e sulle altissime pareti del Monte Agnèr, il
sentiero comincia ad impennarsi sensibilmente: prima
attraverso una colata di grossi massi e poi nuovamente nel bosco, la
traccia sale ripidissima, senza mai concedere tregua, fino a che, con
progressivi spostamenti verso sinistra, si guadagna una piccola selletta
appena sottostante la guglia detta "I
Pilòi"(1400 m, h 2,00
circa).
Da qui occorre
traversare
fino a raggiungere il profondo solco del Boràl della Besàusega
ma, poiché il pendio è spesso roccioso e sempre e comunque ripidissimo,
la traccia prosegue con saliscendi (tutti rigorosamente sub-verticali!)
alternati a tratti in piano che seguono cenge erbose (spesso esposte),
fino a guadagnare l’ingresso del profondo orrido del Boràl della Besàusega
(h 1,30 circa dai Pilòi). Sebbene non vi siamo
difficoltà di sorta, questo è forse il tratto più delicato dell’intero
percorso, tratto che è assolutamente da sconsigliare in caso di pioggia o
con terreno scivoloso.
Arrivati dunque sul fondo del
canalone,
se ne comincia la risalita procedendo un poco per traccia e un poco su
grossi massi, mentre la pendenza si mantiene su livelli un poco più
umani; l’ambiente è cupo e impressionante, e si cammina sovrastati da
incredibili e sterminate pareti di roccia. Guadagnando quota, si giunge
sotto un enorme masso, che si supera con l’ausilio di funi metalliche e
di qualche piolo, fino a che la traccia non devia decisamente a destra
uscendo definitivamente dal Boràl della Besàusega (h
0,30 circa).
Abbandonato il
canalone, la ripidezza aumenta di
nuovo ed il sentierino comincia ad inerpicarsi su ripide pareti macchiate
d'erba; si
sale con
fatica (e aggrappandosi ai mughi!) per traccia e qualche facile
roccetta, fino a guadagnare la sommità di un primo dosso (1800 m circa). Da
qui, sulla sinistra, appare invitante la visione di una idilliaca selletta
erbosa cui la traccia, che ora procede con pendenza più moderata e con
qualche lieve saliscendi, pare puntare. Ma si tratta solo di un crudele
equivoco, poiché in realtà il percorso prosegue inesorabile verso l’alto,
fino a portarsi sotto un saltino erboso nei pressi di un larice solitario.
Si risale un canale terroso (eventualmente aiutandosi con un
provvidenziale abete nato nelle vicinanze!) e si supera qualche facile
salto di roccia, fino a guadagnare l’orlo del terrazzamento soprastante;
da qui, di nuovo per buona traccia e con pendenza moderata, si prosegue
fino a portarsi a fianco di una incombente paretina di roccia. La si
costeggia, mentre i panorami cominciano a farsi sempre
più ampi, risalendo poi un breve
pendio erboso per dirigersi quindi verso due canalini rocciosi
posti sul fondo, e che paiono sbarrare la strada verso il gradone
successivo. Si risale quello di destra, aiutati dalle recenti corde
fisse e, nuovamente per buona traccia, si giunge finalmente sulla piatta e
ampia cima della Prima Pala di San Lucàno (2221 m, h
2,00 dall'uscita dal Boràl). Il panorama è davvero grandioso, e la vista è libera di
spaziare a 360 gradi dai vicinissimi e imponenti Civetta,
Moiàzza
e Agnèr
fino alle più lontane
cime dolomitiche; bellissimo davvero! Come molto carino è anche
il piccolo e confortevole
Bivacco
Bedìn (9 posti letto, serbatoio di acqua piovana e ... ottimi
tramonti (tramonti,
tramonti,
tramonti!)
che si raggiunge in breve, dopo avere guadagnato l’ampio pianoro erboso
che costituisce la cima della Prima Pala di San Lucàno.
