Dalla
centrale Piazza Garibaldi di Finalborgo si procede verso l’antico
Tribunale lungo Piazza Aicardi. Seguendo un archivolto a destra si
imbocca la tortuosa Via delle Fabbriche (segnavia VP
della “Via del Purchin, vedi anche itinerario
n. 19 in senso inverso), che prosegue stretta fra le case
verso lo sbocco della Valle dell’Aquila. Giunti ad un bivio presso i
grandi lavatoi pubblici, si prosegue a sinistra lungo una stretta
stradina pianeggiante (Via Romana), fra orti e vecchi coltivi. Con
alcuni decisi cambi di direzione, sempre indicati dai segnavia VP, la stretta stradina raggiunge un gruppo di vecchie case ormai
alla base dello sperone meridionale di Sant’Antonino, ultima
propaggine della Rocca Carpanèa: presso un curioso spazio recintato
dove vigilano numerosissimi nani da giardino (borgata
Sottoripa), la stradina inizia a salire più decisamente, delimitata
da alti muretti in pietra e dominata da un monumentale esemplare di pino
marittimo. Con ripida ma breve salita si giunge alla caratteristica borgata Bolla, dove si incontra un bivio. Trascurata a sinistra la
prosecuzione della “Via del Purchin”, si prosegue dritti, superando
un sottopasso: si continua ora su una mulattiera attraverso fasce
abbandonate e antiche case, in gran parte restaurate. Entrati nel bosco,
si lascia a destra una diramazione diretta verso la Cascina
del Burlo (vedi itinerario
n. 24) per continuare a sinistra, con un tratto di ripida
salita lastricata che con fondo bagnato può risultare scivolosa
(attenzione specie in discesa). Nuovamente pianeggiante, la mulattiera
si inserisce nel solco della Valle
Urta e, nei pressi dell’antica chiesa sconsacrata di San Benedetto, si inserisce nella stradina asfaltata proveniente da
Perti Alto e diretta a Montesordo. Seguendo la comoda stradicciola si
giunge in breve al piccolo agglomerato delle Case
Valle, poste sul fondo della Valle Urta e dominate dal rosso appicco
meridionale di Bric Scimarco (h
0,45 da Finalborgo).
Continuando
lungo la stretta rotabile asfaltata, si lascia ancora a destra il
piccolo parcheggio sterrato per il Settore Centrale di Montesordo
(falesie) e si prosegue ancora per breve tratto lungo la stradina
asfaltata. Si giunge così ad un
evidente sentiero che stacca a sinistra della strada, e che
si inerpica ripido nel bosco (h
0,10 da Case Valle, 170 m, nessun riferimento, né segnavia né
ometto).
Il
sentiero sale inizialmente lungo la linea di massima pendenza, superando
vecchi terrazzamenti un tempo coltivati. Con
salita sempre ripida e faticosa, più in alto il sentiero
diviene mulattiera, che con qualche svolta rimonta il ripido fianco
boscoso. Lasciata a quota 235 una evidente traccia che stacca a
sinistra, si continua a salire decisamente fino ad incontrare una
traccia pianeggiante (grosso
ometto, 265 m). Seguendo il sentiero pianeggiante di sinistra
si giunge presso un imponente sperone roccioso: risalendo
in breve il pendio a ridosso dello sperone si giunge allo
spettacolare antro della Caverna
di Fronte al Buio (275 m, h 0,30 dal bivio presso la strada
asfaltata, F193 del
catasto grotte).
Si
tratta, come detto, di un
grande antro aperto nella parete rocciosa strapiombante, al
cui interno si
aprono numerosi buchi e cunicoli assai stretti. Dall’interno
si inquadra la piccola borgata di Montesordo, sull’altro
lato della valle. Nella parete rocciosa sopra la grotta si apre
un’ulteriore cavità (grotta
sospesa) di difficilissimo accesso. Sulle pareti della grotta
sono presenti numerosi spit, e nell’ampio spiazzo davanti
all’ingresso si trova anche un
curioso ponticello in legno fra un albero e un masso,
probabilmente utilizzato dagli arrampicatori per riposo.
