"Sentiero dei Camosci" alle Rocce del Manco

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CARTINA CONSIGLIATA

FRATERNALI scala 1:25.000 – Fogli 16 e/o 19

CATEGORIA/ZONA

ESCURSIONISMO - ALPI LIGURI

SCHEDA N. 71

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO VIRTUALE

L’IMPONENTE ROCCA GARBA, ANTICIMA DEL MONGIOIE, DAI PRESSI DELL’OMONIMO RIFUGIO

LO SPETTACOLARE GARBO DEL MANCO DALLE CENGE DEL “SENTIERO DEI CAMOSCI”

 

PUNTO DI PARTENZA

Rifugio Mongioie ( 1524 m ), raggiungibile da Viozene (Valle Tanaro) in h 0,45

Per i particolari dell'accesso, vedi itinerario Al Pian Rosso.

 

ITINERARIO

Dal terrapieno del rifugio si segue verso Ovest la stradetta sterrata che taglia a mezza costa i morbidi dossi erbosi discendenti dalle sovrastanti dolomitiche pareti della Rocca dei Campanili (2390 m). La stradina prosegue pressoché pianeggiante tagliando alcune modeste vallette erbose fino ad un evidente trivio (h 0,10 dal rifugio, paline): trascurato il ramo di sinistra, che scende verso Viozene, e quello che prosegue dritto in direzione della Risorgenza delle Vene (vedi anche itinerario Traversata delle Vene), si segue a destra una diramazione secondaria che, sempre verso Ovest, sale ripida su un costone erboso (palina indicatrice “Rocche del Manco”).

Con bellissima vista sulle imponenti pareti della Rocca Garba, della Cima delle Colme, del Cimonasso e della Rocca dei Campanili, la stradina guadagna quota con percorso tortuoso fra i vastissimi pascoli: su un alberello si nota la prima delle targhette segnavia del “Sentiero dei Camosci”, che indicheranno più avanti il percorso. Con un ultimo strappo, la carrareccia raggiunge un ripiano con una costruzione ristrutturata adibita ad alpeggio (1670 m ca., h 0,20 dal bivio), dove si trova anche un grosso abbeveratoio in cemento: qui la stradina termina, e non si trovano ulteriori indicazioni se non una targhetta pochi metri prima di raggiungere la costruzione.

Superato l’abbeveratoio, si prosegue lungo una traccia che taglia a mezza costa il pendio, costituito da erba e radi alberelli: superata una presa d’acqua, la traccia sale brevemente fino a guadagnare il filo di un costone erboso, di cui si intuisce la possibilità di risalita. Si rimonta dunque, in assenza di tracce, il filo del costone, costituito da erba e pietrame: la direzione da salita è indicata dall’evidente “Garbo del Manco, una grande grotta sospesa al centro della verticale parete delle Rocce del Manco. Superato un tratto in frana, si prosegue sul filo del costone, ora di più comoda percorrenza: trascurate numerose tracce (alcune assai marcate) che tagliano orizzontalmente, si prosegue in salita fino ad un ripiano di erba e grandi massi, nel punto in cui il costone va ad esaurirsi sul ripido pendio (bella veduta, alle nostre spalle, sul Pian Rosso ed il Bric di Conoia). Qui, a sinistra, laddove inizia una traccia in leggera salita, si incontra un evidente ometto con targhetta del “Sentiero dei Camosci” (1850 m ca., h 0,40 dalla costruzione ristrutturata).

Si segue dunque l’evidente sentierino, che taglia ripidi pendii dirupati per risalire poi, con tortuoso percorso fra erba e lastroni, l’erto canalone discendente direttamente dal Garbo del Manco. Sempre seguendo le targhette segnavia, qui finalmente visibili ed abbondanti, si guadagna quota in ambiente sempre più selvaggio e grandioso, fra arditi pinnacoli e vertiginose pareti calcaree. Giunti nei pressi di un grande sperone roccioso che bipartisce il canalone, si prosegue nel ramo di destra (sinistra orografica), più ampio ed in parte erboso: per un tratto di placche rocciose ed un breve successivo pendio erboso, si guadagna quindi il dorso dello sperone a monte dei salti rocciosi, ai piedi della vertiginosa parete verticale in cui si apre, alto e imprendibile, il grande antro del Garbo del Manco (2150 m ca., h 0,30 dal ripiano con grandi massi).

