Dalla
centrale Piazza Garibaldi di Finalborgo si procede verso l’antico
Tribunale lungo Piazza Aicardi. Seguendo un archivolto a destra si
imbocca la tortuosa Via delle Fabbriche (segnavia VP
della “Via del Purchin", vedi anche itinerario
n. 19 in senso inverso), che prosegue stretta fra le case
verso lo sbocco della Valle dell’Aquila. Giunti ad un bivio presso i
grandi lavatoi pubblici, si prosegue a sinistra lungo una stretta
stradina pianeggiante (Via Romana), fra orti
e vecchi coltivi. Con alcuni decisi cambi di direzione,
sempre indicati dai segnavia VP,
la stretta stradina raggiunge un gruppo di vecchie case ormai alla base
dello sperone meridionale di Sant’Antonino, ultima propaggine della
Rocca Carpanèa: presso un curioso spazio recintato dove vigilano
numerosissimi nani da giardino (borgata
Sottoripa), la stradina inizia a salire più decisamente,
delimitata da alti muretti in pietra e dominata da un
monumentale esemplare di pino marittimo. Con ripida
ma breve salita si giunge alla caratteristica borgata
Bolla, dove si incontra un bivio. Trascurata a sinistra la
prosecuzione della “Via del Purchin”, si prosegue dritti,
superando un sottopasso:
si continua ora su una mulattiera attraverso fasce abbandonate e antiche
case, in gran parte restaurate. Entrati nel bosco, si lascia a destra una
diramazione diretta verso la Cascina del Burlo (che seguiremo
dopo) per continuare a sinistra, con un tratto di ripida salita
lastricata che con fondo bagnato può risultare scivolosa (attenzione
specie in discesa). Nuovamente pianeggiante, la mulattiera si inserisce
nel solco della Valle Urta e, nei pressi dell’antica chiesa
sconsacrata di San Benedetto,
si inserisce nella stradina asfaltata proveniente da Perti Alto e
diretta a Montesordo. Seguendo la comoda stradicciola si giunge in breve
al piccolo agglomerato delle Case
Valle, poste sul fondo della Valle Urta e dominate dal rosso appicco
meridionale di Bric Scimarco (h
0,45 da Finalborgo).
Qui
si abbandona la strada e, superato a destra il rio su un ponte in
pietra, ci si inoltra fra le antiche case, sapientemente ristrutturate.
Il sentiero (cartelli in legno e segnavia ●●●)
risale con erti tornanti la sponda boscosa sinistra idrografica della
valle: più in alto traversa verso sinistra, quasi in piano, transitando
al sommo della falesia detta Placca
di Case Valle (bel
panorama sulla fronteggiante Rocca di Perti), per poi
riprendere la salita con altri tornanti nel bosco. Lasciate sulla
sinistra un paio di ravvicinate diramazioni pianeggianti (vedi itinerario
n. 14), si giunge in vista del boscoso Colletto di
Sant'Antonino (
230 m
ca., h 0,30 da Case Valle). Di
qui, salendo a destra, si raggiungono in pochi minuti i ruderi del
Castrum Perticæ e l’antica chiesa di Sant’Antonino, mentre verso
sinistra un sentiero (tabella del “Sentiero Ermano Fossati”)
raggiunge la base delle rocce del Bric Scimarco e consente di
affacciarsi dall’alto sulla voragine della Grotta dell’Edera: per i
particolari, vedi itinerario
n. 08.
Dal
colletto, si segue il ben marcato sentiero ●●● che
prosegue sul versante opposto (Valle dell’Aquila), dapprima in leggera
discesa, poi in piano, alla base della bastionata rocciosa di Bric
Scimarco. Poco prima che il sentiero riprenda a salire con decisione, si
nota sulla sinistra, una decina di metri sopra il sentiero, una sorta di
piccolo anfiteatro roccioso alla base della bastionata. Abbandonato il
sentiero segnato, si rimonta al meglio per una ripida traccia il pendio,
si
supera un basso muro a secco e si giunge di fronte a tre
piccoli antri che si aprono alla base della parete. Con un breve
traversone a sinistra si giunge davanti all’ingresso della Grotta
dell’Acqua (h
0,15 dal Colletto di Sant’Antonino).
