Dal
parcheggio si segue per poche decine di metri la rotabile asfaltata
finché, in prossimità di una casa, i segnavia gialli e arancioni non
indicano di abbandonarla per seguire un sentiero a sinistra. Questo
scende leggermente al margine di un
ripiano pascolivo, che poi costeggia dall’alto con percorso
un po’ infastidito dal terreno fangoso. Risalita una breve valletta,
si esce in un più
ampio ripiano pascolivo, sede dei Gias
Siteita (2051 m, a sinistra, sulla sponda opposta del torrente) e Il
Ghetto (2049 m, in fondo al ripiano). Il sentiero si immette in
un’ampia carrareccia sterrata, che prima in leggera discesa e poi in
piano percorre
il fondo della conca. Poco più avanti i segnavia indicano di
lasciare la carrareccia per seguire a destra una larga mulattiera
erbosa, delimitata da due file di sassi, che sale rettilinea in
direzione della soprastante rotabile asfaltata. Senza raggiungerla, si
abbandona dopo poco anche la mulattiera per proseguire lungo una traccia
a sinistra che taglia il pendio soprastante il ripiano e, fra erba e
grossi massi, si
riporta sulla strada asfaltata. Trascurando la prosecuzione
del sentiero oltre la strada (segnavia gialli, da cui giungeremo al
ritorno), si continua a sinistra lungo la rotabile, giungendo in breve
alle costruzioni del Gias
Valanghe (2101 m, h 0,20 dal parcheggio, vendita di
burro, latte e formaggi).
Qui si
abbandona la rotabile asfaltata, diretta al Colle di Esischie, per
seguire a destra una carrareccia sterrata (paline)
che inizia a salire in direzione dell’evidente Vallone del Colle del
Mulo. Questa carrareccia, rimasta incompiuta, fu iniziata dai militari
negli anni ’30 del secolo scorso con lo scopo di permettere il
collegamento fra il Vallone di Marmora e i baraccamenti della Bandia,
come alternativa alla strada proveniente dal Colle di Valcavera. Lo
scoppio della guerra con la Francia, nel 1943, bloccò il progetto.
Si continua lungo
la comoda carrareccia, che effettua due ampi tornanti con cui
supera una prima bastionata erbosa che sorregge un vasto ripiano erboso,
situato alla confluenza del Vallone del Colle del Mulo con il
Vallonetto: all’inizio del ripiano, presso alcuni abbeveratoi in
metallo, si
deve abbandonare la carrareccia e attraversare il ripiano
verso sinistra, fino a raggiungere la base del contrafforte roccioso
delle Rocce Ciarmetta. Qui inizia una ben evidente (anche se non
segnalata) vecchia mulattiera che aggira
in dolce salita lo sperone roccioso e si inoltra poi
nell’appartato Vallonetto.
Con salita
mia troppo ripida, il sentiero si porta sul vasto pendio erboso che
costituisce la parte iniziale del Vallonetto, che risale con tre ampie
serpentine. Aggirato un dosso in parte detritico, la mulattiera si
affaccia alla parte mediana dell’avvallamento, occupata in
gran parte da una grande
pietraia di grossi blocchi. La mulattiera effettua ancora un
breve tornante verso sinistra, quindi taglia il ripido pendio erboso
alla base della cresta delle Rocce Ciarmetta con pendenze modeste.
Interessanti vedute sull’articolato versante settentrionale della Cima
di Test, nonché sui pinnacoli rocciosi del Becco Grande, alla testata
del Vallone del Colle del Mulo. Raggiunti gli
erbosi pendii alla testata del Vallonetto, il sentiero (in
qualche punto labile, ma comunque sempre piuttosto riconoscibile)
effettua alcuni
ampissimi tornanti ed esce infine sulla sella di erba e terra del Colle
del Vallonetto (2439 m, h
1,00 dal Gias Valanghe, piccola
pozza e paline), dove si incontra la rotabile asfaltata
Castelmagno – Colle dei Morti.
Trascurando
la rotabile, si
continua per un sentiero (segnavia bianco-rossi) che si
mantiene nei pressi dello spartiacque: per arrotondati dossi erbosi il
sentiero risale il crinale fino a giungere nei
pressi della Cappella della Beata
Vergine Assunta (2501 m, h
0,10 dal Colle del Vallonetto): da questo tratto si possono
ammirare belle vedute, in special modo sui vastissimi
pascoli dell’alta val Grana.
