28. Le grotte dell'alta Valle dell'Aquila

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CARTINA CONSIGLIATA

FRATERNALI 1:25.000 - foglio 20

CATEGORIA/ZONA

ESCURSIONISMO - SU E GIU' PER LA RIVIERA LIGURE

SCHEDA N. 28

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO VIRTUALE

LA GRANDE PARETE DEL BRIC PIANARELLA DAI PRESSI DELLA CAVERNETTA DEL MURETTO

IL BRIC SPAVENTAGGI CON AL CENTRO LA “SUPERPANZA” DALLO SPIAZZO ANTISTANTE LA GROTTA LE PILE DUE

 

INTRODUZIONE

Nell'immediato entroterra di Finale Ligure, e precisamente nei pressi dell'antico nucleo di Finalborgo, due caratteristici avvallamenti sfociano nella breve pianura costiera dove si è sviluppato l’abitato in epoca moderna. Sono la Valle Pora e la Valle dell’Aquila, facenti capo rispettivamente all’importante Colle del Melogno (sovrastante Calice Ligure) e alla Colla di San Giacomo (sovrastante Feglino). Tra questi due marcati solchi si insinua la meno accentuata Valle Urta (o Valletta di Montesordo), compresa fra i complessi rocciosi della Rocca di Perti (a Ovest) e della Rocca Carpanèa (a Est).

Proprio alla base delle pareti della Rocca Carpanèa (costituita dai rilievi di Sant’Antonino, del Bric Grigio e del Bric del Frate), che si affacciano sulla media e alta Valle dell’Aquila si aprono una serie di cavità assai interessanti, la cui visita risulta facilmente concatenabile grazie alla vicinanza fra loro delle stesse. Le grotte visitate con questo itinerario si trovano tutte al di fuori dei principali circuiti escursionistici del Finalese, e richiedono pertanto un seppur breve avvicinamento “ad hoc”. Gran parte di queste grotte sono oggi fruibili grazie all’instancabile lavoro di pulizia e mantenimento operato da Giorgio Massone, socio del CAI di Loano e appassionato frequentatore dell’entroterra finalese.

 

PUNTO DI PARTENZA

Da Finale Ligure (uscita della A10 Genova-Ventimiglia) si scende a Finalborgo, dove si parcheggia presso una delle due porte della città (parcheggi a pagamento nel periodo estivo).

 

ITINERARIO

Dalla centrale Piazza Garibaldi di Finalborgo si procede verso l’antico Tribunale lungo Piazza Aicardi. Seguendo un archivolto a destra si imbocca la tortuosa Via delle Fabbriche (segnavia VP della “Via del Purchin, vedi anche itinerario n. 19 in senso inverso), che prosegue stretta fra le case verso lo sbocco della Valle dell’Aquila. Giunti ad un bivio presso i grandi lavatoi pubblici, si prosegue a sinistra lungo una stretta stradina pianeggiante (Via Romana), fra orti e vecchi coltivi. Con alcuni decisi cambi di direzione, sempre indicati dai segnavia VP, la stretta stradina raggiunge un gruppo di vecchie case ormai alla base dello sperone meridionale di Sant’Antonino, ultima propaggine della Rocca Carpanèa: presso un curioso spazio recintato dove vigilano numerosissimi nani da giardino (borgata Sottoripa), la stradina inizia a salire più decisamente, delimitata da alti muretti in pietra e dominata da un monumentale esemplare di pino marittimo. Con ripida ma breve salita si giunge alla caratteristica borgata Bolla, dove si incontra un bivio. Trascurata a sinistra la prosecuzione della “Via del Purchin”, si prosegue dritti, superando un sottopasso: si continua ora su una mulattiera attraverso fasce abbandonate e antiche case, in gran parte restaurate. Entrati nel bosco, si lascia a destra una diramazione diretta verso la Cascina del Burlo (vedi itinerario n. 24) per continuare a sinistra, con un tratto di ripida salita lastricata che con fondo bagnato può risultare scivolosa (attenzione specie in discesa). Nuovamente pianeggiante, la mulattiera si inserisce nel solco della Valle Urta e, nei pressi dell’antica chiesa sconsacrata di San Benedetto, si inserisce nella stradina asfaltata proveniente da Perti Alto e diretta a Montesordo. Seguendo la comoda stradicciola si giunge in breve al piccolo agglomerato delle Case Valle, poste sul fondo della Valle Urta e dominate dal rosso appicco meridionale di Bric Scimarco (h 0,45 da Finalborgo).

