14. Giro delle grotte di Montesòrdo

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CARTINA CONSIGLIATA

FRATERNALI 1:25.000 - foglio 20

CATEGORIA/ZONA

ESCURSIONISMO - SU E GIU' PER LA RIVIERA LIGURE

SCHEDA N. 14

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO

BRIC SCIMARCO DALLE CASE VALLE

MONTE CARMO, BRIC AGUZZO E BRIC AGNELLINO DAI PRESSI DELLA GROTTA DELL’ÈDERA

LA BELLISSIMA ARMA DU PRINSIPÁ

LO SPETTACOLARE ARCO NATURALE PRESSO LA GROTTA DELLA POLLÈRA

GRAN PARTE DEL PERCORSO DELL’ITINERARIO VISTO DALLA CIMA DELLA ROCCA DI PERTI

 

INTRODUZIONE

La Rocca Carpanèa è un vasto massiccio roccioso che costituisce la sponda destra idrografica della bassa Valle dell'Aquila, racchiudendo, con l’altro potente complesso della Rocca di Perti, la piccola sospesa Valle Urta (o Valletta di Montesòrdo). La quota massima si trova all'estremità nord, dominante l'abitato di Feglino: è il Bric del Frate ( 388 m ), chiamato confidenzialmente dai locali "il gigante che dorme" a causa del caratteristico profilo rivolto verso l'Autostrada A10. Segue poi il cocuzzolo boscoso del Bric Grigio ( 365 m ) e, oltre la piccola valletta chiamata Valle Ercèa, la bellissima bastionata di Bric Scimarco ( 325 m ), caratterizzata da numerose grotte ed erosioni. Oltre l'ampia sella boscosa del Colletto di Sant'Antonino, si evidenzia ancora il cimotto boscoso chiamato, appunto, Sant'Antonino, sede di un antico castello medioevale e di una antichissima chiesetta tutt'ora esistente. 

Tutta la dorsale presenta, oltre ad intricati versanti boscosi, anche numerose pareti rocciose, sedi di falesie fra le più belle e rinomate del Finalese. Con questo itinerario, tutto sommato poco faticoso, è possibile visitare alcune delle numerose, caratteristiche cavità naturali che si aprono in queste pareti, in particolare sul soleggiato versante di Montesòrdo.

 

PUNTO DI PARTENZA

Da Finale Ligure (uscita della A10 Genova-Ventimiglia) si scende a Final Borgo, da dove si prende la strada per Càlice Ligure. All'altezza di Perti si svolta a destra e si segue la stretta, ripida strada che raggiunge la piccola frazione di Perti Alta. Rimanendo in quota, la stradina passa accanto alla Chiesa dei Cinque Campanili e, rasentando gialle pareti prima, ed inoltrandosi poi nella pittoresca, boscosa Valle Urta, si superano le Case Valle e si raggiunge un primo parcheggio sulla destra, dove si lascia l'auto.

N.B.: da Perti Alta in poi il transito è in realtà consentito solo ai residenti, ma gli arrampicatori sono in qualche modo tollerati. NON APPROFITTARNE!

 

ITINERARIO

Ritornati sulla stradina asfaltata, la si percorre in discesa per poche decine di metri: lasciato il sentiero a sinistra per la Cascina Buio , si continua a scendere fino al pittoresco agglomerato delle Case Valle ( 131 m ). 

Qui si abbandona la strada e, superato il rio su un ponte in pietra, ci si inoltra fra le antiche case, sapientemente ristrutturate. Il sentiero (cartelli in legno e segnavia ●●●) risale con erti tornanti la sponda boscosa della valle: più in alto traversa verso sinistra, quasi in piano, transitando al sommo della falesia detta Placca di Case Valle (bel panorama), per poi riprendere la salita con altri tornanti nel bosco. Lasciate sulla sinistra un paio di ravvicinate diramazioni pianeggianti, si giunge in vista del boscoso Colletto di Sant'Antonino ( 230 m ca., h 0,30 da Case Valle). 

Seguendo i segnavia lungo il crinale a destra, si raggiungono prima i ruderi del “Castrum Perticæ, antico castello medioevale del IX°-X° secolo, poi, superato un tratto in cui risultano evidenti i resti di numerose antiche abitazioni, si raggiunge la cima del cocuzzolo boscoso, dove sorge l'antichissima chiesa di Sant'Antonino ( 284 m ). 

La chiesa, recentemente restaurata, è visitabile (si raccomanda il massimo rispetto!): molto interessante è la discesa nella piccola cripta, dove sorge ancora l'altare originario, purtroppo in parte manomesso da ignoti (ed ignoranti!) teppisti. Dalla chiesa si può effettuare il giro della sommità dell'altura, con belle vedute su Finale (a destra), sull'impressionante paretona rossastra del Bric Pianarella e sulla bastionata di Bric Scimarco (a sinistra): prestare la massima attenzione ai salti rocciosi imminenti! 

