Dalla
centrale Piazza Garibaldi di Finalborgo si procede verso l’antico
Tribunale lungo Piazza Aicardi. Seguendo un archivolto a destra si
imbocca la tortuosa Via delle Fabbriche (segnavia VP
della “Via del Purchin”,
vedi anche itinerario
n. 19 in senso inverso), che prosegue stretta fra le case
verso lo sbocco della Valle dell’Aquila. Giunti ad un bivio presso i
grandi lavatoi pubblici, si prosegue a sinistra lungo una stretta
stradina pianeggiante (Via Romana), fra orti e vecchi coltivi. Con
alcuni decisi cambi di direzione, sempre indicati dai segnavia VP, la stretta
stradina raggiunge un gruppo di vecchie case ormai alla base dello
sperone meridionale di Sant’Antonino, ultima propaggine della Rocca
Carpanèa: presso un curioso spazio recintato dove vigilano
numerosissimi nani da giardino (borgata
Sottoripa), la stradina inizia a salire più decisamente, delimitata
da alti muretti in pietra e dominata da un monumentale esemplare di pino
marittimo. Con ripida
ma breve salita si giunge alla caratteristica borgata
Bolla, dove si incontra un bivio. Trascurata a sinistra la
prosecuzione della “Via del Purchin”, si prosegue dritti, superando
un archivolto: si continua ora su una mulattiera attraverso
fasce abbandonate e antiche case, in gran parte restaurate.
NOTA:
nel dicembre 2019, a seguito di un periodo di forti piogge, in questo
tratto è franata una porzione di muro a secco a monte del sentiero,
causando la temporanea chiusura della mulattiera. In attesa di un suo
ripristino, è possibile aggirare l’interruzione seguendo a sinistra,
dall’archivolto, i segnavia VP fino alla soprastante stradina cementata. La si
segue fino al tornante successivo alla deviazione, ancora a sinistra,
della VP. Dal tornante, prendendo un sentiero che si stacca a destra
dapprima pianeggiante, poi in lieve discesa, si ritorna sul percorso
principale della mulattiera a monte della frana.
Entrati
nel bosco si comincia a salire: dopo alcune svolte si lascia a sinistra
la mulattiera principale
per
seguire a destra un sentiero in lieve discesa nel bosco. Si supera il
letto asciutto del piccolo Rio di Montesordo e, aggirato un costone, si
giunge presso il retro della grande Cascina
del Burlo, regolarmente abitata e raggiunta da una stradina
asfaltata che si stacca dalla strada di fondovalle dell’Aquila
(possibile variante di accesso). Oltre il perimetro della cascina si
incontra un sentiero proveniente da destra (arriva dal piazzale di
fronte alla casa): si deve invece proseguire a sinistra, in piano lungo
una fascia abbandonata. Ben presto la fascia risulta invasa da fitta ed
inestricabile vegetazione: si deve allora deviare a sinistra e risalire
un breve varco nel muretto a secco che sorregge la fascia superiore.
Proseguendo per poche decine di metri lungo questa, si evita il tratto
invaso di vegetazione, quindi si ridiscende alla fascia sottostante.
Proseguendo in leggera salita nel bosco, per tracce abbastanza evidenti,
si giunge ad uno speroncino roccioso, da dove si gode di bella veduta
sulla Valle dell’Aquila e sulle imponenti pareti del Bric Pianarella e
del Bric Spaventaggi. Risalito al meglio il costoncino per facili e
gradinate placchette rocciose, si continua nuovamente in leggera salita
per un vecchio sentiero fra vegetazione intricata, fino alla base di una
serie di imponenti muraglioni a secco. In corrispondenza dei muraglioni
si devia decisamente a sinistra, rimontando con alcune ripide svolte il
pendio boscoso fino alla base delle rocce, dove si trova un poco
accentuato bivio. Si prosegue a sinistra, in leggera salita a mezza
costa, lungo i resti di un’antica mulattiera a tratti lastricata.