Qui si abbandona la strada e, superato a destra il rio su un ponte in pietra, ci si inoltra fra le antiche case, sapientemente ristrutturate. Il sentiero (cartelli in legno e segnavia ●●●) risale con erti tornanti la sponda boscosa sinistra idrografica della valle: più in alto traversa verso sinistra, quasi in piano, transitando al sommo della falesia detta Placca di Case Valle (bel panorama sulla fronteggiante Rocca di Perti, per poi riprendere la salita con altri tornanti nel bosco. Lasciate sulla sinistra un paio di ravvicinate diramazioni (vedi itinerario n. 14), si giunge in vista del boscoso Colletto di Sant'Antonino ( 230 m ca., h 0,30 da Case Valle). 

Di qui, salendo a destra, si segue per pochi metri la diramazione diretta ai ruderi del Castrum Perticæ e all’antica chiesa di Sant’Antonino, (per i particolari, vedi itinerario n. 08), per deviare però quasi subito a sinistra, lungo una vaga traccia pianeggiante nel bosco. Con leggera discesa, rasentando le rocce superiori del cocuzzolo di Sant’Antonino, si giunge dopo circa 70 m da dove si lascia il sentiero ad una prima cavità, denominata Grotta di Crovi (240 m circa, h 0,05 dal Colletto di Sant’Antonino, F.182 del catasto grotte).

Si tratta di una piccola grotticella dall’imboccatura di forma triangolare, che si inoltra nella montagna per pochi metri. Oltre l’ingresso, che costringe a muoversi leggermente chinati, si arriva in una piccola saletta circolare dal soffitto conico, in cui appaiono evidenti le erosioni di vortici ipogei. Nella volta risultano assenti fenomeni stalattici o concrezionali.

Proseguendo lungo un’evidente cengia pianeggiante in mezzo al fitto bosco, si aggira uno spigolo e si giunge, un po’ inaspettatamente, alla base del grandioso antro in parete dell’Arma di Crovi (235 m, h 0,05 dalla Grotta di Crovi, 208 del catasto grotte).

Si tratta di una nicchia di dimensioni fuori dal comune, che si apre nella parete nord di Sant’Antonino, con splendida vista su Bric Grigio, Bric Spaventaggi e sui Tre Frati. All’estremità sinistra (faccia alla parete) è presente una zona gradinata che permette, con un po’ di attenzione (I°+) di guadagnare il vasto ripiano roccioso all’interno della grotta, da dove si gode di una vista ancora più ampia e spettacolare. Varie spaccature nella roccia sembrano proseguire verso l’interno del monte, ma risultano troppo strette per consentire un eventuale passaggio umano.

Ridiscesi alla base dell’antro, si prosegue ancora lungo un’evidente cengetta pianeggiante ma molto esposta, che a metà richiede un “passo del gatto” di alcuni metri (II°, attenzione all’esposizione!): superata una sosta con cordone, la cengia si riallarga, pur mantenendo una certa esposizione verso la Valle dell’Aquila. Scavalcato uno speroncino roccioso costituito da grossi blocchi (lo si potrebbe anche aggirare a sinistra, ma ciò richiederebbe un passaggio espostissimo su un’esile cornicetta) si giunge ad un piccolo ripiano, da dove una breve salita a destra conduce alla stretta imboccatura della Grotta dei Corvi inferiore (235 m, h 0,10 dall’Arma di Crovi, F.227 del catasto grotte anche se il numero non appare visibile).

La grotta, la cui imboccatura principale si trova a sinistra, è attorniata da alcune piccole nicchie e ripari sotto roccia. Anche per questa grotta l’interno, un poco più ampio e profondo di quello della Grotta di Crovi, si presenta per lo più liscio ed esente da concrezioni.

Ritornati ancora una volta sul cengione pianeggiante, si prosegue ancora per circa 40 metri lungo di esso, fino a giungere all’altezza di un basso muretto roccioso sulla destra che sorregge un ripido pendio terroso, al culmine del quale si intuisce la presenza di una ulteriore cavità. Si supera il breve muretto, con passo non banale (II°+), oltre il quale si prosegue sul margine destro del ripidissimo pendio, costituito da instabile e precario terriccio che richiede molta attenzione. Giunti alla base di una fascia rocciosa, si traversa decisamente tutto a sinistra (ancora attenzione a causa della ripidezza e della precarietà del terreno), quindi appena possibile si continua a salire fra alberi, rocce e terra uscendo al piccolo ripiano antistante la Grotta dei Corvi superiore (240 m, h 0,10 dalla grotta inferiore).

Questa è costituita da due antri: quello di sinistra, poco profondo, si presenta curiosamente tempestato di piccole cavità circolari assai caratteristiche, mentre all’estremità opposta (destra) si apre la cavità principale. Questa è costituita da un piccolo ingresso bipartito da una bella colonnina centrale, a sua volta forata alla base: all’interno la volta si alza, originando una sala pressoché circolare con alcune belle formazioni stalattitiche. La grotta, nonostante le dimensioni ridotte, risulta assai piacevole e caratteristica.

