Dal terrapieno del
rifugio si segue verso Ovest la stradetta sterrata che taglia a mezza
costa i morbidi dossi erbosi discendenti dalle sovrastanti dolomitiche
pareti della Rocca dei Campanili (2390 m). La stradina prosegue
pressoché pianeggiante tagliando alcune modeste vallette erbose fino ad
un evidente trivio (h 0,10 dal
rifugio, paline): trascurato il ramo di sinistra, che scende verso Viozene,
e quello che prosegue dritto in direzione della Risorgenza delle Vene
(vedi anche itinerario Traversata
delle Vene), si
segue a destra una diramazione secondaria che, sempre verso
Ovest, sale ripida su un costone erboso (palina indicatrice “Rocche
del Manco”).
Con bellissima vista
sulle imponenti pareti della Rocca
Garba,
della Cima delle Colme, del Cimonasso
e della Rocca dei Campanili, la stradina guadagna quota
con percorso tortuoso fra i vastissimi pascoli: su un alberello si nota la
prima delle targhette
segnavia del “Sentiero dei Camosci”, che
indicheranno più avanti il percorso. Con un
ultimo strappo, la carrareccia raggiunge un ripiano con una
costruzione ristrutturata adibita ad alpeggio (1670 m ca., h
0,20 dal bivio), dove si trova anche un grosso abbeveratoio in
cemento: qui la stradina termina, e non si trovano ulteriori indicazioni
se non una targhetta pochi metri prima di raggiungere la costruzione.
Superato
l’abbeveratoio, si prosegue lungo una
traccia che taglia a mezza costa il pendio, costituito da erba
e radi alberelli: superata una presa d’acqua, la traccia sale brevemente
fino a guadagnare il filo di un costone erboso, di cui si
intuisce la possibilità di risalita. Si rimonta dunque, in
assenza di tracce, il filo del costone, costituito da erba e pietrame: la
direzione da salita è indicata dall’evidente
“Garbo del Manco”, una grande grotta sospesa al
centro della verticale parete delle Rocce del Manco. Superato un tratto in
frana, si prosegue sul filo del costone, ora di più comoda percorrenza:
trascurate numerose tracce (alcune assai marcate) che tagliano
orizzontalmente, si prosegue in salita fino ad un ripiano di erba e grandi
massi, nel punto in cui il costone va ad esaurirsi sul ripido pendio
(bella veduta, alle nostre spalle, sul
Pian Rosso ed il Bric di Conoia). Qui, a
sinistra, laddove inizia una traccia in leggera salita, si incontra un
evidente ometto con targhetta del “Sentiero dei Camosci”
(1850 m ca., h 0,40 dalla
costruzione ristrutturata).
Si
segue dunque l’evidente sentierino,
che taglia ripidi pendii dirupati per risalire poi, con
tortuoso percorso fra erba e lastroni, l’erto canalone
discendente direttamente dal Garbo del Manco. Sempre seguendo le targhette
segnavia, qui finalmente visibili ed abbondanti, si guadagna quota in
ambiente sempre più selvaggio e grandioso, fra
arditi pinnacoli e vertiginose pareti calcaree. Giunti nei
pressi di un grande sperone roccioso che bipartisce il canalone, si
prosegue nel
ramo di destra (sinistra orografica), più ampio ed in parte
erboso: per
un tratto di placche rocciose ed un breve successivo pendio
erboso, si guadagna quindi il dorso dello sperone a monte dei salti
rocciosi, ai piedi della
vertiginosa parete verticale in cui si apre, alto e
imprendibile, il
grande antro del Garbo del Manco (2150 m ca., h
0,30 dal ripiano con grandi massi).
Risalito
per un tratto il pendio erboso,
si traversa a sinistra, alla base della parete, per
poco inclinate placconate rocciose (facile, ma attenzione
comunque ai
salti sottostanti!), in direzione del successivo colletto
erboso. Al termine delle placche, un tratto di traversata si svolge su
ripidissimi pendii erbosi: oltre alla traccia, una
corda fissa posizionata di recente facilita e rende più sicuro
il percorso. Raggiunto il colletto, si prosegue a
mezzacosta sui ripidissimi pendii erbosi ai piedi delle
vertiginose pareti delle Rocce del Manco: questo tratto, seppur
tutto sommato facile, richiede sicurezza di piede, in quanto eventuali
scivolate potrebbero risultare assai pericolose, vista l’esposizione del
versante! Doppiato un nuovo costone, si inizia a scendere leggermente lungo
bancate erbose sempre assai esposte, fino ad un poggio
roccioso. Con un tratto di discesa più ripida prima lungo
un breve canalino (I° grado), poi per
un pendio di erba e sassi, si guadagna una sottostante ampia
cengia: seguendola in lieve discesa, per erba e mobili ghiaie, si giunge ai
piedi di un ardito pinnacolo roccioso, che noi abbiamo
battezzato “Dente del Manco” per la sua caratteristica forma.
Per il breve pendio di erba e detriti a destra del pinnacolo, si guadagna
velocemente il
colletto fra il Dente e la retrostante parete rocciosa (1880 m
ca., h 0,30 dal Garbo del Manco).