Dalla
cappella si segue un evidente sentiero, segnalato di recente con segni
bianco-rossi, che rimonta verso destra il dosso erboso portandosi
nuovamente sul filo dello spartiacque: la vista si amplia, abbracciando
anche gran parte della catena delle Alpi
Marittime e, dalla parte opposta, il
Chersogno, il Pelvo d’Elva fino al Monviso. Si continua per
il comodo sentierino, che percorre
il largo crinale erboso fra splendide fioriture di stelle
alpine, superando con poco faticosi saliscendi selle e cocuzzoli erbosi.
Si giunge così su di una cima più evidente, che scende sul versante
opposto con una ripida crestina di detriti e roccette, da dove appare il
tratto più impegnativo della traversata. Si discende la
crestina, facendo attenzione alle pietre mobili (il sentiero
e i segnavia sono comunque sempre molto evidenti) e si giunge così
velocemente all’insellatura sottostante (h
0,20 dalla cappella), da dove ha origine la vera e propria
cresta Est della Cima di Test, difesa da un’articolata bastionata
rocciosa.
Si risale un
primo saltino per un canalino in parte erboso (I°
grado), raggiungendo un terrazzino con palina dell’azienda faunistica
alla base della fascia rocciosa più compatta. Da qui una catena di
recentissima installazione aiuta a superare
i 10 metri più verticali ed esposti (II°
grado) consentendo di agguantare un aereo terrazzino al di sotto di
un’ultima verticale fascia rocciosa. A questo punto le tracce
proseguono a destra, lungo una
esposta cornice pianeggiante che taglia la cresta sul
versante di Marmora: facendo attenzione all’esposizione
sul salto sottostante, ma del tutto facilmente, si continua
fino a che il pendio superiore da roccioso si fa erboso, consentendo di
ritornare in cresta. A questo punto si segue l’ampia dorsale erbosa
(qui molto vasta, quasi un altipiano), scavalcando un rilievo e
giungendo ad un punto in
cui la cresta si assottiglia nuovamente e ritorna rocciosa.
Tagliando pressoché in piano due puntine rocciose sempre sul lato
Marmora, il sentiero si porta alla base dell’ultimo pendio, che risale
ripidamente ma in breve fino alla Cima Est di Test (2629 m, h
0,35 dall’inizio della cresta). Sull’ampia sommità
sorgono alcuni ometti ed una semplicissima croce
in legno (riposizionata al suo posto durante il sopralluogo), oltre ai resti
di vecchi trinceramenti. Bellissimo panorama a giro
d’orizzonte sulla testata
di Val Grana, su tutta la catena delle Alpi
Marittime, sui Monti
Salè e Nebius, sull’incombente Becco
Grande e sulle alte
cime tra Màira e Varaita, fino alla piramide del Monviso.
Discesi
lungo una ripida traccia fra i detriti, sempre segnalata dai bolli
bianco-rossi, si attraversa un’ampia
insellatura erbosa e si risale brevemente alla Cima
Ovest di Test (2610 m, h
0,10 dalla Cima Est, grosso
ometto di pietre). Sull’ampissimo cupolone erboso sorge,
affacciata verso le Alpi Marittime, una ben
conservata truna di presumibile origine ex-militare,
recentemente ristrutturata e denominata “La
tana del lup”: può offrire occasionale (e spartanissimo!)
riparo in caso di maltempo.
Dall’ometto
di vetta si seguono i segnavia, che tagliano verso destra (Nord-Ovest)
l’altipiano sommitale: con percorso non evidentissimo si giunge al
sommo di un pendio erboso delimitato ai lati da pietraie e macereti. Il
sentiero, qui nuovamente visibile, scende
con alcune svolte il ripido pendio, sfiora un lungo muro a
secco e giunge ad una insellatura
erbosa. Con un traverso si giunge alla base della successiva
altura, costituita da scarsa erba, pietre e terra giallastra. Aggirate
numerose profonde
doline, la traccia rimonta un breve pendio terroso, quindi
traversa velocemente fino all’insellatura del Colle
del Mulo (2529 m, h
0,25 dalla Cima Ovest di Test, palina).
