Si
prende il sentiero (segnavia n° 106) che entra nel fittissimo bosco ed inizia
subito a risalirlo, con infinita serie di lunghi tornanti in moderata
pendenza. Si continua per un buon tratto lungo la boscosa costa, in
ambiente selvaggio ed affascinante anche se poco panoramico, per
traversare poi lo sbocco della dirupata Val del Marden (ripido canale di ghiaie). Si prosegue dall’altra parte,
in piano per breve tratto, fino alle prime propaggini degli arditi Campanili
dei Toni, che chiudono lo stretto solco ad occidente, da dove
riprendono i tornanti, che tagliano da una sponda all’altra lo stretto
vallone.
Salendo, il bosco si dirada decisamente, consentendo belle vedute
sulla sovrastante impressionante parete della
Pala del Marden (2475 m) nonché, oltre il profondo solco della
Val Marzòn, sulla Val d'Onge
e
sui Cadini di Misurina (rami di Croda Liscia e di
Campoduro). Raggiunto un primo ripiano erboso cosparso di mughi (h
1,00), lo si attraversa e si risale poi con altri tornanti il
successivo risalto, nuovamente boscoso: si giunge così su di un nuovo
ripiano, questa volta al limitare dei ghiaioni. L’ambiente è sempre più
impressionante, sia per le incombenti pareti rocciose dei Campanili
del Marden (a destra) e dei Campanili
dei Toni (a sinistra), sia per il selvaggio abbandono dovuto alla
scomodità ed alla lunghezza degli accessi.
La traccia, superato un
gigantesco masso, si porta a sinistra e taglia il ghiaione con ampio
semicerchio in salita: raggiunge così l’imbocco del tratto finale del
vallone, mantenendosi alta sulla sponda sinistra. Le vedute sulle guglie
rocciose del Marden, nonché sull’impressionante paretona della
Cima
d'Auronzo (2914 m), che sembra sbarrare la valle, sono veramente
mozzafiato. Risalito questo tratto (numerose tracce di guerra portano,
sulla sinistra, alle ardite forcelline di cresta fra i Campanili
dei Toni, dov’erano alcuni osservatori), un'ultima breve salita su
terreno delicato a causa della friabilità (la traccia comunque è ben
evidente) consente di toccare la larga sella detritica che immette
sull’ampio anfiteatro che si estende alla base del grandioso versante
occidentale della Croda dei Toni (3098 m): ancora pochi passi verso destra e si arriva ad un bivio (h
1,40
dal ripiano con
mughi, cartelli).
Prendendo la traccia di sinistra si accorcia
il precorso di circa 45 minuti, ma è consigliabile proseguire per quella
di destra, che prende a risalire con ampi tornanti le gigantesche pietraie
che scendono dalla Forcella
dell'Agnello (2585 m), ben visibile, che separa la Cima
d'Auronzo dalla più modesta Punta
dell'Agnello (2736 m). Il sentiero, in questo tratto molto ampio e
con una rozza lastricatura anche se franato in più punti, consente di
guadagnare quota velocemente e di raggiungere l’ampia sella ghiaiosa
(neve ad inizio stagione): fantastiche vedute sulle pareti della Croda
dei Toni e, più lontano, su Cadini e Tre
Cime di Lavaredo. Poco
sotto la forcella, dall’altra parte, sorge il Bivacco
de Toni (2578 m, h 0,35
dal bivio): da qui un immenso,
insidioso ghiaione scivola ripido fino alla testata della dirupata
Val Gravasecca, consentendo un interessante (ma impegnativo) collegamento
con la Val Giralba ed il Rifugio
Carducci.
Dal bivacco si ritorna alla forcella e si
scende per breve tratto sul sentiero già percorso in salita, fino allo
stacco di un’evidente traccia sulla destra, che si mantiene alta alla
base delle ciclopiche pareti della Croda
dei Toni. Seguendo la traccia, con modesti saliscendi, si ammirano
panorami sempre più ampi sugli altri gruppi delle Dolomiti
di Sesto e sulle Marmarole:
incontrata la traccia proveniente direttamente dalla Val
del Marden, si passa alti sopra lo sbocco dell’impercorribile Val
dei Toni e si giunge ad un insidioso canale quasi sempre nevoso che si
origina dal pieno della parete occidentale della Croda
dei Toni.