Risalito per un tratto il pendio erboso, si traversa a sinistra, alla base della parete, per poco inclinate placconate rocciose (facile, ma attenzione comunque ai salti sottostanti!), in direzione del successivo colletto erboso. Al termine delle placche, un tratto di traversata si svolge su ripidissimi pendii erbosi: oltre alla traccia, una corda fissa posizionata di recente facilita e rende più sicuro il percorso. Raggiunto il colletto, si prosegue a mezzacosta sui ripidissimi pendii erbosi ai piedi delle vertiginose pareti delle Rocce del Manco: questo tratto, seppur tutto sommato facile, richiede sicurezza di piede, in quanto eventuali scivolate potrebbero risultare assai pericolose, vista l’esposizione del versante! Doppiato un nuovo costone, si inizia a scendere leggermente lungo bancate erbose sempre assai esposte, fino ad un poggio roccioso. Con un tratto di discesa più ripida prima lungo un breve canalino (I° grado), poi per un pendio di erba e sassi, si guadagna una sottostante ampia cengia: seguendola in lieve discesa, per erba e mobili ghiaie, si giunge ai piedi di un ardito pinnacolo roccioso, che noi abbiamo battezzato “Dente del Manco” per la sua caratteristica forma. Per il breve pendio di erba e detriti a destra del pinnacolo, si guadagna velocemente il colletto fra il Dente e la retrostante parete rocciosa (1880 m ca., h 0,30 dal Garbo del Manco).

Con un tratto di ripidissima e delicata discesa per erba e roccette (I° grado), si scende nel contrapposto canalino perdendo una trentina di metri di quota, quindi si riprende a traversare per esili cengette erbose (attenzione, esposto), sempre guidati dalle numerose targhette segnavia. Doppiato un nuovo costone, appare sotto di noi il verde Vallone di Carnino, con le omonime borgate ed il dente roccioso del Ferà sullo sfondo. Un nuovo corto tratto attrezzato con corda fissa consente di superare facilmente un traversone breve ma assai esposto, segue quindi un tratto in ripida e malagevole discesa per erba e sassi mobili, mantenendosi comunque sempre piuttosto a ridosso delle sovrastanti pareti. Più in basso, dopo un breve traversone orizzontale in direzione Nord, si scende direttamente, senza un vero percorso obbligato, il ripido pendio (in questo tratto i segnavia sono nuovamente radi o del tutto assenti) fino ad un grosso masso sul quale spicca una rossa targhetta segnavia, visibile anche da lontano): da qui, con un breve tratto di discesa, si va ad intercettare l’ampio e già ben visibile sentiero del Vallone delle Saline, diretto al passo omonimo (1600 m ca., h 1,00 dal colletto a monte del Dente del Manco, ometto con palina).

Si segue il comodo sentiero verso sinistra, in moderata discesa: ben presto il sentiero entra nel bosco, e lascia a destra la breve diramazione diretta al sottostante Rifugio F.I.E. Ciarlo-Bossi, visibile poco più sotto, attraverso le fronde. Continuando la discesa, si attraversano alcune dirute costruzioni e, lasciata ancora a destra un’ulteriore diramazione diretta al vicino rifugio, si giunge alla vasta radura in località Tetti delle Donzelle (1540 m, h 0,10 da dove si intercetta il sentiero, abbeveratoio in metallo, numerose paline), raggiunta da una carrareccia che sale da Carnino Inferiore (vedi anche itinerari Gran Tour delle Saline e Traversata Saline-Pian Ballaur).

Si segue a questo punto la carrareccia verso sinistra, in salita, in direzione della Colla di Carnino (vedi anche itinerario Traversata delle Vene): dopo breve tratto la carrareccia diviene larga mulattiera che, con salita moderata in un bellissimo bosco, raggiunge con qualche svolta ed un ultimo breve traversone l’ampissima spalla erbosa della Colla di Carnino (1597 m, h 0,15 dai Tetti delle Donzelle, paline). Bellissimo panorama sulle soprastanti pareti rocciose delle Rocce del Manco, dove si evidenziano le bancate erbose percorse dal “Sentiero dei Camosci.

