Si prende il
largo sentiero (segnavia n° 303
"Sentiero Orsi") che traversa in quota sul fondo del
selvaggio Vallone di Tuckett. Presto l'erba lascia spazio alle
grandi colate detritiche, man mano che ci si addentra nell'ombroso solco.
Oltre una presa d'acqua (sorgente che sgorga direttamente dalla roccia), si
traversa per grandi massi, già
al di sopra della bianca Vedretta di Tuckett. Si raggiunge il
piccolo ghiacciaio da sinistra, dove questo si impenna sensibilmente alla
volta della ben visibile Bocca di Tuckett. Normalmente una marcata
traccia consente di procedere in tranquillità e sicurezza, anche grazie
alla ripidezza non eccessiva. Con qualche svolta, si esce infine all'ampia
insellatura della Bocca di Tuckett (2648 m, h
1,00), aperta tra la Cima Sella (2946 m, a sinistra) e
la maestosa Cima Brenta (3150 m, a destra). Sul versante opposto un
ripido canalone detritico scivola sul fondo della Val Perse. Da
sinistra, lungo la ripida parete di Cima Sella, giunge l'ultimo
tratto del Sentiero Benini.
Si attaccano a destra
(cartello "Via delle Bocchette Alte") le
ripide rocce di Cima Brenta: lungo una serie di terrazze
detritiche, inframmezzate da brevi salti rocciosi che si superano in
sicurezza grazie
alle attezzature (scale e corde), si guadagna velocemente quota, in un
ambiente severo e molto suggestivo. Si raggiunge così l'ampia spalla
settentrionale di Cima Brenta, in vista dell'impressionante scivolo
ghiacciato che precipita sulla Vedretta di Tuckett. Ci si porta sul
versante di Molvéno (di cui appare il pittoresco lago nel
lontanissimo fondovalle) per imboccare una evidente cengia quasi
pianeggiante: all'inizio questa è
stretta ed esposta (corde metalliche), poi diventa ampia e ghiaiosa.
Questa cengia è denominata "Cengia Garbari", dal nome
dell'alpinista trentino che la percorse per primo. Dopo un buon tratto di
sentiero, si deve risalire un'altro breve saltino per alcune banali
roccette, fino ad un terrazzino da dove la cengia tende ad assottigliarsi
sensibilmente (3000 m circa, h 1,00
dalla Bocca di Tuckett).
Qui alcuni ometti lungo la scarpata rocciosa sovrastante indicano la via
normale a Cima Brenta, impegnativa e comunque facoltativa.
Via normale a Cima Brenta: si seguono gli ometti, che
risalgono la fiancata di rocce articolate per caminetti e canalini
modestamente impegnativi (I° grado). Raggiunta più in alto una cengia
ghiaiosa, la si segue brevemente verso destra, fino all'imbocco di una
ripida gola rocciosa che sale in cresta. Si risale la gola, sempre
tenendo d'occhio gli ometti, e comunque mantenendosi grosso modo sul suo
fondo: a circa metà sviluppo di incontrano una serie di massi incastrati
che costringono a qualche
passo di II° grado (cordino su spuntone sopra i massi per eventuale
calata in doppia). Superato l'ostacolo, si prosegue per friabili ghiaie e
roccette fino alla forcella che fa capo alla gola (h
0,30 dall'attacco). Da qui volendo si può salire in breve
sulla cima a destra, che consente già una
vista meravigliosa sulle cime circostanti. Per raggiungere Cima
Brenta, si oltrepassa la forcella e ci si cala per un friabilissimo
canalino ad una evidente forcella più bassa, cui fanno capo paurosi
canaloni su ambedue i versanti. Gli ultimi metri prima della forcella sono
i più impegnativi, perchè su paretina liscia e molto esposta, con scarse
possibilità di assicurazione: insomma, non ce la siamo sentita di
rischiare! Comunque, oltrepassata la forcella, si dovrebbero risalire con
percorso evidente le roccette di fronte e, oltre un'anticima, raggiungere
il punto culminante di Cima Brenta (3150 m, in tutto circa h 1,00
dalla Cengia Garbari). Si ritorna per la stessa via, facendo molta
attenzione all'estrema friabilità e precarietà del terreno!