Se le condizioni lo consentono, si attraversa il canale in
diagonale ascendente fino alle facili roccette sull’altra sponda (croce
commemorativa); altrimenti, si può attraversarlo direttamente ed entrare
in una piccola gola rocciosa dall’altra parte che va risalita con
l’ausilio di alcune funi metalliche (piuttosto impegnativo) fino alla
croce di cui sopra; o ancora, in caso di ghiaccio particolarmente duro, si
può discendere per un tratto ed attraversare lo sbocco del canalone su
facili ghiaie, per poi risalirlo rasente alle rocce del versante opposto
ed imboccare la gola dell’opportunità precedente (in quest’ultimo
caso, notevole perdita di dislivello).
Raggiunto in uno dei modi
precedenti il poggio con la croce, non resta che proseguire su facile
terreno detritico, traversando ancora lo sbocco della selvaggia Val
del Salto, e risalire il breve pendio che adduce alla larga Forcella
della Croda dei Toni (2524 m, h
1,00 dal bivacco). Magnifica veduta sulla verticale parete Nord
della Croda dei Toni, nonché
sulla testata di Val Fiscalina,
con il massiccio di Cima
Undici (3092 m) proprio di fronte. In basso, sui prati, si scorge il
Rifugio
Zsigmondy-Comici, eventualmente raggiungibile con ripida discesa sui ghiaioni.
Si prosegue
rimanendo sul filo di cresta, per una larga traccia di guerra (caverne),
aggirando il cocuzzolo sabbioso del Collerèna e scendendo poi con alcuni tornanti alla larga
Sella di Monte Cengia
(2491 m, h
0,20 dalla forcella). Proseguendo in discesa, si taglia in alto
l’ampia conca del Pian di
Cengia Basso e si raggiunge un bivio: trascurata la traccia che risale a
destra verso il Rifugio
Pian di Cengia (vedi itinerario Crode
Fiscaline), si prosegue la comoda discesa fino al ripiano erboso
del Pian di Cengia Basso, dove
sorge un monumento agli Alpini e giace il bel Lago
di Cengia (2324 m, h
0,35 da Forcella
della Croda dei Toni).
Proseguendo in piano tra bellissimi pascoli, si
costeggia alla base il versante meridionale della Cresta
del Camoscio e, ormai in vista delle Tre
Cime, che svettano dietro all’ardita Croda
Passaporto, si prende una appena percettibile traccia che si
stacca verso sinistra (qualche segno rosso n° 107 ed indicazione poco
evidente su un masso “Val Cengia”).
Scendendo tra i prati, si
raggiunge lo sbocco superiore della lunga Val
di Cengia, costituito da uno stretto canalino roccioso. Disceso con
alcune svolte il canale, si prosegue lungo una serie di ripiani erbosi e
detritici, fino ad entrare nel bosco. Una lunga discesa a tornanti fa
perdere decisamente quota e, superato un rio, si arriva ad una pittoresca
radura dove sorge il Casòn
di Cengia Basso (1602 m,
h
1,10 dal Lago di Cengia): il luogo, veramente idilliaco, invita ad una
lunga sosta. Proseguendo la discesa, il sentiero si fa sempre più
rovinato a causa delle frane e del ruscellamento: superato il rovinoso
corso del torrente, un ultimo tratto di fitto bosco porta ad incontrare
una larga rotabile sterrata che conduce in breve nuovamente sul fondovalle
di Val Marzòn, poco a monte del
Casòn della Crosèra
(1310 m, h
0,35 dal
Casòn di Cengia Basso).
Seguendo in discesa la strada asfaltata, si
supera il bivio per la Val d'Onge
e si prosegue fino a ritrovare la macchina (h
0,25).