Tornati al Colletto di Sant'Antonino, e trascurata la prosecuzione verso destra del sentiero verso i “Tre Frati” (vedi itinerari n. 8 e n. 24), si scende lungo la mulattiera di salita per alcune decine di metri, per imboccare la superiore delle due diramazioni incontrate in precedenza: questa prosegue pianeggiante nel bosco lungo un’ampia cengia, ben marcata anche se priva di segnavia. Una breve rampetta, scomoda a causa del chiaro ghiaìno molto friabile che ricopre il terreno in questo tratto, consente di raggiungere uno spiazzo da dove appare, verso monte, un’evidente rientranza di parete. Raggiunta la rientranza, ci si ritrova all’interno di un’antichissima cava di pietra, dalla quale si presume siano stati estratti i blocchi utilizzati per la costruzione del castello e della chiesa. Ancora assai evidenti risultano i segni dell’estrazione dei blocchi squadrati e del lavoro “a punta di scalpello effettuato dagli sconosciuti operai. La fruibilità dell’interessantissimo sito è possibile grazie all’assidua ed instancabile opera dell’amico Giorgio Massone, del C.A.I. di Loàno.

Di qui, continuando lungo l’ampia cengia che taglia orizzontalmente una strapiombante parete rocciosa, si raggiunge un comodo terrazzo da dove ci si può affacciare, con molta circospezione, al finestrone che immette nella sala superiore della spettacolare Grotta dell’Èdera (h 0,20 da Sant’Antonino, attenzione al salto sottostante!), sormontato da un caratteristico e bellissimo arco naturale. Ottimo panorama anche su tutta la breve Valle Urta fino alle case di Final Borgo. Purtroppo, il proliferare di molte nuove vie d’arrampicata all’interno della grotta ha fatto si che la grande pianta di èdera (che un tempo ricopriva gran parte delle pareti interne della grotta e che ne giustificava il nome) sia oggi praticamente scomparsa.

Trascurata la poco affidabile corda fissa che, legata attorno ad un albero, scende nella grotta (qui giungono anche alcune vie alpinistiche, come ad esempio “Capriccio Diagonale”), si ritorna indietro fino a re-incontrare la mulattiera con segnavia ●●●: la si segue in discesa per pochi metri, quindi di imbocca, ancora a destra, la seconda diramazione (quella inferiore delle due già incontrate in salita). Questa scende nel bosco fra massi e paretine, segnalata da alcuni piccoli ometti di pietra: discesi lungo un breve e stretto “canyon” originato da un grosso lastrone staccato, si continua con evidente percorso fino allo spiazzo boscoso dove si apre l’ingresso inferiore della Grotta dell’Èdera (h 0,10 dal finestrone superiore).

La cavità si allarga subito in un ampio antro sbarrato dopo una decina di metri da un grosso accumulo di materiale di crollo dai riflessi rossastri. Il soffitto, molto alto, si presenta in forma di cupola a spirale, a testimonianza dell’impetuoso vortice ipogeo che ne ha causato la formazione. Una corda fissa (da verificarne l’affidabilità!) consente di rimontare sulla destra la colata di pietre cementate e, attraverso uno stretto foro, di raggiungere la spettacolare sala superiore, di forma cilindrica ed a cielo aperto, già osservata precedentemente dall’alto (attenzione al fondo viscido, necessaria la lampada frontale).

Usciti dalla grotta, si prosegue verso destra, costeggiando alla base la falesia rocciosa denominata “Parete Dimenticata”: con una prima breve risalita si passa presso un intaglio fra la parete vera e propria ed un grosso roccione staccato, quindi si prosegue in lieve discesa nel fitto bosco finchè il sentiero non inizia a salire con decisione il ripido pendio. Fra gli alberi, si effettua una serie di erti tornanti fino ad un ripiano fra gli alberi (antica carbonaia) poco sotto il “Settore Centrale” di Montesòrdo, da dove si diramano diverse tracce di sentiero. Si prosegue pressoché in quota (ometti), lungo una traccia attraverso arbusti e roccette, e si raggiunge in breve l’ampia radura antistante la falesia denominata “Placca di Mu”. Trascurando la traccia che, verso sinistra, scende verso la Cascina del Buio e le Case Valle, si sale leggermente verso destra e si giunge nei pressi della spettacolare parete dell’Alveàre, che si raggiunge risalendo per una cengia diagonale un breve saltino roccioso (h 0,20 dalla Grotta dell’Èdera).

Si tratta di una delle più spettacolari falesie del Finalese grazie alla roccia, ricca di erosioni multicolori e dall’incredibile lavorazione “a buchi” che ricorda, appunto, le celle di un alveàre. Un’ampia cengia-terrazza, sospesa a guisa di balconata alla base della parete, rende il posto particolarmente panoramico e fotogenico.

