Dal
parcheggio del Centro Visitatori del Parco Alpi Marittime si origina
verso sud-ovest una
stradina inizialmente asfaltata che diviene subito
carrareccia e che sale in direzione del sovrastante Monte Ray. Lasciata
a destra una villetta, la rude carrareccia prosegue in costante salita
fra prati e vecchi campi fino ad un
evidente bivio. Trascurata la prosecuzione rettilinea della
carrareccia (da qui notevolmente inerbita), si prende a destra
un’ampia mulattiera pianeggiante che entra subito nel bosco. L’antica
mulattiera, sorretta da muri a secco realizzati a regola
d’arte, lascia quasi subito a sinistra una diramazione in salita,
quindi va poco più avanti ad
innestarsi in una stradetta forestale che stacca dalla
“Rotabile del Genio” un centinaio di metri prima del Centro
Visitatori, subito dopo la fine della “zona militare” (h
0,15 dalla partenza).
Si segue la
stradetta verso sinistra, in leggera salita, mentre taglia a mezza costa
il ripido pendio boscoso al confine tra il castagneto e la faggeta. Giunti
ad un bivio, si segue il ramo di destra (freccia rossa con
indicazione PS1 su un masso): poco più avanti si
incontrano, su un terrapieno a monte della carrareccia sorretto da ben
conservati muri a secco, i
ruderi delle Case Copetta (1009 m), ormai sommerse dal fitto bosco.
Con un’ulteriore breve salita si giunge ad un ripiano nel bosco, sede
di alcune antenne per le telecomunicazioni (nuova indicazione PS1 su un
palo a destra della stradina). Si continua lungo la
carrareccia, che alterna tratti in lieve salita ad altri pressoché
pianeggianti, trascurando alcune vecchia mulattiere che si staccano a
destra e sinistra. Una palina
del Parco Alpi Marittime (l’unica segnalazione che si
incontrerà in tutto l’itinerario!) indica ad un certo punto il sito
dove sorgevano i Tetti Chiotti
(1080 m, h
0,25 da dove si incontra la carrareccia): in effetti, tra gli
alberi a destra della strada, si notano i
ruderi di numerose rustiche abitazioni di montagna, ormai
sommerse dalla boscaglia.
Si continua
lungo l’evidente carrareccia, che inizia a restringersi e ad
inerbirsi: superata un’estesa radura erbosa, l’ormai ampia
mulattiera compie una secca curva a sinistra ed inizia a salire
dolcemente in
diagonale nella fitta faggeta. Al termine del lungo
traversone la mulattiera, dal fondo rivestito di uno spesso strato di
foglie secche, compie due brevi tornanti e va ad intercettare un’altra
mulattiera che sale diagonalmente da sinistra a destra. La si
segue verso destra, in decisa costante salita: in qualche tratto il
fondo della mulattiera, comunque molto ampio e ben riconoscibile, inizia
ad essere invaso
dagli arbusti, anche se per ora ciò non crea nessun problema
agli escursionisti. Con numerose strette serpentine la mulattiera
guadagna quota nella faggeta, un po’ infastidita da rami ed alberi
caduti: con un ultimo ripido strappo si guadagna un colletto a monte di
un affioramento roccioso che dà accesso all’impluvio del selvaggio Vallone
dell’Alpetto (h
0,40 dai Tetti Chiotti).
Subito oltre
il colletto si prosegue a sinistra, a mezza costa sul ripidissimo pendio
boscoso, andando
ad intercettare in poche decine di metri la mulattiera
proveniente direttamente dal colletto, che in questo breve tratto
risulta impraticabile. La mulattiera prosegue a mezza costa, sempre in
costante ma non faticosa salita, sulla ripidissima destra idrografica
del vallone, in
una faggeta di grande bellezza. Giunti alla base di una
curiosa crestina rocciosa immersa nella vegetazione, la mulattiera sale
con alcuni ampi tornanti al colletto sovrastante, da dove appare la
selvaggia testata del vallonetto, incisa da alcuni profondi canali in
cui scorrono precipitosi rii. Con un lungo traversone nel ripido bosco
la mulattiera (ormai divenuta sentiero) giunge ad intersecare un
primo ampio canalone inciso da un pittoresco rio (a sinistra,
vaghe tracce scavalcano la Costa Comune e scendono ai Tetti l’Aia,
all’altezza dell’ultimo ampio tornante sulla strada del Monte
Ray). Proseguendo invece lungo il sentiero principale, si
attraversa il rio (molta attenzione in principio di stagione, con
eventuale neve residua!) e si procede dall’altra parte con un nuovo
tratto in faticosa salita fra basso cespugliame e radi alberi, uscendo
infine sul poggio panoramico dove sorgono i pochi resti del Gias
dell’Alpetto (1600 m, h
0,40 dal colletto).