Ritornati un’ultima volta sul cengione (per i meno sicuri eventualmente può essere consigliabile una breve corda doppia sul muretto iniziale), si segue a ritroso il percorso dell’andata ritornando al Colletto di Sant’Antonino (h 0,15 dalla grotta superiore).  

Da qui si segue il ben marcato sentiero ●●● che prosegue sul versante Valle dell’Aquila, dapprima in leggera discesa, poi in piano, alla base della bastionata rocciosa di Bric Scimarco. Riprendendo a salire, il comodo sentiero lascia a sinistra una prima deviazione, poi prosegue nuovamente pianeggiante lasciando ancora a sinistra la diramazione per la Valle Ercéa ed il Bric del Frate (segnavia ◇◇, vedi itinerario n. 08). Proseguendo dritti, si giunge in breve nei pressi di una balconata calcarea sulla destra, da dove si possono ammirare i torrioni dei Tre frati, la bastionata di Sant’Antonino con l’evidente Arma di Crovi e la bassa valle dell’Aquila, con le imponenti pareti del Bric Spaventaggi e del Bric Pianarella (h 0,20 dal Colletto di Sant’Antonino).

Si prosegue ancora per un breve tratto lungo il ben marcato sentiero poi, quando questo cominica a perdere quota decisamente verso destra con una serie di tornanti, lo si abbandona per proseguire prima in piano, poi in salita diagonale lungo una traccia nel bosco. Incontrato un sentierino più evidente, lo si segue sempre in salita, avvicinandosi man mano alle imponenti pareti calcaree del Bric Grigio: costeggiata una prima falesia, si giunge in breve ad un secondo sito di arrampicata denominato “Bric Grigio – Settore Sinistro” (278 m), costituito da una impressionante placconata calcarea a tratti strapiombante. Costeggiata anche questa falesia, si scende per un ripido canalino rasente alle rocce, che si fa via via più ripido e scivoloso (attenzione): giunti in corrispondenza di una prima cengia che prosegue pianeggiante a sinistra, si scende decisamente a destra, agguantando infine una corda fissa che scende lungo un ripido risalto. Si scende con molta attenzione il risalto, grazie all’ausilio della corda fissa e ad un paio di gradini metallici infissi nella roccia: un ultimo saltino si scende sfruttando un provvidenziale ramo orizzontale, sotto il quale si ritorna nuovamente nel ripido ma elementare bosco. Si continua a traversare quasi in quota nel bosco, che via via si dirada evidenziando notevoli lavori di taglio da parte dei boscaioli. Incontrato un evidente largo sentiero, lo si segue nuovamente in salita fra rado bosco e cespugliame: risalito con alcune svolte (resti di un’antica mulattiera) un tratto più ripido a destra di una paretina rocciosa dove si apre un bell’antro, si giunge su un vasto ripiano anticamente terrazzato, dove a destra si individua facilmente l’accesso alla Cavernetta del Muretto (285 m, h 0,30 dalla balconata calcarea, 477 del catasto grotte).

La posizione della caverna risulta curiosa, in quanto non si apre in una parete, ma risulta quasi una galleria a pochi metri di profondità. L’ingresso, che scende di circa un metro e mezzo, immette in una sala pressoché rettangolare abbastanza ampia, con un’ampia finestra sulla destra regolata artificialmente con un antichissimo muro a secco da cui è possibile uscire all’aperto. Per il resto non si trova nulla di veramente notevole all’interno, se non alcune colorazioni particolari delle rocce ed alcune nicchie artificiali scavate nella volta, probabilmente per sorreggere pali in legno.

Usciti dal finestrone, si scende brevemente alla base della paretina laterale che racchiude la grotta, continuando a costeggiare la base delle rocce verso nord. Questo tratto, anch’esso soggetto ad operazioni di disboscamento piuttosto recenti, ed anche a causa dell’assenza di una traccia di sentiero certa, è certamente una delle zone più “difficili” del Finalese, quanto ad orientamento, e bisogna prestare molta attenzione per evitare di perdersi o di ritrovarsi in prossimità di pericolosi salti di roccia. Proseguendo comunque pressoché alla medesima quota, fra radi alberi, cespugli e mucchi di sassi, si giunge presso un ampio ripiano dal quale, salendo brevemente a sinistra, si raggiunge una grotta senza nome (240 m, h 0,10 dalla Cavernetta del Muretto, F.112 del catasto grotte).

L’ingresso della caverna si presenta con una sorta di portico sorretto da una colonnina, oltre il quale si originano due stretti cunicoli, uno dei quali percorribile strisciando carponi ma non molto invitante.

