Si prosegue sulla destra
sempre su carrareccia per sbucare dopo pochissimo nel vasto pratone che
dà accesso alla Malga Valmaggiore (1608 m).
Poco prima di giungere alla
malga, stacca sulla sinistra il sentiero segnato (n° 335)
diretto a Forcella Valmaggiore e al Bivacco
Paolo e Nicola (tabelle).
Per comoda mulattiera si entra nel bosco e
si comincia a salire con pendenza mai eccessiva; si oltrepassa il rio su
un bel ponticello di legno e, guadagnando quota, si giunge al limite della
vegetazione. Nei pressi del piccolo Laghetto di Valmaggiore
(asciutto a stagione inoltrata) si scorge il
vallone da risalire per giungere alla forcella ed al bivacco e,
essendo volenterosi, ci si può anche affardellare lo zaino con un poco di
legna (già tagliata e ordinatamente accatastata) per rifornire il bivacco
stesso.
Attaccando il valloncello, la mulattiera si trasforma in sentiero
rimanendo però sempre abbastanza comoda e con pochi zigzag, superato il
bivio per il Lago e la Forcella di Morègna, si
arriva abbastanza velocemente alla Forcella Valmaggiore (2180 m). Il posto è abbastanza
frequentato, considerato che qui sorge uno dei pochi bivacchi
"ufficiali" del Lagorài, il Bivacco
Paolo e Nicola; dotato di 6 posti letto, di
stufa e di acqua (nelle immediate vicinanze), è costituito da una accogliente
capannetta in legno, sicuramente uno dei meno spartani della zona!
Da qui, volendo, si può anche salire alla soprastante Cima
Valmaggiore. Volendo invece proseguire per Cima di Cece
(tabelle), occorre deviare verso sinistra (segnavia n° 349)
per immettersi, dopo aver superato un modesto costone erboso, nell’ampio
Vallone
di Cece. Qui il sentiero lascia nuovamente posto ad una
mulattiera di guerra; sono ancora visibili resti di postazioni, trincee e
baraccamenti, e a tratti si cammina su quel che resta di un lastricato
alle volte ancora perfettamente conservato. Il luogo è pietroso e severo
e la Cima di Cece, le cui bastionate rocciose chiudono il vallone, appare
come un insignificante accumulo di pietre mentre, molto più ardite, si
ergono le guglie del Campanile e del Dente
di Cece.
Con pendenza sempre moderata e procedendo su grossi
massi, si guadagna la testata del vallone; il sentiero abbandona la
pietraia e comincia a salire in costa (resti di muretti a secco a
sostegno dei tornanti) fino a che, dopo un breve canalino terroso, si
giunge su un panoramico
ripiano (2600 m circa).
Da qui stacca la traccia (tabella) che
conduce alla cima; sempre per traccia militare ci si avvicina al grande
ammasso di blocchi della vetta fino ad arrivare alla bella
e panoramica croce sulla Cima di Cece (2754 m – libro di vetta). Poco sotto e tutto
intorno vi sono abbondanti resti di postazioni militari e di
"lussuosi" baraccamenti e, particolare non trascurabile, l’ampia
sommità offre ottime possibilità per un lungo e comodo relax di vetta
con annesso pisolino ristoratore. Da qui il panorama è davvero vasto: le
cime del Lagorài e la Cima d’Asta, Catinaccio
e Latemar, Bocche, Marmolada, Pale di San
Martino nonchè Sassolungo e Sella e, verso la pianura, Schiara e Vette Feltrine.
Dalla cima il percorso più breve per
riguadagnare la valle sarebbe scendere per la ripida cresta nord-est; su alcune carte il sentiero appare segnato e in effetti sul
posto si rinviene qualche sbiadito segno bianco-rosso. Mancando del
necessario ardimento, si può invece scegliere di tornare sui propri passi
fino a riguadagnare il sentiero n° 349
nel punto ove staccava la traccia per la cima. Da qui, con un paio di
brevi saliscendi, si raggiunge un’insellatura da cui scende un
malagevole canalino terroso al termine del quale occorre piegare a destra
(ometto) per traversare lungamente in costa fino a che, proprio sotto la
verticale della Cima di Cece, non si giunge alla solitaria Forcella
di Cece (2393 m).
Da qui (tabelle) seguendo la traccia segnata (n° 336)
si scende nella valletta
sottostante, si costeggia il piccolo rio (spesso asciutto), fino
ad arrivare nella verde conca che precede il bellissimo specchio d’acqua
del Laghetto di Caserina (2087 m). Al laghetto, volendo osare e
conoscendo bene la zona, si potrebbe anche arrivare tagliando liberamente e
fuori sentiero attraverso le placconate rocciose che costituiscono il
fianco della Cima di Cece risparmiandosi in questo modo la lunga
traversata fino alla Forcella di Cece.
Oltre il laghetto, e
superato il bivio per il "Sentiero Don Battistin" (n° 336bis) diretto al
Bivacco Paolo e Nicola, si risale
di qualche metro per poi continuare nella discesa della bella valletta;
ricomincia la vegetazione, si entra nel rado bosco e, finalmente, le
pietraie cedono il posto al verde intenso dei prati. Guadato il rio e
superato un piccolo pianoro, si arriva in vista del piccolo Baito di
Caserina (2046 m), recentemente ristrutturato e dotato di acqua e
cucina economica, ma dagli interni davvero spartani.
Qui la traccia si
perde nell’erba alta e, passando a destra del baito, la si recupera nei
pressi di un piccolo ometto di pietre dietro al baito stesso. Ancora per
erbe si entra nuovamente nel bosco, si riguadagna una traccia più marcata
e in breve si è al romantico specchio d’acqua del Lago di Cece
(1879 m) presso il quale sorge un altro baito, più attezzato del precedente e
decisamente meno spartano (ma anche più frequentato!).
Dietro il
baito,
un cartello su un albero guida nuovamente nel bosco a recuperare una
vecchia mulattiera di cui a tratti sopravvive il lastricato; oltre la
radura del Campigòl Grande (alle spalle, tra gli alberi, occhieggia
il Mulàz) e superato quel che resta di un baito in rovina, si entra
di nuovo nella vegetazione fino a guadagnare una strada sterrata. La si
segue fino ad una evidente scorciatoia che, tagliando un tornante, porta a
reimmettersi sulla carrareccia nel pressi di una sbarra e del ponte
carrabile posto circa un chilometro prima della Malga Valmaggiore.