Subito
una tabella indica di addentrarsi tra le case della frazione, mentre alta e lontana in
maniera scoraggiante già si vede la di vetta della Cima
di Pape.
Si
supera una casa con un lavatoio e un’altra
(bellissima!) con la facciata ornata da una meridiana quindi, oltre un piccolo
slargo, si prende il viottolo in salita che esce dal piccolo gruppo di
case. Ci si incammina tra alte erbe per quella che doveva essere una
vecchia mulattiera, fino a sbucare presso le case di Cioìs, gruppo
di vecchi tabià ora parzialmente riconvertiti in abitazioni. Nei pressi
di un curioso crocifisso la vecchia mulattiera va ad intercettare la
strada inghiaiata (proveniente dal parcheggio ove abbiamo lasciato
l’auto): sulla destra vi è l’indicazione per la locale palestra di
roccia, mentre occorre invece proseguire a sinistra, entro il bosco, per
buona strada sterrata. Poco dopo avere trascurato una traccia che si
stacca sulla sinistra, si oltrepassa il bivio (segnalato) per Casèra
Campedèl
e, mentre la mulattiera si trasforma in buon sentiero, si prosegue tenendo
d’occhio, nel pressi di qualche bivio, gli sbiaditi segni rossi ancora
visibili. L’ambiente è bello e riposante, e in qualche momento il
diradarsi del bosco consente bellissime vedute sulla vallata
di Àlleghe sovrastata dalla possente mole della Civetta e
incorniciata in fondo dalle caratteristiche guglie della Croda da Lago.
Dopo
avere superato un baito diroccato ("il Casòn", 1608 m), la traccia
comincia a farsi incerta e a tratti rischia di perdersi nell’erba alta;
dopo pochi metri si raggiunge e si supera un'ulteriore deviazione per Casèra
Campedèl, mentre l’esile traccia comincia a traversare in costa
diretta al dosso erboso detto Col del Pez. Il sentiero qui è
veramente stretto, poco mantenuto e, talvolta, anche abbastanza esposto;
comunque sia, anche se seminascosta dalla vegetazione (qui davvero
rigogliosa), non si corre mai davvero il rischio di smarrire la traccia.
Dopo avere attraversato un canalone ingombro di sfasciumi (spesso neve in
primavera e autunno), il
sentiero prende a salire con decisione (anche troppa!) fino a raggiungere
la sommità del Col del Pez (1838 m).
Da qui si cambia versante, e cambia anche
la vegetazione, mentre si aprono nuovi scorci
panoramici specialmente verso le Pale
di San Lucàno, fino ad ora rimaste nascoste. Dal colle, subito
la traccia non è visibile, ma occorre piegare a destra
mantenendosi sul margine del promontorio e, oltre una macchia di
rododendri, ben presto la si ritrova; davanti, ma ancora lontane,
compaiono le verdeggianti balze che precedono la Cima di Pape.
Si
prosegue fino ad un bivio segnalato (con il solo numero del sentiero, non con
la destinazione!) diretto ai baiti della verdissima e idilliaca Forcella
di Campigòl: superatolo, si prosegue ancora dritti inoltrandosi tra
la vegetazione e i cespugli, e continuando ancora la salita fino a che non
si esce sui bei prati che precedono i ruderi della Malga Rudelefìn Alta
(2104 m), in una posizione panoramicamente incredibile e alle spalle
della quale emerge il dentellato
profilo delle diverse elevazioni della Cima di Pape.
Nei
pressi della ex malga, tabelle segnaletiche (sempre col solo numero di
sentiero) invitano a proseguire verso l’alto, ove si indovina l’imbocco
di una superiore conca prativa. Rinvenuta la traccia, qui nuovamente un
poco labile, si è in breve nel verdissimo catino glaciale che giace poco
sopra i ruderi della malga. Si prosegue dritti fino alle non evidentissime
tabelle in legno poste sotto un grosso masso: a sinistra per Forcella di Pape e a destra per
l'omonima cima.
Il percorso, ora segnalato da paline,
risale la conca e arriva sul suo bordo superiore, dominandola dall’alto;
oltre la fronteggiante Forcella di Pape fa capolino, riconoscibilissimo, l’Agnèr,
che spicca tra le altre cime delle Pale di San Martino. Ora la croce
di vetta è bene in vista, e per raggiungerla occorre salire
abbastanza faticosamente per ripidissimi prati, facendo attenzione ai punti
dove affiorano insidiose roccette parecchio scivolose e, per la loro
particolare conformazione geologica, particolarmente inclini ai distacchi.
Dopo avere superato in successione un paio di erbose
ed aeree crestine che si affacciano sul vertiginoso baratro
sottostante, si è finalmente al traliccio
metallico della grande croce di vetta (2500 m), posta in realtà
su una più visibile
anticima. Con pochi ulteriori passi si guadagna la sommità principale
della Cima di Pape, di pochi metri più alta (2503 m). Il panorama è sensazionale, come
incredibile è il profondo baratro che precipita verso la sottostante Valle
di Garès; seduti sulla cima e confidando nel bel tempo (cosa rara
sulle Pale!), comunque, si può fare esercizio di geografia, giacchè la
vista spazia
davvero in ogni dove. Dal Passo di Vàlles, al San
Pellegrino, alla Cresta di Costabella e di Cima Uomo,
alla Marmolada e alle Cime dell’Àuta da un lato, Civetta
e Moiàzza dall’altro, vicinissime le
Pale e in lontananza Croda da Lago, Tofane, Tre
Cime di Lavaredo e altro ancora.
Per
la discesa, si torna ai ruderi della Malga Rudelefìn Alta e, ancora, al
bivio posto nelle vicinanze del Col del Pez. Da qui si segue però la
traccia che scende di nuovo sul versante nord, diretta ai bellissimi prati
e alle malghe della Forcella
di Campigòl. Si scende dapprima con decisione poi,
attraversato un canale con una presa d’acqua per i vicini baiti si
comincia a traversare
in costa con modesti saliscendi; si supera un bivio (a destra) che
consente di abbreviare il percorso ricongiungendosi alla traccia di salita
nei pressi del primo baito incontrato, e si giunge ad un piccolo baitino ("Le
Buse"), parzialmente aperto con fontana, tavolo e focolare. Invitante e
panoramicissima, una panchina invita alla sosta.
Proseguendo con qualche
altro saliscendi, si arriva in breve alla Forcella di Campigòl (1936
m); luogo
idilliaco e verdissimo ove trovano posto alcuni baiti severamente
sovrastati dallo slanciato profilo della Cima di Pape (che da qui
sembra davvero lontanissima e imprendibile!).
Nel
prato la traccia scompare, e occorre salire nei pressi del baito posto più
in alto, dove si scorge un provvidenziale ometto prima e un segno
bianco-rosso poi. Salendo ancora poco si arriva all’orlo del Campigòl
stesso e, oltre uno steccato/parapetto, per traccia ora ottima e ben
marcata, ci si cala nel bosco sottostante. Attraversando un ambiente dolce
e riposante, tanto da sembrare un giardino, si giunge prima ad un bivio
con una traccia che
cala a Canale d’Àgordo e quindi alla Casèra
Campedèl (1818 m), rustico ricovero dotato di tavolo e
focolare.
Si
scende ancora, sempre in mezzo ad un bosco davvero da fiaba, fino a
ricongiungersi colla mulattiera principale poco prima dei tabià di Cioìs.
Da
qui, in breve, nuovamente al punto di partenza.