Ritornati
al grosso ometto, si prosegue in piano in direzione opposta, nel fitto
bosco. Dopo un nuovo breve tratto in salita, si giunge ad un
ulteriore bivio (285 m): si segue il ramo di sinistra, che
pianeggia lungo una sorta di vecchia fascia ormai ingoiata dal bosco.
Trascurata un’evidente traccia che si stacca a destra in salita, si
prosegue lungo la fascia e si raggiunge in breve l’ingresso
della Cavernetta del Bric della
Croce (290 m, h
0,15 dalla F193, 245 del
catasto grotte).
È
una
stretta fenditura diagonale che si inoltra per pochi metri
nelle viscere della montagna. Dall’interno, di facile accesso, si ha
un bell’effetto sui fori passanti originati da un
piccolo masso incastrato nella parte alta della volta.
Ritornati
brevemente sui propri passi, si segue a sinistra l’evidente
traccia in salita prima trascurata: con breve percorso fra
gli alberi si giunge su un terrazzo roccioso (300 m, h
0,10 dalla grotta 245) dove si aprono due cavità: a destra
la modesta Cavernetta Bric delle
Anime - Grotta sup. destra (F24 del
catasto grotte), a sinistra la più grande Cavernetta
Bric delle Anime - Grotta
sup. sinistra (F23
del catasto grotte). La grotta F24 non è altro che un
piccolo antro con uno stretto cunicolo che si insinua nelle
viscere della montagna, mentre la F23 è un
più capace riparo sottoroccia, con un angusto passaggio che
prosegue a sinistra. Nelle pareti esterne e nelle grotte stesse si
notano numerosi spit e rinvii e scritte con nomi di vie, a
testimonianza di come il sito sia frequentato (poco) da arrampicatori
(bravi).
Oltre
la grotta F23, si prosegue su una cengia che subito diventa molto
esposta (attenzione!): aggirato
uno sperone, si prosegue per una decina di metri in piano
sulla cengia fino al piccolo ripiano antistante la Grotta
di fronte al Buio (295 m, h
0,05 dalla F23, F192 del
catasto grotte).
Si
tratta anche in questo caso di un
piccolo antro dal fondo ricoperto di sabbia fine, che si
inoltra per una decina di metri nella roccia. Caratteristici i
fori passanti che illuminano il lato destro della grotta.
Proseguendo
sempre sulla stessa cengia, si supera un
altro breve tratto molto esposto (passo di I°
in discesa) e si giunge così al ripiano fra gli alberi dove sorge la
caratteristica Tartaruga
(280 m, h 0,10 dalla F192).
Si
tratta di un
grosso masso crollato dalla soprastante parete rocciosa e
quasi “sostenuto” da quattro massi più piccoli che sembrano zampe.
Grazie anche alla particolare forma del masso più grande, il tutto
somiglia, con un po’ di fantasia, ad una gigantesca tartaruga
pietrificata.
Proseguendo
ancora lungo la traccia, in lieve discesa, si taglia un tratto boscoso e
si giunge ad un’ampia carbonaia (riconoscibile per la terra nerastra
che ancora si trova in loco) proprio di fronte all’ingresso
della Grotta della Valle
(260 m, h
0,10 dalla Tartaruga, F190 del
catasto grotte).
È
una delle grotte più interessanti e articolate fra quelle visitate in
questo itinerario: si presenta con una
anticamera piuttosto spaziosa, oltre la quale una
vera e propria “porta” conduce nel vano più interno, che
si abbassa gradualmente fino al fondo,
dove forse un cunicolo molto basso prosegue oltre.