Si
tratta di una grotta caratterizzata, in passato, da una polla d’acqua
sorgiva che sgorgava da
un piccolo anfratto presso l’entrata, da cui il nome: oggi
la fonte è seccata, ma è ancora visibile la fessura da cui un tempo
fuoriusciva l’acqua. Salendo
leggermente si entra all’interno, costituito da una
prima sala piuttosto bassa (ma che consente comunque di
rimanere in piedi). Oltre una
strettoia, che costringe a chinarsi leggermente, si accede ad
un successivo
camerone pianeggiante, con qualche residuo di crollo, dove
sul fondo crescono curiosamente dei caratteristici
speleo-funghi bianchi. Sul soffitto si possono notare alcune
formazioni stalattitiche attive e diverse belle colate calcaree.
Ritornati
sul sentiero segnato, si prosegue verso sinistra effettuando un piccolo
tornante per guadagnare quota. Poco oltre si incontra su un masso a
sinistra il simbolo ∩
: abbandonando
nuovamente il sentiero e risalendo brevemente fra rocce ed
alberi rasenti la parete (segnavia __,
percorso un po’ malagevole), si raggiunge in breve l’ingresso
di una vasta caverna chiamata Grotta del Morto (o
dei Zèrbi, h 0,10 dalla Grotta
dell’Acqua).
L’apertura
di accesso è
assai ampia (5,50 x 4 m), e dà adito ad un grosso
salone pianeggiante, con qualche masso da crollo sul
pavimento. A destra dell’ingresso (guardando da dentro), in alto, si
apre una piccola finestra che consente di illuminare fiocamente il
salone. A sinistra, sotto la finestra, si
origina una cunicolo discendente che, oltre alcuni massi ed
una strettoia, consente l’accesso ad un secondo ambiente più piccolo,
ricco
di stalattiti e di licheni che generano il caratteristico
“effetto argento e oro”: oltre una
bella colonna, una rampa
di massi franati (attenzione, qualche roccia instabile)
permette di raggiungere il punto più basso, dove sono presenti alcune
piccole depressioni (probabilmente originati dagli scavi in cui sono
stati ritrovati numerosi resti ossei di Ursus Spelæus). Sul fondo si
trova ancora un tratto molto basso, con alcune graziose colonnine ed un minuscolo
bellissimo laghetto che si forma spesso dopo abbondanti
piogge.
Ritornati
ancora una volta sul sentiero segnalato, si ritorna indietro per il
percorso dell’andata fino alle Case Valle e, dalla chiesa di San
Benedetto, si ritorna verso Finalborgo fino al
bivio a sinistra già incontrato in salita per la Cascina del Burlo
(h 1,00
dalla Grotta del Morto).
Seguendo
questo sentiero in lieve discesa nel bosco, si supera il letto asciutto
del piccolo Rio di Montesordo e, aggirato un costone, si giunge presso
il retro della grande Cascina del
Burlo, regolarmente abitata e raggiunta da una stradina asfaltata
che si stacca dalla strada di fondovalle dell’Aquila (possibile
variante di accesso per le visite alle grotte di questa sezione). Oltre
il perimetro della cascina si incontra un sentiero proveniente da destra
(arriva dal piazzale di fronte alla casa): si deve invece proseguire a
sinistra, in piano lungo una fascia abbandonata. Ben presto la fascia
risulta invasa da fitta ed inestricabile vegetazione: si deve allora
deviare a sinistra e risalire un breve varco nel muretto a secco che
sorregge la fascia superiore. Proseguendo per poche decine di metri
lungo questa, si evita il tratto invaso di vegetazione, quindi si
ridiscende alla fascia sottostante. Proseguendo in leggera salita nel
bosco, per tracce abbastanza evidenti, si giunge ad uno speroncino
roccioso, da dove si gode di bella
veduta sulla Valle dell’Aquila e sulle imponenti pareti del
Bric Pianarella e del Bric Spaventaggi. Risalito al meglio il costoncino
per facili e gradinate placchette rocciose, si continua nuovamente in
leggera salita per un vecchio sentiero fra vegetazione intricata, fino
alla base di una serie di imponenti muraglioni a secco. In
corrispondenza dei muraglioni si devia decisamente a sinistra,
rimontando con alcune ripide svolte il pendio boscoso fino alla base
delle rocce, dove si trova un poco accentuato bivio. Si prosegue a
sinistra, in leggera salita a mezza costa, lungo i resti di un’antica
mulattiera a tratti lastricata. Aggirato lo sperone roccioso,
incontrando alcuni piccoli anfratti subito sopra il sentiero, la vecchia
traccia inizia a scendere: a questo punto si abbandona il tracciato
principale per seguire una traccia a destra che aggira un cocuzzolo
boscoso e si porta sulla piccola spianata antistante l’ingresso della Grotta
dell’Uccelliera (h
0,20 dal bivio per Cascina del Burlo).