Scendendo sull’opposto versante la mulattiera, in questo tratto veramente ottima e ben tracciata, taglia in falsopiano un bellissimo bosco di conifere quindi, sempre in lievissima discesa, traversa lungamente i ripidissimi pendii boscosi fino alle rocce presso la Risorgenza delle Vene (1525 m, h 0,15 dalla Colla di Carnino): una recente deviazione consente di evitare il ponte tibetano che attraversa direttamente il rio (nel 2021 inagibile per i danni dell’alluvione dell’ottobre 2020) passando leggermente più a monte, prima per una piccola pietraia e poi scendendo con alcuni tornanti a riprendere la vecchia traccia subito dopo il ponte (a sinistra indicazioni per la vicina Grotta delle Vene). Le Vene sono un caratteristico fenomeno carsico, che consiste nel ritorno alla luce, con copiosa cascata che sgorga da una paretina rocciosa, delle acque superficiali captate, oltre che nel bacino del Tanaro, anche in quello attiguo dell'Ellero, costituendo così un particolare fenomeno ipogeo molto raro e caratteristico

Proseguendo sul comodo sentiero che prosegue a mezza costa nel ripidissimo bosco (per un brevissimo tratto corda fissa), si aggira un costone e si taglia una rovinosa valletta in cui i segni della recente alluvione sono ancora ben visibili (breve deviazione su grossi massi per aggirare un tratto di sentiero spazzato via dall’acqua). Di nuovo nel bellissimo bosco, il sentiero prosegue pressoché in piano, fino ad un bivio (palina): proseguendo dritti si rimane in quota fino a ritornare al Rifugio Mongioie, per abbreviare il percorso però conviene seguire la diramazione di destra, che con discesa moderata perde quota nel bosco con lunga diagonale. Alternando brevi discese a lunghi traversoni, si lascia a destra una diramazione per Pianche, quindi si scende fino ad un poggio boscoso con staccionata, da cui si raggiunge in breve una casa privata. Si percorre la carrareccia di servizio all’abitazione, che poco più avanti si innesta nella stradina sterrata di servizio al Rifugio Mongioie. Si prosegue in discesa lungo la carrareccia, a tratti cementata, che perde quota con due tornanti: all’altezza del secondo una palina di legno indica un sentiero che si stacca proprio all’altezza della curva e, tagliando un ripido pendio boscoso e due successivi piccoli impluvi, va ad intercettare una nuova stradetta, stavolta asfaltata. Percorrendola in discesa, si sfiorano alcune abitazioni e si esce sulla strada provinciale all’ingresso di Viozene, a poca distanza dal cimitero (palina). In poche decine di metri, si ritorna al parcheggio (h 1,00 dalle Vene).   

 

TEMPO TOTALE

h 5,00 circa (escluso l’accesso al Rifugio Mongioie, h 2,45 circa per il solo “Sentiero dei Camosci”)

DISLIVELLO

700 m circa (escluso l’accesso al Rifugio Mongioie)

DIFFICOLTA’

EE (qualche singolo passo di I° grado, richiesta sicurezza di piede, qualche difficoltà di orientamento)

ULTIMO SOPRALLUOGO

10 ottobre 2021

PERIODO CONSIGLIATO

maggio-giugno e settembre-ottobre (meglio in assenza di neve)

COMMENTI

Bellissimo giro ad anello, assai interessante e spettacolare per l’ambiente roccioso attraversato. Il sentiero non è particolarmente impegnativo, ma va tenuto presente che l’ambiente è spesso esposto ed eventuali scivolate potrebbero risultare assai difficili da frenare. La segnaletica è molto buona e abbondante nel tratto centrale (quello più impegnativo), mentre è assai deficitaria all’inizio e alla fine: in particolare, il primo tratto dalla casa ristrutturata fino all’inizio del canalone per il Garbo del Manco noi l’abbiamo percorso “a vista”, non avendo individuato né tracce né tantomeno segnavia. Anche nell’ultimo tratto di discesa, poco prima di intercettare il sentiero del Vallone delle Saline, i segnavia spariscono e bisogna arrangiarsi a vista … Insomma, un itinerario sì segnato, ma comunque da meritarsi. Non per tutti.