Da
qui, proseguendo sulla traccia che pianeggia nel bosco, è possibile
raggiungere facilmente l’Arma del Mulo (vedi itinerario
n. 23). Ritornando indietro, subito dopo la Tartaruga e prima
dell’inizio del tratto esposto, si può ancora salire
per una decina di metri a sinistra lungo una traccia
(all’inizio tracce
di antichi scalini scavati nella roccia) che conduce alla
base di una paretina rocciosa in cui si aprono un paio di strettissimi
fori: si tratta della Grotta
Cisque (300 m, h
0,15 dalla Grotta della Valle, non catalogata a catasto).
La
grotta, stando ad informazioni speleologiche, contrariamente da quanto
appare dall’esterno, oltre lo strettissimo ingresso si apre in una
serie di ampie sale concrezionate assai belle ed interessanti. Deve il
nome al vecchio direttore del museo speleologico di Finale, che la scoprì
ormai parecchi anni fa. Proseguendo in salita lungo la vaga traccia nel
bosco, si andrebbe a raggiungere in breve l’Arma Inferiore delle Anime
(vedi itinerario
n. 23).
Seguendo
il percorso a ritroso, si ritorna al bivio di quota 285: qui si prosegue
lungo la traccia di sinistra, in lieve salita. Lasciata subito a destra
una piccola carbonaia, si
prosegue traversando con qualche saliscendi nella fitta boscaglia,
fino ad incontrare il marcato sentiero che dal parcheggio di Montesordo
sale alla Rocca di Perti (segnavia VP). Lo si segue in discesa per alcune decine di metri, finchè
non si incontra sulla sinistra lo stacco di una traccia nella
vegetazione (frecce rosse sbiadite). Si imbocca quest’ultima traccia,
superando un primo breve tratto di roccette: ad un successivo bivio si
va a destra e si giunge alla base della parete Nord della Rocca di
Perti, in corrispondenza dell’attacco della via “Consolando
Consuelo”. Proseguendo costeggiando la parete verso destra, si supera
un nuovo breve saltino e si giunge all’ingresso della Grotta
Aprosdoketon, nei pressi dell’attacco dell’omonima via (305 m, h 0,30 dalla Grotta Cisque, non
catalogata a catasto).
Si
tratta di un
modesto grottino nel folto della vegetazione, che si inoltra
nella roccia per una
decina di metri scarsi. Il nome deriva da quello della via di
arrampicata, attrezzata negli anni Duemila da E. Dotta e C. Roccati, che
attacca proprio di fianco alla piccola cavità.
Ridiscesi
i due piccoli saltini lungo la traccia, si prende una diramazione a
sinistra che scende leggermente nel fitto della vegetazione. Sfiorato un
caratteristico riparo sotto roccia con muro a secco, si
giunge in breve alla base del settore principale della parete Nord di
Perti. Oltre l’attacco
di “Panta Rei” (piccola nicchia nella roccia), si scende
per un breve pendio e, oltre l’attacco di “Nonno Dino”, si
raggiunge l’ampio ripiano alla base della parete. Si costeggia la
spettacolare parete, dove attaccano numerose vie classiche e moderne:
all’estremità del ripiano, presso l’attacco di “Vecchie
Beline”, si trova un
bellissimo riparo completamente chiuso da un
muro a secco (Riparo
Est, 245 m, P24
del catasto grotte).
Continuando
a salire in diagonale, costeggiando la parete, si guadagna quota fra
vegetazione più rada, raggiungendo oltre un breve gradino la Grotta
Bruxa Baracche (305 m, h
0,20 dalla Grotta Aprosdoketon, non catalogata a catasto).
La
grotta prende il nome dall’omonima via storica che attacca subito a
sinistra dell’ingresso. Si tratta di un
grottino dall’ingresso leggermente rialzato, che si apre in
una parete assai ricca di buchi e fori di tutte le dimensioni.
Particolarmente d’effetto, all’interno, i
giochi di luce originati dai numerosi fori passanti sulla
destra.