Si
tratta di una piccola caverna a pianta pressoché circolare, il cui
ingresso è in parte celato da un doppio
muro in pietre a secco, con finestrella-camino
a destra (guardando dall’esterno). Oltre l’ingresso, si
è nella capace sala principale, che costringe a procedere leggermente
curvi per via del soffitto e che presenta al centro una
caratteristica colonna. Proseguendo oltre la colonna il
soffitto si abbassa ulteriormente, e risultano visibili
alcuni caratteristici
fori a spirale che salgono verso l’alto, originati da acque
scorrenti in regime vorticoso un tempo presenti nella grotta. Sul fondo
si trovano ancora vecchi
muretti a secco di epoca imprecisata.
Usciti
dalla grotta, si ritorna per il sentiero di accesso fino al poco
accentuato bivio alla base delle rocce: qui, trascurato il sentiero
percorso all’andata che scende a destra, si prosegue dritti lungo una
vaga traccia nel bosco. Giunti alla base di una imponente bastionata
rocciosa, si passa tra
la parete ed un ciclopico blocco roccioso che si appoggia ad
essa (passaggio
molto caratteristico): subito oltre questo passaggio, si
lascia a sinistra la corda fissa che sale alla Grotta del Sanguineto e
si prosegue in piano alla base della parete. Con percorso un po’
infastidito per la prorompente vegetazione, si continua rasenti alle
rocce fino alla piccola Grotta
F.57 (h
0,10 dalla Grotta dell’Uccelliera).
Senza
nome, e quindi qui indicata dal codice del catasto speleologico (come le
cavità seguenti), si tratta di un
piccolo anfratto poco profondo, delimitato da un modesto
muretto a secco in parte crollato.
Continuando
lungo il sentiero alla base della parete, si raggiunge in breve la
caratteristica Grotta 199
(h 0,05
dalla Grotta F.57).
Si
tratta di una grotta doppia, con due anfratti su livelli distinti: da
quello inferiore,
non molto profondo, seguendo una cengia a sinistra si giunge alla base
di un breve tratto gradinato in corrispondenza di un
bel corrugamento roccioso. Di qui, salendo con attenzione un
breve tratto verticale ed esposto (appigli abbastanza netti, ma
attenzione alla grande quantità di sabbiolina!), si giunge all’anfratto
superiore, da visitare con attenzione per via del salto
incombente. La particolarità qui sono numerosi
fori quadrangolari nella parte alta delle pareti, quasi degli
alloggiamenti scavati ad hoc per qualcosa di indefinito.
Ritornati
ai piedi della parete, si scende leggermente aggirando a sinistra un
grosso masso, che visto dal
basso mostra
delle forme di erosione assai caratteristiche. Traversato in
piano nuovamente alla base della parete rocciosa, si giunge velocemente
alla Grotta
F.58 (h
0,05 dalla Grotta 199).
Più
che di una grotta vera e propria si tratta di un lungo anfratto sotto
uno strapiombo, interessante soprattutto dal
punto di vista geologico in quanto qui la caratteristica
Pietra del Finale, che costituisce la sezione strapiombante
dell’anfratto, è sorretta da uno strato di conglomerato e, ancora
sotto, da uno di rocce grigie curiosamente corrugate.
