Arrivati al punto di attacco del sentiero (esigua
piazzola per parcheggiare la macchina), si seguono le indicazioni per il
"Monte Mulàt" e per la "Cima Viezzena", incamminandosi per una
carrareccia che, con pendenza sempre sostenuta e costante, conduce fino ad
un primo bivio.
Qui,
abbandonata la stradina che prosegue dritta (vedi anche itinerario Traversata
della Val Viezzena), si devia sulla sinistra e si risale il fianco erboso
della montagna; si seguono le indicazioni per il "Mulàt", su sentiero
sempre ben segnato, fino a raggiungere un’ampia spianata dove trova
posto il Baito delle Vacche. Si tratta di una piccola baita,
ovviamente in legno, che però non so se sia pubblica come molte altre in
valle; passandoci, l’abbiamo trovata abitata da tre indigeni per nulla
socievoli, che anzi si sono mostrati parecchio infastiditi dalla nostra
presenza.
Prendendo quindi velocemente il largo dal poco accogliente
riparo, abbiamo appena avuto il tempo di notare i cartelli indicatori
posti proprio sulle pareti del baito stesso: a sinistra verso il vicino
Monte Mulàt
e a destra verso la Cima Viezzena. Dirigendoci quindi verso destra, la
segnaletica ha cominciato a mostrare le prime deficienze; a onor del vero,
però, non so se si trattasse di reale carenza di segni o se gli stessi,
debitamente presenti, fossero in realtà ancora sepolti sotto la neve. Sia
come sia, un poco andando a naso e un poco aiutati dalla facilità
dell’orientamento, abbiamo costeggiato il crinale della Costa di Viezzena, rimanendo appena un poco più bassi sul lato verso
Bellamonte.
Puntando ad un marcato intaglio nella cresta, siamo giunti a ritrovare i
labili segnali, spingendoci poi su una sorta di pulpito panoramico a
picco sulla sottostante Valle di Fassa da un lato e sulla Val Viezzena dall’altro.
Tornati brevemente sui nostri passi e ripreso
il cammino, tracce e segnavia sono magicamente riapparsi, guidandoci fino a
che il sentiero non ha piegato decisamente a sinistra e verso l’alto con
l’obiettivo di raggiungere la Cima Viezzena. Considerate le
condizioni del terreno (neve marcia, scivolosa e ancora abbastanza
abbondante), abbiamo optato per continuare a costeggiare il fianco della
montagna puntando verso un’evidente croce metallica, direzione verso cui
pareva puntare anche una ben visibile traccia che, anche se parecchio
esigua e totalmente priva di segnaletica, ci ha condotto effettivamente
prima a ricongiungerci col sentiero segnato e poi effettivamente alla
croce in località “Le Pezze”. Da qui, a picco sull’abitato
di Bellamonte, la vista spazia sul Lago di Paneveggio, sulle Pale di San Martino oltre che sul
Lagorai, Bocche
ecc.
Dalla
croce siamo risaliti brevemente su un piccolo rilievo posto
sulla destra e da qui, fuori traccia e lungo il crinale erboso, abbiamo
cominciato a scendere di quota con l’intenzione di ricongiungerci in un
modo o nell’altro con la mulattiera percorsa all’inizio
dell’escursione. Giunti al limitare del bosco, ci siamo imbattuti in due
paletti segnaletici dal significato ancora avvolto nel più totale mistero
ed abbiamo dunque proseguito sempre sul crinale fino a che non abbiamo
incrociato una traccia segnata che, attraverso un bellissimo e rado bosco
di larici, ci ha ricondotti sulla carrareccia di fondovalle all’altezza
del primo bivio trovato lungo il percorso di andata.