Proseguendo
a salire lungo la traccia che rimonta in diagonale la base della parete,
si giunge ormai nei pressi del filo dello spigolo Nord della Rocca di
Perti, dove l’ambiente diviene più aereo. Traversando tre metri per
una cornice fra gli alberi, si giunge alla base di un saltino di circa 3
metri, dal quel pende un cavetto d’acciaio. Superato
l’arduo passaggio
(esposto ed un po’ strapiombante, III°-,
attenzione per i meno esperti, eventualmente portare uno spezzone di
corda) si rimontano gli ultimi facili metri che consentono di
raggiungere lo stretto foro che immette nella Grotta
dello Spigolo Nord della Rocca di Perti (345 m, h
0,15 dalla Grotta Bruxa Baracche, non catalogata a catasto).
La
grotta, anche se piccola ed angusta, è assai caratteristica: entrando
strisciando nello stretto pertugio ci si ritrova in una
bassa saletta circolare, illuminata da una finestra naturale
che si affaccia sul precipite versante occidentale della Rocca di Perti
ed in
cui si inquadra il Monte Carmo. In basso a destra si apre un’ulteriore
uscita, sempre assai angusta, che sbuca su di uno
spettacolare ballatoio naturale in piena parete Ovest, dominante
la Val Pora: a destra, sulla parete in alto, si può vedere un
vecchio cordone sul tracciato originale della via
“Mariangela”, oggi in parte modificato.
Ritornati
con un po’ di fatica all’uscita della piccola grotta, si rimonta un
facile gradino subito a destra dell’ingresso e si guadagna il
filo dello Spigolo Nord della Rocca di Perti (sosta con due
spit). Proseguendo seguendo più o meno fedelmente il filo di cresta, si
risalgono velocemente (passi esposti di II°)
gli
ultimi risalti e, per facile traccia, si raggiunge infine la
croce di ferro sulla vetta della Rocca di Perti (395 m, h
0,20 dalla grotta). Bellissimo
panorama circolare.
Dalla cima si scende lungo un’evidente traccia
verso Sud (segnavia VP
e “Sentiero Ermano Fossati”) che perde quota in moderata discesa sul
ciglio del versante Ovest della rocca. Lasciato a destra il quasi
impercettibile stacco della traccia diretta al “Giardino”, si
prosegue a scendere lungo il poco inclinato altopiano: giunti ad un
bivio, si trascura la traccia a sinistra, che scende al parcheggio di
Montesordo, per proseguire a destra, in leggera risalita, raggiungendo
un bellissimo balcone naturale presso la falesia denominata “Testa
dell’elefante”, da cui ci si affaccia sugli strapiombi sottostanti.
Lungo un ampio cengione inclinato il sentiero scende rasentando le
spettacolari pareti della Placca Piotti, fino a sbucare sull’ampio piazzale inerbito della ex Cava della
Rocca di Perti. Proseguendo verso sud si giunge sul margine
dell’immenso piazzale, da dove si scende nel bosco per un tratto
ripido (corrimano di legno). Con una serie di tornanti si perde quota
nella fitta boscaglia, quindi si traversa lungamente in piano, alti
sulla Valle Pora, fino a raggiungere le poche case rurali di Perti
Alto, proprio nei pressi della chiesa di Sant’Eusebio. Qui si
incrocia la stradina asfaltata che sale da Finale Ligure. Attraversata
la stradina, si imbocca la discesa lastricata di fronte all’osteria
(“Strada Beretta”), che spiana ben presto e che traversa in quota
(sul versante Valle dell’Aquila) alla base del cocuzzolo su cui
sorgono i resti del Castel Govone. Al termine del lungo traversone la
stradina lastricata inizia a scendere, dapprima rettilinea, poi con
alcuni tornanti, fin nei pressi dell’ingresso del Castel San Giovanni,
grossa fortezza che domina direttamente Finaborgo. Un’ultima discesa a
tornanti conduce infine nuovamente nel paese, in Piazza del Tribunale (h
1,00 dalla Rocca di Perti).