Ritornando
pochi passi indietro lungo il percorso dell’andata e scendendo
brevemente verso un piccolo terrazzino roccioso visibile poche decine di
metri più in basso, si giunge all’imbocco
di una Grotta Innominata (h
0,10 dalla Grotta F.58), presso un alberello.
Proprio
sopra l’ingresso, molto basso, sono infissi due perni paralleli
filettati, sembra utilizzati un tempo come supporto ad improvvisate
teleferiche per il trasporto a valle del legname. Entrati nella grotta
carponi, subito ci si può rimettere in piedi, anche se leggermente
curvi, proseguendo per un tratto in un
buio cunicolo: questo curva leggermente verso destra, con
alcune belle
colate calcaree sulle pareti. Raggiunta una
saletta con alcune belle colonnine, si supera verso sinistra
una strettoia che costringe a muoversi
carponi per un paio di metri. Si continua ancora per una
decina di metri chini fino ad una
diramazione: dritto prosegue uno stretto cunicolo, mentre a
sinistra si origina un nuovo budello che subito si divide, verso destra,
in due nuovi cunicoli paralleli. Il prosieguo dell’esplorazione è
riservata a chi possiede adeguate conoscenze speleologiche.
Ripresa
la traccia di sentiero, si segue a ritroso il percorso effettuato
ritornando presso
il ciclopico blocco roccioso appoggiato, dove si sale a
destra un
breve gradino in parte artificiale per uscire sulla piccola
piazzola antistante la Grotta
Inferiore del Sanguineto (h
0,05 dalla Grotta Innominata).
Si
tratta di una
piccola caverna che si apre sul fondo di un anfratto di
roccia gialla, con alcuni massi crollati sul fronte e un piccolo vano
senza sbocchi apparenti.
Sulla
sinistra si rimonta una
ripida cengia diagonale, in parte ricavata artificialmente
tramite un antico muro a secco, grazie anche all’ausilio di una
corda fissa (controllarne l’affidabilità!), raggiungendo
il punto di appoggio superiore del ciclopico roccione. Di qui un’antica
scalinata in pietra sale fino al vastissimo antro della Grotta
Superiore del Sanguineto (o Grotta della Matta).
Si
tratta di una
delle più grandi grotte del Finalese, formando un grande
antro di 22 x 15 m, per oltre 6 m di altezza. Sulla sinistra si dirama
un cunicolo in discesa (molto stretto e angusto, sconsigliato ai
neofiti!) che sbocca in una saletta ricca di stalattiti. Qui furono
eseguiti alla fine del XIX° Secolo importanti scavi, in particolar modo
dal prof. Issel, che portarono alla luce numerosissimi reperti risalenti
al Neolitico e all’Età del Bronzo, ivi comprese diverse sepolture. Il
lavoro di recupero dell’encomiabile Giorgio Massone ha inoltre
riportato alla luce gli importanti lavori di fortificazione eseguiti
sulla grotta (presumibilmente nel XVI°-XVII° Secolo): molto
caratteristici appaiono i due bastioni
circolari ai lati dell’imbocco (in particolare,
interessante un foro
passante nel bastione
Sud, forse un espediente a difesa di uno dei pochi punti
deboli della bastionata), collegati da una bastionata
inclinata in pietra che segue l’originale linea del pendio,
prima che questo precipiti strapiombando per una decina di metri. Queste
strutture già all’epoca di Issel (1876) apparivano solo a tratti, in
parte soffocate dalla vegetazione rigogliosa, e nello storico libro
“Le caverne del Finale” del 1947 venivano addirittura posti dubbi
sul fatto che lo sbarramento della grotta fosse artificiale. Questo,
ancora una volta, a testimonianza della meritoria opera di
riqualificazione svolta dall’amico Giorgio.
Per il ritorno, dalla grotta si segue a ritroso il
percorso dell’andata fino alla Cascina del Burlo, di qui al bivio per
Case Valle e, proseguendo in discesa verso sinistra, si ritorna a
Sottoripa e a Finalborgo (h
0,45 dalla Grotta del Sanguineto).