Ritornati all’ampio ripiano, si scende al meglio a destra un breve pendio, guadagnando un ripiano su di un livello più basso, proprio in faccia al Bric Spaventaggi, sull’altro versante della Valle dell’Aquila: proseguendo ancora un poco verso nord, si giunge in vista di una caratteristica parete di pietra del Finale caratterizzata da numerose colate grigie, alla base della quale si apre una curiosa cavità dalle forme regolari. Risalito al meglio il pendio cespuglioso verso destra, si traversa in ultimo a sinistra e si giunge presso l’ingresso della Grotta Le Pile Due (270 m, h 0,15 dalla grotta senza nome, F.67 del catasto grotte).

Grotta curiosa, in quanto di forma molto regolari, quasi un parallelepipedo perfetto che si inoltra rettilineo nella montagna per circa 20 m. La sua particolarità è quella di consentire, guardando dall’interno verso l’esterno, di inquadrare perfettamente la mole del Bric Spaventaggi con la sua caratteristica “Superpanza”, una delle falesie più storiche e famose del Finalese.

Ridiscesi alla traccia, si torna indietro di pochi metri, fino ad incontrare un evidente sentierino che perde quota con alcuni tornanti fino al sottostante ripiano cespuglioso. Con pochi passi verso nord, quasi al limitare della zona disboscata, si giunge su un bel lastrone roccioso dove si trova la caratteristica “Pila che dà il nome alla località (250 m circa, h 0,10 dalla Grotta le Pile Due, F.70 del catasto grotte anche se non si tratta di una grotta).

È una capace vasca rettangolare scavata nel calcare (dimensioni: 70 x 130 cm, per una profondità di circa 40-50 cm). È di origini assai antiche, sicuramente realizzata artificialmente dai pastori del luogo come vasca di raccolta dell’acqua piovana per abbeverare le bestie.

Dalla Pila si prosegue verso nord, lungo una traccia pianeggiante che entra ben presto nel bosco e diviene buon sentiero, anche se privo di marcatura. Il sentiero traversa per un buon tratto nella boscaglia, a volte un po’ infastidito dalla vegetazione ma sempre ben evidente: più avanti, giunti nella valletta a sud-est della cresta rocciosa del Bric del Frate, ci si immette su un comodo sentiero, recentemente risistemato per essere percorso in mountain bike. Si segue questo sentiero verso sinistra, mentre risale la valletta con tortuoso e, a volte, ripido percorso. Raggiunto il colletto a monte del torrione roccioso della Caffettiera, da dove si diparte la traccia per la Grotta del Frate (vedi anche itinerario n. 25), si continua a salire con un tratto ripido e faticoso fino ad intercettare il sentiero con segnavia ◇◇, che dai Tre Frati risale la Valle Ercéa (h 0,20 dalla Pila).

Di qui, seguendo il sentiero in discesa verso sinistra, si discende l’amena Valle Ercéa, lungo una serie successiva di ampi ripiani terrazzati, un tempo coltivati ed oggi invasi dal bosco. Con comodo percorso si perde quota fino a raggiungere lo sbocco inferiore della valletta, presso l’evidente bivio con il segnavia ●●● (tabella, h 0,15 da dove si intercetta il sentiero ◇◇).

Trascurando la prosecuzione del segnavia ◇◇ diretto ai vicini Tre Frati (vedi itinerario n. 08), si segue verso destra il segnavia ●●● già percorso all’andata, ritornando dapprima in discesa, poi in leggera salita, sull’ampia sella boscosa del Colletto di Sant’Antonino. Scendendo dall’altra parte con evidente e comodo percorso, si sfiora la sommità della piccola falesia detta Placca di Case Valle e, perdendo quota velocemente nel bosco, si raggiungono le Case Valle, sul fondo della Valle Urta (h 0,40 dal bivio presso i Tre Frati).

Di qui, sempre seguendo a ritroso il percorso dell’andata, si ritorna a Finalborgo (h 0,30 da Case Valle).

 

TEMPO TOTALE

h 5,15 circa (esclusi i tempi per l’esplorazione delle grotte) 

DISLIVELLO

430 m circa

DIFFICOLTA’

EE (orientamento non sempre facile, soprattutto nella zona delle Pile; difficoltà nell’accesso alle Grotte dei Corvi, specie la superiore)

ULTIMO SOPRALLUOGO

27 aprile 2018

PERIODO CONSIGLIATO

dall'autunno alla primavera

COMMENTI

Gita poco faticosa, in una delle zone forse meno note e frequentate del Finalese. Specie nella zona delle Pile, anche a causa dei lavori di disboscamento degli ultimi anni, l’orientamento risulta assai precario e, in mancanza di precise indicazioni, è sconsigliabile avventurarvisi. Quasi tutte le grotte non oppongono difficoltà alla visita interna, richiedendo comunque la necessaria prudenza (per alcune indispensabile la torcia elettrica!). Ancora un grosso “GRAZIE” all’amico Giorgio Massone che, di sua iniziativa, rende fruibili questi siti che, senza di lui, sarebbero sommersi da rovi e vegetazione infestante. Molto consigliato!