Proseguendo
a tagliare in leggera salita si giunge in breve ad intersecare un
secondo ampio canalone, in cui scorre il ramo
principale del Rio dell’Alpetto. Superato il rio su pietre
(bella veduta sulla conca
di Valdieri), si rimonta la sponda opposta, fra erba e
pietrame, raggiungendo un ripiano con radi alberi: qui la traccia è un
po’ incerta, ma è sufficiente proseguire in lenta diagonale, in
direzione di un boschetto di faggi, per ritrovare il marcato sentiero.
Aggirato il costone alberato si entra finalmente nell’impluvio del Vallone
del Lausetto: nuovamente su terreno scoperto, fra erba e cespugli, si
prosegue a tagliare a mezza costa, altissimi sul fondo del
profondo vallone. Tagliati numerosi costoncini fra erba, roccette e
fitti cespugli, il sentiero giunge su un poggio erboso da dove appare,
finalmente, la testata
del vallone: si indovina anche il ripiano dove giace il Lago
del Lausetto, quasi alla nostra stessa altezza, indicato dall’edificio
del casotto dei guardiaparco che sorge sulle sue sponde. Dal ripiano le
acque del Rio del Lausetto
scendono con spettacolare serie di cascate sul fondo del vallone. Non
rimane che proseguire con percorso evidente lungo la traccia che,
mantenendosi a mezza costa sulla destra idrografica, taglia una serie di
rovinosi valloncelli delimitati di dirupati
costoni rocciosi. Con alcuni saliscendi il sentierino, con percorso
ardito ma mai problematico, supera numerosi impluvi e, con un
ultimo tratto in lieve discesa, raggiunge il margine della
conca dove giace il pittoresco Lago
del Lausetto (1788 m, h
1,00 dal Gias dell’Alpetto).
Si tratta di
un piccolo specchio d’acqua della superficie di circa 1.000 mq e di
profondità compresa fra 1 e 2 m: sulla sua sponda nord-orientale
sorgono un casotto
dei guardiaparco ed un antico ricovero addossato ad una
paretina rocciosa, non facili da raggiungere se il rio emissario
presenta una portata d’acqua cospicua (di solito, ad inizio stagione).
Sulle carte il lago non è nominato, ma a volte solo quotato: Gian Carlo
Soldati, nel suo “I Laghi Alpini della Provincia di Cuneo” del 1990
sottolinea però come poco distante (precisamente a quota 1935, sul
costone discendente dal Monte Ray) sorga il Gias Lausetto, e la cima che
domina la conca verso Sud sia la Cima del Lausetto. Da qui, per
estensione, il toponimo del vallone … Insomma, tutto nei dintorni
sembra convergere su questo “laghetto”, caratteristica peculiare
della zona: del resto, “lausetto” sta a significare, per
l’appunto, “piccolo lago” … La conca dove giace il lago è
chiusa a monte da una severa bastionata che sorregge una seconda conca,
da dove precipita un’impetuosa
cascata. Più in alto incombe il selvaggio versante
settentrionale della Cima del Lausetto, con i suoi dirupati
contrafforti: in particolare, una
turrita cresta rocciosa va a saldarsi, a sinistra, al
massiccio del Monte
Ray, mentre verso destra una lunghissima e selvaggia dorsale
denominata genericamente “Serra del Lausetto” (ma un tempo i
valligiani avevano battezzato tutte le cime secondarie con toponimi
caratteristici, oggi in gran parte dimenticati) scende fino alle case di
San Lorenzo di Valdieri, costituendo la sponda sinistra idrografica del
Vallone del Lausetto.
Ritorno per la stessa via in h 2,00.