Aggirato lo sperone roccioso, incontrando alcuni piccoli anfratti subito
sopra il sentiero, la vecchia traccia inizia a scendere: a questo punto
si abbandona il tracciato principale per seguire una traccia a destra
che aggira un cocuzzolo boscoso e si porta sulla piccola spianata
antistante l’ingresso
della Grotta dell’Uccelliera
(h 0,45 da
Finalborgo).
Si
tratta di una piccola caverna a pianta pressoché circolare, il cui
ingresso è in parte celato da un doppio muro in pietre a secco, con
finestrella-camino a destra (guardando dall’esterno). Oltre
l’ingresso, si è nella capace sala principale, che costringe a
procedere leggermente curvi per via del soffitto e che presenta al
centro una caratteristica colonna. Proseguendo oltre la colonna il
soffitto si abbassa ulteriormente, e risultano visibili alcuni
caratteristici fori a spirale che salgono verso l’alto, originati da
acque scorrenti in regime vorticoso un tempo presenti nella grotta. Sul
fondo si trovano ancora vecchi muretti a secco di epoca imprecisata.
Si
rimonta ora il bosco subito a sinistra della grotta, guadagnando per
tracce di animali il
filo del costone, più libero dalla vegetazione e molto
panoramico. Si rimonta il ripido ma facile crinale, per erba e rare
roccette, con vedute bellissime sulla
Valle dell’Aquila fin verso la sua confluenza con la Valle
Pora, con l’antico
nucleo di Finalborgo dominato dai resti di Castel Gavone.
Superato un
brevissimo risalto per un facile caminetto (3 m, I°+)
si prosegue la salita sempre sul filo, per
cespugli e rocce, fino ad una marcata spalla (h
0,20 dalla grotta) su cui incombe un più ostico risalto,
dove fa bella mostra di sé un isolato ulivo.
Si
abbandona a questo punto il crinale per seguire, a
destra, una traccia che subito taglia una placchetta
inclinata (attenzione!) e che poi segue una
pianeggiante cengia erbosa facile, anche se un po’ esposta
in alcuni punti. Tagliata alla
base di ripidi appicchi rocciosi la cengia, con scarsi
saliscendi, aggira alcuni speroni (in un punto si notano alcuni
gradini artificiali, segno che questo itinerario era un tempo
percorso con regolarità) e, oltre un ultimo tratto boscoso, raggiunge
la base della falesia denominata “IL
KAIMANO” (h
0,15 dalla sella), attrezzata piuttosto recentemente da
Giorgio Delfino. Qui si trova anche una
piccola grotta (non catalogata) che può offrire occasionale
riparo.
Si segue ora la traccia che, a sinistra della
falesia, sale in direzione del soprastante anfiteatro roccioso: una
deviazione attrezzata a destra (corde fisse) consente di
raggiungere, con un passaggio un po’ più verticale, un terrazzo
roccioso alla
base delle pareti superiori (denominato “3°
LIVELLO”), dove si aprono due grossi antri e dove si possono
ammirare alcune
formazioni carbonatiche ancora attive. Ritornati sulla
traccia principale, si sale ancora brevemente fino alla base di una
verticale parete rocciosa, che si rimonta interamente grazie
a staffe e corde fisse (attenzione, esposto! Per i meno
esperti è preferibile procedere in sicurezza). Al termine dei pioli un
breve traverso verso destra (corda fissa) consente di ritornare sul filo
del crinale, ormai su terreno facile. Si continua sulla traccia
segnalata con ometti, che rientra nel bosco mantenendosi pochi metri al
di sotto del crinale poi, quando questa inizia a scendere con decisione
verso sinistra, la si abbandona per mantenersi nei pressi del filo di
cresta, in questo tratto un po’ disturbato dalla fitta vegetazione.