Dall’Alveàre si prosegue lungo il comodo sentiero che, rientrato nel fitto bosco, effettua un paio di tornanti in discesa, quindi traversa nuovamente in piano verso destra nel fitto della vegetazione e risale poi leggermente fino ad uscire presso l’imboccatura della bellissima Arma du Prinsipà (o Grotta di Martino, h 0,05 dall’Alveàre), chiusa in basso da un bellissimo muro di pietra giallastra in cui si apre un ampio portale con imponente architrave monolitico.

All’interno, oltre l’ampio salone di ingresso ed un breve corridoio, la grotta prosegue con un ambiente pressoché circolare assai esteso e molto alto, percorribile con facilità ma con la dovuta attenzione (fondo scivoloso, necessaria la torcia elettrica). Verso sinistra, dietro una quinta di roccia, si apre un terzo ambiente, più piccolo del precedente ma con alcune belle concrezioni. Presso l’ingresso si può ammirare anche un’antichissima vasca scavata nella roccia, che presumibilmente serviva da contenitore ai paleo-abitanti della caverna.

Usciti dalla grotta, si scende nel bosco seguendo un evidente sentiero che, tendendo a destra, si porta presso l’inizio della falesia denominata “le Tècchie”: costeggiato in salita il piede della parete, si riprende a scendere e, con diverse svolte nel fitto bosco, si raggiunge l’ampia mulattiera di fondovalle. Seguendola in piano verso destra, si raggiunge velocemente un bivio: trascurata la diramazione di sinistra, diretta a Montesòrdo, si prosegue dritti, in leggera salita, in direzione di Pian Marino (segnavia ●●). Dopo poche decine di metri, però, si abbandona anche questo segnavia per seguire, a destra, una marcata traccia che inizia a rimontare il bosco (ometti e tacche ). Con percorso ripido la traccia supera con numerose svolte una zona con paretine e grandi massi e, ormai in vista di un ombroso anfiteatro roccioso, traversa verso sinistra fino all’ampio ingresso della spettacolare Grotta della Pollèra (h 0,15 dall’Arma du Prinsipà).

La cavità è costituita da un vastissimo antro dal pavimento in leggera discesa, fiancheggiato a sinistra da un bellissimo arco naturale. Il proseguimento vero e proprio della grotta è a destra, dove un ripido scivolo di terriccio si inabissa nel sottosuolo, ma la cui esplorazione (seppur non molto impegnativa) richiede l’utilizzo di tecniche speleologiche e di adeguate attrezzature ed esperienza.

Dalla grotta ci si dirige a sinistra, sottopassando l’arco naturale e raggiungendo il successivo ripiano boscoso: da qui si risalgono le facili roccette che, con percorso evidente, consentono di sormontare l’arco stesso (attenzione al salto sottostante). Proseguendo lungo un’evidente traccia nel bosco, si traversa in leggera salita verso sinistra, con belle vedute sulla parete Nord della Rocca di Perti, fino ad intercettare un più marcato sentierino (segnavia ) proveniente dalla testata della Valle Ercèa (vedi itinerario n. 8). Seguendolo in discesa, verso sinistra, si raggiunge in poco tempo il ciglio del ripido scivolo terroso che si insinua nella cavità denominata Grotta della Pozzanghera (h 0,15 dalla Grotta della Pollèra).

La visita della grotta è facile, anche se non particolarmente interessante (necessaria la pila): scesi in breve alla vasta imboccatura, si scende con prudenza (fondo di terriccio spesso bagnato e scivoloso) nel grande camerone in discesa, che termina in basso in un ripiano con massi. Prima dell’ultimo tratto di discesa, a sinistra si trova uno spiazzo sulla cui volta si trovano innumerevoli scritte, ottenute incidendo il tenero materiale (quasi un fango) del soffitto, che a prima vista sembra roccia.

Usciti dalla grotta, si prosegue brevemente in discesa, sempre seguendo i segnavia , fino a ritrovare la larga mulattiera con segnavia ●●, ormai a poca distanza da Pian Marino.

Si continua brevemente lungo l’evidente sentiero che, verso sinistra, pianeggia nel bosco: quando il fondo si fa roccioso e il sentiero tende a scendere decisamente, lo si abbandona per imboccare una poco evidente traccia a sinistra che rimonta il pendio boscoso. Salendo decisamente in diagonale, si raggiunge una banca rocciosa fra fitta vegetazione: seguendola ora pressochè in piano, si giunge ai piedi di un breve pendio dominato da una parete rocciosa, nella quale si apre la spettacolare Arma di Sant’Eusebio (h 0,15 dalla Grotta della Pozzanghera).