Dal
bivacco, vicina e facilmente raggiungibile, è l’elevazione detta Le
Cime (2296 m, h 0,30
circa); scesi un poco lungo il sentiero che porta alla Forcella della
Besàusega, lo si abbandona e si ricomincia a risalire il pendio
erboso rinvenendo una magra traccetta, che in breve porta sulla piccola ma
molto panoramica cima. Sempre facendo capo al bivacco, è possibile salire
(pare abbastanza facilmente) verso le Cime d’Ambrusògn, ben
visibili dalla vetta
de Le Cime.
Ritornati comunque sulla traccia segnata, si
percorre il sentiero un poco esposto che conduce alla bella Forcella
della Besàusega, posta tra El Mul e le Cime d’Ambrusògn.
Il panorama è sempre vasto, e la vista spazia sia verso gli erbosi
e riposanti rilievi di Cima di Pape, sia verso "le
insondabili profondità e i misteriosi abissi" del Boràl
della Besàusega. Dalla forcella, volendo, vi è la
possibilità di salire (ometti, passaggi di I° grado, pare) sia sulla
Seconda
Pala di San Lucàno che sul Monte San Lucàno.
Proseguendo nella traversata,
occorre raggiungere l’ampia insellatura di Forcella Gardès; si
scende dunque sul sentiero diretto alla Malga d’Ambrusògn (1700 m, vedi
anche itinerario Prima
Pala di San Lucàno) fino a che, passando su un piccolo pulpito erboso, non si
nota sul
prato sulla sinistra del sentiero stesso un poco evidente ometto. Quest’ultimo
segnala la possibilità di evitare la perdita di quota della discesa fino
alla malga traversando appena sotto le Coste di San Lucàno
direttamente fino alla Forcella Gardès. La traccia è
però, specie nella prima parte, quasi totalmente assente, come molto
scarsi sono anche gli ometti presenti lungo il percorso: in compenso, l’ambiente
è molto bello e la direzione sempre bene evidente.
Abbandonato dunque il
sentiero segnato, ci si cala per prati fino ad una zona con grossi massi;
si scende ancora, cercando le scarse tracce di passaggio sul terreno e
piegando verso sinistra mentre, di tanto in tanto, si rinviene qualche
ometto. Oltre una valletta detritica la traccia migliora, e aumentano
anche gli ometti; cominciano lievi saliscendi e, traversata una placconata
rocciosa e superato un ultimo dosso erboso, si è con breve
discesa alla bella Forcella Gardès (1998 m, h
1,30 circa dal bivacco), splendidamente aperta sia verso le principali
cime delle Pale di San Martino sia verso la vallata
di Cencenìghe e Àlleghe.
Riguadagnata dunque la
traccia segnata, si scende dolcemente per i bei prati della Valle di
Gardès; si supera una presa dell’acquedotto (oltre cui stacca sulla
sinistra la traccetta diretta verso il Pizèt) e, continuando a
scendere, si giunge alla Casèra di Gardès (1774 m,
possibilità di ricovero, focolare e acqua).
Dalla casera, il sentiero si
trasforma in mulattiera e, poco dopo, abbandona i verdissimi
prati della valle per immettersi nel bel bosco di conifere;
scendendo ora con maggiore decisione, in circa h
1,00 si raggiunge la carrareccia diretta alla Baita Malgonèra
(tabelle, vedi itinerario Traversata
della Palalada). Si imbocca la sterrata, scomodissima dopo il bel sentiero dal
morbido fondo in aghi di pino, e perdendo quota abbastanza rapidamente si
arriva al ponte sul Rio Bordina, oltre cui si trova la carrareccia
in ghiaia proveniente da Col di Prà (1150 m, h
0,45 circa).
Si segue per un poco la carrareccia fino a che,
oltre una panoramicissima
baita (privata) posta sulla destra, occorre imboccare un sentierino
che, scendendo comodamente nel bosco, consente di risparmiare tempo e di
uscire infine presso gli ultimi tornanti oltre l’abitato, ove ricomincia
l’asfalto e ove è nuovamente consentito il transito degli autoveicoli.