Dalla
Cengia Garbari si prosegue per alcune roccette, oltre le
quali si affronta un tratto molto
esposto e delicato, traversando in parete per minuscole cengette
(ottime attrezzature). Raggiunto un pianerottolo, ci si cala con una
serie di scale per una parete, fin sul fondo di un'impressionante gola
ghiacciata che precipita per centinaia di metri. E' questo il passaggio
più delicato della via, in quanto soggetto alle condizioni di
innevamento: con poca neve, la fune metallica consente di tagliare il
canale per buona traccia e senza rischi, se invece la corda risulta
sepolta sotto la neve, allora il passaggio si fa più arduo. Bisogna
calarsi direttamente a braccia sul fondo del canale e risalire dalla parte
opposta, con una corda metallica "volante" che ispira tutto meno
che sicurezza! Con un po' di adrenalina, comunque, si raggiunge la sponda
opposta del canale, dove un'altra buona cengia consente di proseguire in
sicurezza. Tagliati altri ripidi canaloni ghiacciati (ma solitamente non
si incontrano soverchie difficoltà), si raggiunge un panoramicissimo
pulpito detritico, la Spalla Sud di Cima Brenta (3002 m, h
1,00 dallo stacco della normale a Cima Brenta).
Raggiuntane l'estremità, ci si cala per
un'articolata
crestina rocciosa abbastanza esposta, poi si traversa per
aeree cornici fino allo strettissimo intaglio della Bocchetta Alta
dei Massòdi (2950 m, h 0,30 dalla
spalla).
Da
qui inizia una lunghissima ed esposta scala ("Scala
degli Amici", ben 68 pioli!), che consente di raggiungere il piatto
terrazzo sommitale dello Spallone dei Massòdi (2999 m), magnifico
belvedere su tutto il Gruppo di Brenta.
Attraversata la spianata
sommitale, si scende dall'altra parte per cenge ghiaiose e roccette
facili: facili si, ma da non sottovalutare, specie per via della
stanchezza, che a questo punto inizia a farsi sentire! Si scende a lungo
per ghiaie e rocce, agevolati dalle corde
fisse nei passaggi più scabrosi, in un ambiente selvaggio ed
affascinante: un'esposta
cengia conduce fino ad alcune scalette che depositano su una esigua cengia,
a picco sul tetro canalone che fa capo alla visibile
Bocchetta Bassa dei Massòdi. A destra (faccia a valle) si
proseguirebbe lungo l'aereo sistema di scale del "Sentiero Oliva
Detassis" (possibile variante molto seguita), a sinistra invece si
affronta un traverso da vertigine lungo una micro-cengia a picco sul
canalone anzidetto, che però grazie all'ottima corda fissa si risolve
solo con una scarica di adrenalina supplementare! Al termine del traverso
si toccano le ghiaie dell'isolatissima Bocchetta Bassa dei Massòdi
(2790 m, h 1,15 dallo Spallone dei
Massòdi). Dall'uno e dall'altro versante precipitano impressionanti ed
impraticabili canaloni.
Procedendo lungo la linea della forcella, si
attaccano le rocce della Cima Molveno (2917 m): per alcune scalette
e poi con un facile tratto di corda fissa si raggiunge l'ampia e ghiaiosa
spalla NO, che si traversa per detriti fino ad una specie di largo e
sinuoso canale che consente di perdere velocemente quota. Dopo un altro
breve tratto attrezzato (facile), ci si ritrova sui grandi ghiaioni basali
di Cima Molveno, prossimi alla Bocchetta Molveno. Scendendo
con ampi zigzag in direzione della sottostante Vedretta
degli Sfulmini, che mostra una caratteristica fronte crepacciata,
si prosegue poi tagliando in alto le morene laterali del ghiacciaio fino
alle grandi lastronate sul fondo del vallone. Seguendo i segnavia, con
alcuni (oramai) faticosi saliscendi, si giunge ai grandi lastroni
fessurati dove sorge l'accogliente Rifugio Alimonta (2580 m, h 1,00
dalla Bocchetta Bassa dei Massòdi).