Si tratta di un altissimo antro chiuso in basso da un antico muro di pietre a secco, in cui si apre un caratteristico portale a sommità triangolare (piuttosto inconsueto). L’interno, molto spazioso, si presenta ingombro di numerosi massi di crollo. Sul fondo della grotta, sulla parete in faccia all’ingresso, si apre un angusto foro che permette, con qualche contorsione, l’accesso ad una camera interna, più piccola rispetto a quella principale ma con andamento pressappoco parallelo a questa, in cui si possono osservare alcune belle concrezioni e colate (necessaria la pila).

Ritornati sul sentiero principale, si scende dolcemente nel fitto bosco di fianco al piccolo rio fino a ritrovare il bivio per la Grotta della Pollèra: con pochi passi, si raggiunge il secondo bivio. Svoltando a destra, si segue un comodo sentiero nel bosco e, con brevissima risalita, si raggiunge una carrareccia presso la sconsacrata chiesetta di San Carlo. Subito oltre, si incontra l’antico nucleo di Montesòrdo, sapientemente ristrutturato e tutt’ora abitato stabilmente. Fiancheggiata una lunga casa, si abbandona temporaneamente la carrareccia per seguire a sinistra una mulattiera lastricata che ritorna sulla carrareccia a valle di un ampio tornante quindi, sempre lungo la stradina, attraverso bellissimi uliveti si raggiunge il piccolo parcheggio alla testata della Valle Urta (h 0,20 dall’Arma di Sant’Eusebio, paline, tabelloni, tavoli e panche).

Dal parcheggio si imbocca ora la stradetta sterrata, e poi cementata, che si dirige verso destra (Nord) in moderata salita, seguendo i segnavia del nuovo “Sentiero Ermano Fossati”. Superate alcune case, si abbandona la stradetta per proseguire lungo un’evidente sentiero (sempre segnavia ___) che prende a risalire il bosco con una decisa serie di tornanti. Presso un deciso tornante verso sinistra, si abbandona il sentiero principale per seguire una labile traccia sulla destra, che sale ripida lungo un solco boscoso fino in una zona di imponenti muraglioni a secco. Raggiunta un’ampia fascia dove vecchi olivi resistono alla morsa del bosco, si continua in piano verso destra. Giunti presso un curioso massi al cui interno vegeta un grosso leccio (in basso, fra i rami, si intravede una casa), si abbandona la fascia pianeggiante per salire a sinistra, lungo vaghe tracce fra erba e arbusti. Si sale lungo un’antica scalinata di pietra, quindi si prosegue sulla traccia che raggiunge un ampio ripiano di sterpaglie (bella veduta sulla fronteggiante Rocca di Perti). Attraversato il ripiano, si prosegue verso destra, al limite inferiore del bosco, su un malagevole fondo di pietrame mobile. Rientrati nel bosco, con un’ultima breve salita si giunge allo spiazzo antistante la bellissima Grotta di Montesordo (h 0,20 dal parcheggio).  

La cavità, un grande antro che si apre in un’alta parete rocciosa con belle striature giallo-rosse, è chiusa da un muro intonacato in cui si apre una pregevole porta ad arco a tutto sesto, in cui è ancora visibile in basso un antico cardine. Sulla destra della porta in alto si trova una sorta di “ballatoio” (difficilmente raggiungibile), in origine protetto da un parapetto in pietre a secco oggi purtroppo in gran parte crollato. Nello spazioso interno si trova, sulla sinistra, un altro muro che delimita un vano in cui si trovano ancora i travi di legno che sorreggevano un’antica copertura (probabilmente in legno o paglia). In alto, presso la sommità della volta, si nota un foro parzialmente chiuso da un muretto a secco: a quest’apertura fa capo un cunicolo il cui ingresso si trova al sommo della parete rocciosa in cui si apre la grotta principale, ma il cui percorso richiede una calata a corda ed è pertanto da sconsigliare agli inesperti.

Ritornati al parcheggio, non rimane che seguire in discesa la stretta stradetta asfaltata (segnavia VP, vedi anche itinerario n. 19) che, in discesa nel bosco, ritorna rapidamente fino alle Case Valle (h 0,15 dal parcheggio superiore).      

 

TEMPO TOTALE

h 4,15 circa 

DISLIVELLO

300 m circa

DIFFICOLTA’

E

ULTIMO SOPRALLUOGO

22 novembre 2015

PERIODO CONSIGLIATO

dall'autunno alla primavera

COMMENTI

Bellissima escursione che consente di visitare, in un’unica giornata, alcune delle principali e più caratteristiche cavità naturali del Finalese. Interessantissimo il sito della vecchia cava. Poco faticoso, orientamento tutto sommato piuttosto semplice, nonostante alcuni tratti su sentieri non segnalati o poco marcati. Assolutamente consigliato!