Con un tratto di
ripidissima e delicata discesa per erba e roccette (I° grado), si
scende nel contrapposto canalino perdendo una trentina di metri
di quota, quindi si riprende a traversare
per esili cengette erbose (attenzione, esposto), sempre guidati
dalle numerose targhette segnavia. Doppiato un nuovo costone, appare sotto
di noi il
verde Vallone di Carnino, con le omonime borgate ed il
dente roccioso del Ferà sullo sfondo. Un nuovo corto
tratto attrezzato con corda fissa consente di superare
facilmente un
traversone breve ma assai esposto, segue quindi un tratto in
ripida e malagevole discesa per erba e sassi mobili, mantenendosi comunque
sempre piuttosto a ridosso delle sovrastanti pareti. Più in basso, dopo
un breve traversone orizzontale in direzione Nord, si scende direttamente,
senza un vero percorso obbligato, il ripido pendio (in questo tratto i
segnavia sono nuovamente radi o del tutto assenti) fino ad un grosso masso
sul quale spicca una rossa targhetta segnavia, visibile anche da lontano):
da qui, con un breve tratto di discesa, si va ad intercettare l’ampio e
già ben visibile sentiero del Vallone delle Saline, diretto al
passo omonimo (1600 m ca., h 1,00
dal colletto a monte del Dente del Manco, ometto
con palina).
Si segue il comodo
sentiero verso sinistra, in moderata discesa: ben presto il sentiero entra
nel bosco, e lascia a destra la breve diramazione diretta al sottostante Rifugio F.I.E.
Ciarlo-Bossi, visibile poco più sotto, attraverso le
fronde. Continuando la discesa, si attraversano alcune dirute costruzioni
e, lasciata ancora a destra un’ulteriore diramazione diretta al vicino
rifugio, si giunge alla vasta radura in località Tetti delle Donzelle
(1540 m, h 0,10 da dove si
intercetta il sentiero, abbeveratoio in metallo, numerose
paline), raggiunta da una carrareccia che sale da Carnino
Inferiore (vedi anche itinerari Gran
Tour delle Saline e Traversata
Saline-Pian Ballaur).
Si segue a questo punto
la carrareccia verso sinistra, in salita, in direzione della Colla di
Carnino (vedi anche itinerario Traversata
delle
Vene): dopo breve tratto la carrareccia diviene larga
mulattiera che, con salita moderata in un bellissimo bosco, raggiunge con
qualche svolta ed un ultimo breve traversone l’ampissima spalla erbosa
della Colla di Carnino (1597 m, h 0,15
dai Tetti delle Donzelle, paline).
Bellissimo panorama sulle soprastanti pareti rocciose delle Rocce del
Manco, dove si
evidenziano le bancate erbose percorse dal “Sentiero dei Camosci”.
Scendendo sull’opposto
versante la mulattiera, in questo tratto veramente ottima e ben tracciata,
taglia in falsopiano un bellissimo bosco di conifere quindi, sempre in
lievissima discesa, traversa lungamente i ripidissimi pendii boscosi fino
alle rocce presso la Risorgenza delle Vene (1525 m, h
0,15 dalla Colla di Carnino): una recente deviazione consente
di evitare il
ponte tibetano che attraversa direttamente il rio (nel 2021
inagibile per i danni dell’alluvione dell’ottobre 2020) passando
leggermente più a monte, prima per una piccola pietraia e poi
scendendo con alcuni tornanti a riprendere la vecchia traccia subito dopo
il ponte (a sinistra indicazioni per la vicina Grotta delle Vene).
Le Vene sono un caratteristico fenomeno carsico, che consiste nel ritorno
alla luce, con copiosa cascata che sgorga da una paretina rocciosa, delle
acque superficiali captate, oltre che nel bacino del Tanaro, anche
in quello attiguo dell'Ellero, costituendo così un particolare
fenomeno ipogeo molto raro e caratteristico
Proseguendo sul comodo
sentiero che prosegue a mezza costa nel ripidissimo bosco (per un
brevissimo tratto corda fissa), si aggira un costone e si taglia una
rovinosa valletta in cui i segni della recente alluvione sono ancora ben
visibili (breve deviazione su grossi massi per aggirare un tratto di
sentiero spazzato via dall’acqua). Di nuovo nel bellissimo bosco, il
sentiero prosegue pressoché in piano, fino ad un bivio
(palina): proseguendo dritti si rimane in quota fino a ritornare al Rifugio
Mongioie, per abbreviare il percorso però conviene seguire la
diramazione di destra, che con discesa moderata perde quota nel bosco con
lunga diagonale. Alternando brevi discese a lunghi traversoni, si lascia a
destra una diramazione per Pianche, quindi si scende fino ad un
poggio boscoso con staccionata, da cui si raggiunge in breve una casa
privata. Si percorre la carrareccia di servizio all’abitazione, che poco
più avanti si innesta nella stradina sterrata di servizio al Rifugio
Mongioie. Si prosegue in discesa lungo la carrareccia, a tratti
cementata, che perde quota con due tornanti: all’altezza del secondo una
palina di legno indica un sentiero che si stacca proprio all’altezza
della curva e, tagliando un ripido pendio boscoso e due successivi piccoli
impluvi, va ad intercettare una nuova stradetta, stavolta asfaltata.
Percorrendola in discesa, si sfiorano alcune abitazioni e si esce sulla
strada provinciale all’ingresso di Viozene, a poca distanza dal
cimitero (palina).
In poche decine di metri, si ritorna al parcheggio (h
1,00 dalle Vene).