Scavalcato un poco accentuato cocuzzolo si giunge ad una
sella dominata da un caratteristico roccione (h
0,25 dal KAIMANO), dove si incontra una traccia. La si segue
a destra, in
discesa nel fitto bosco. Presto la traccia va a sparire, fra
vegetazione intricata: tagliando al meglio il ripido versante boscoso,
con un po’ di attenzione per via del terreno un po’ infido, si
raggiunge la piccola cavità denominata Grotta
di Sant’Antonino (sigla a catasto: F.183).
Si tratta di una minuscola grotticella (poco più di un antro, in verità)
che presenta tracce di frequentazione prevalentemente di animali.
Risalendo il ripido pendio a monte della grotta (tracce) si sale
tendendo leggermente a destra raggiungendo in breve un’ulteriore sella
boscosa, ancora una volta sul filo del crinale: alla base di una
paretina sul lato Aquila si trova un
allungato riparo sottoroccia con tracce di muri a secco (Riparo
di Sant’Antonino, sigla a catasto: F.138) piuttosto caratteristico.
A
questo punto non rimane che rimontare per evidenti tracce di sentiero
l’ultimo risalto boscoso: fra sempre più numerose vestigia
dell’antico castello che qui un tempo sorgeva (Castrum Perticæ) si
rimonta il pendio fino ad uscire sul cocuzzolo sommitale del Bric
di Sant’Antonino (286 m, h
0,30 dalla sella con caratteristico roccione), sul quale
sorge l’antichissima chiesa
di Sant’Antonino.
La chiesa è
visitabile (si raccomanda il massimo rispetto!): molto interessante è
la discesa nella piccola cripta, dove sorge ancora l'altare originario.
Dalla chiesa si può effettuare il giro della sommità dell'altura, con
belle vedute su
Finale e il mare (a destra), sull'impressionante paretona
rossastra del Bric Pianarella e sulla bastionata
di Bric Scimarco (a sinistra): prestare la massima attenzione
ai salti rocciosi imminenti!
Scendendo
lungo il sentiero (segnavia
●●●)
si incontrano dapprima numerosi ruderi di antichissime abitazioni in
pietra e quindi gli imponenti muri sbrecciati del Castrum
Perticae, antico castello medioevale del IX°-X° secolo: classica
la veduta, attraverso
il grande finestrone, delle precipiti pareti del
fronteggiante Bric Scimarco. Continuando a scendere nel bosco, si giunge
in breve all’insellatura boscosa del Colletto di Sant’Antonino (230 m ca., palina del “Sentiero
Ermano Fossati"). Seguendo in discesa il comodo sentiero verso
sinistra, si lasciano quasi subito due successive deviazioni non
segnalate verso destra (vedi itinerario
n. 14), quindi si prosegue la discesa fino a traversare alla
sommità della falesia detta Placca di Case Valle. Scendendo ora con numerosi ripidi tornanti
sassosi si perde velocemente quota fino a raggiungere la piccola borgata
delle Case Valle (131 m, h 0,25 dal Bric di Sant’Antonino),
posto lungo il rio sul fondo della Valle
Urta (o Valletta di Montesordo).
Attraversato
il rio su un ponte in pietra, si risale in breve alla stradetta
asfaltata che percorre la valle e la si segue verso sinistra, pressoché
pianeggiante. In corrispondenza di un breve risalita si abbandona
l’asfalto per seguire una diramazione sterrata pianeggiante che
costeggia la sconsacrata chiesa
di San Benedetto, quindi (divenuta mulattiera) perde quota con un
tratto in discesa ripido e lastricato (un po’ insidioso in caso di
bagnato). Si giunge così alla diramazione a sinistra per la Cascina
del Burlo già percorsa all’andata: non resta che proseguire dritti e,
seguendo a ritroso il percorso dell’andata, ritornare a Sottoripa e a
Finalborgo (h
0,40 da Case Valle.