Il colle è un agevole passaggio tra l’Altipiano della Gardetta ed il
Vallone di Marmora. Questa sua comodità di accesso da entrambi i
versanti ha fatto si che, negli anni ’30 del Novecento, i militari
progettassero la realizzazione di una carrareccia militare che avrebbe
dovuto collegare Marmora ai baraccamenti della Gardetta. In realtà il
tratto di carrareccia nella parte alta del Vallone del Colle del Mulo
(versante Marmora), che si doveva appoggiare alla base delle paretine
del Becco Grande sulla sinistra idrografica del vallone, è rimasto
incompiuto, ed oggi si possono ancora vedere i
grandi muraglioni in pietra che sostenevano i progettati
tornanti semisepolti dalle enormi colate detritiche in continuo
movimento.
Dal colle si
scende lungo ciò che resta dell’incompiuta carrareccia per pochi
metri, quindi si prende a sinistra un sentiero (tacche arancioni) che
scende ripido nel macereto. Poco più sotto si ritorna sul tracciato
della vecchia rotabile, che traversa brevemente a sinistra. Una palina
indica, a sinistra, la prosecuzione del “Sentiero
Gino Gertosio”: trascurata questa opzione (vedi itinerario Tour
di Rocca la Meja), si continua in discesa lungo una evidente
traccia, segnalata con bolli arancioni, gialli e bianco-rossi.
Con
numerosi ampi tornanti
il sentiero perde quota nelle praterie alla testata del Vallone del Colle del Mulo: a sinistra, fra le grandi pietraie alla
base del Becco Grande, si possono notare ancora un paio di muraglioni
in corrispondenza dei tornanti dell’incompiuta rotabile. Più
in basso il sentiero effettua un
traverso verso destra, quindi, scende in diagonale ad
intercettare la
vecchia sede stradale nella parte bassa del vallone, dove
questa era stata già realizzata. Qui i segnavia arancioni tagliano il
successivo tornante lungo una ripida traccia, mentre i segnavia gialli e
bianco-rossi seguono la strada verso destra percorrendone la sede, fino
a che i segnavia si ricongiungono nuovamente. Continuando sulla
carrareccia, dopo poco un paletto segnavia sulla destra indica il
punto in cui abbandonarla nuovamente (segnavia gialli e
bianco-rossi, mentre gli arancioni seguono fedelmente la strada): si
scende lungo una traccia
fra i pascoli che, con pendenze mai troppo accentuate, sfiora
una grande dolina e poi si riporta nei pressi della carrareccia, presso
un grande muraglione. Senza toccarla, si continua in discesa in una
valletta con diversi tornanti, trascurando varie tracce che si diramano
da quella segnalata, fino a ritrovare la carrareccia (qui in discrete
condizioni) poco a valle del Gias
Maro, visibile a sinistra su un poggio. Pochi metri verso
destra, in discesa, e un nuovo paletto segnavia indica una nuova traccia
che scende a sinistra: il sentierino, con un ampio tornante, lascia in
basso a destra il Gias Valanghe (già incontrato in salita) e oltre una
zona con acque scorrenti scende ad intercettare
la rotabile asfaltata del Vallone di Marmora a quota 2100 m
circa, dove si ritrova il percorso già seguito all’andata (h
0,50 dal Colle del Mulo).
Seguendo a
ritroso il percorso di salita, si ritorna al piccolo parcheggio (h 0,20 da dove si ritrova la strada
asfaltata), presso cui si stacca a sinistra il sentiero per il Lago
Resile (palina).
Assai consigliata la breve digressione al bellissimo
e pittoresco Lago Resile: abbandonata la rotabile, si prosegue sul
sentiero che, superate alcune zone paludose su passerelle in legno,
scende poi ripidamente nel rado lariceto sulle sponde del Lago
Resile (1968 m, h 0,10 dal parcheggio). Il Lago
Resile, autentica gemma
smeraldina incastonato fra prati e larici, ha una superficie
di circa 3.000 m2 e una profondità massima di 2 m. È di
origine glaciale, ma si è formato per sbarramento morenico. Si trova su
un ripiano sulla sinistra idrografica del Vallone di Marmora, alimentato
da una vicina sorgente, ed è privo di emissario. Molto frequentato nel
periodo estivo grazie anche alla comodità di accesso, a pochi minuti
dalla strada asfaltata.