Dall’estremità
del parcheggio si sale per una scala alla biglietteria delle grotte
(tariffe e orari: www.toiranogrotte.it/it/info-prenotazioni),
quindi si prosegue lungo il viottolo asfaltato
che si inoltra in salita nell'aspro Vallone del Vero,
dominato da ardite strutture rocciose oggi sede di numerose falesie
molto frequentate. Sullo sfondo incombe l'altissima sommità del Monte
Varatella, sul quale sorge la chiesa di San Pietro ai Monti, meta di
numerosi itinerari dedicati. Trascurata una diramazione che, a destra,
taglia pianeggiante in direzione della vicina e molto caratteristica Chiesa
di Santa Lucia (da cui si giungerà al ritorno), si continua per il
viottolo fino al piccolo spiazzo di fronte all'ingresso delle Grotte
di Toirano (o, meglio, della Grotta
della Bàsura, 186 m, h
0,10 dal parcheggio),
raggiungibile con una breve scalinata a destra: qui sorge anche
la Casa
delle Guide.
Itinerario
in grotta
(visita con guida qualificata): attraverso un doppio ingresso si
converge in una prima sala (Sala
Morelli), dove solitamente ci si raggruppa prima di iniziare la
visita e dove è esposto uno
scheletro parzialmente ricostruito di Ursus
spelaeus.
Attraverso
una porta in ferro murata si accede quindi ad uno
stretto corridoio, in parte scavato artificialmente nella
roccia, che con percorso tortuoso fra belle concrezioni consente di
raggiungere la sala chiamata il Salotto. È la prima sala del tratto della grotta scoperto nel
1950. Qui vi sono numerose concrezioni di calcite dalle molteplici
forme: i cornicioni
calcarei che hanno evocato l’immagine del “Salotto”, le
millenarie colate di alabastro, le
stalattiti e le stalagmiti che si fondono in colonne. Le
tonalità del loro colore variano dal bianco del minerale puro al rosso
dato da impurità di ossidi di ferro al grigio del manganese.
Si prosegue
in un basso corridoio, chiamato Corridoio
delle Impronte: le impronte
di piedi, mani e ginocchia che si possono osservare nell’argilla ai
lati del percorso, miste a quelle di orsi delle caverne, sono state
lasciate da uomini preistorici di circa 12.000 anni fa. Le torce che
questi usavano per illuminarsi il cammino hanno lasciato segni
carboniosi sulle pareti.
Si giunge
così al pittoresco Laghetto:
concrezioni
a forma di piattaforme e cornicioni testimoniano un antico livello del
lago. La grande colata calcitica visibile sullo sfondo indica lo
scorrimento, per centinaia di migliaia di anni, di una sottile lama
d’acqua ad alimentare il bacino. Nelle sue acque vive un piccolo
crostaceo del genere Nyphargus
che non raggiunge il centimetro di lunghezza, depigmentato e cieco a
causa della sua evoluzione “cavernicola”.
Una
lunga scalinata in salita consente
di raggiungere un bel ballatoio, da dove si prosegue a sinistra nel
cosiddetto Cimitero degli Orsi.
Si tratta di un esteso deposito
di ossa di Ursus spelaeus, risalenti a 27.000 - 24.000 anni fa.
Questi orsi raggiungevano le sale interne della grotta per trascorrervi
il letargo invernale, durante il quale morivano gli individui più
deboli che non erano riusciti ad accumulare sufficienti riserve di
grasso durante l'estate. Dallo studio dei reperti scavati si è dedotto
che l’Ursus spelaeus poteva raggiungere 2,80 m di altezza in posizione
eretta, ed oltre 600 kg di peso. Interessante notare che la grande
concentrazioni di ossa ritrovate in questo punto è dovuta alla presenza
di una piccola “diga naturale” che ha impedito la dispersione dei
reperti nelle aree circostanti.
Al termine
di questo interessante tratto si giunge nella Sala
dei Misteri: questa è l’ultima sala frequentata dall’uomo
preistorico. Vi sono concentrate numerose testimonianze di interesse
archeologico: impronte umane e di orsi delle caverne, tracce carboniose
di fiaccole e palline di argilla rimaste attaccate alla parete contro
cui furono scagliate, forse in un arcaico rito di iniziazione o per
semplice divertimento.
Con un
ultimo tratto in decisa salita si giunge all’Antro
di Cibele, l’ultimo ambiente della Grotta della Bàsura:
quest’ultimo tratto è stato aperto solo nel 1960. Al momento della
scoperta la sala era sommersa dall'acqua e fu perciò prosciugata. La
rara e particolare forma
tondeggiante delle concrezioni mammellonari di questi
ambienti è tipica di una crescita subacquea, durante la quale le
stalattiti preesistenti furono ricoperte da numerosi strati di calcare.
Dedicata alla mitologica Dea della Fecondità, è una sala ritenuta
unica al mondo tra le grotte conosciute.
Con una
serie di ripide scalinate fra concrezioni veramente spettacolari si
scende sensibilmente, per imboccare poi il tunnel artificiale che, in
120 m, consente il collegamento con la Grotta
di Santa Lucia Inferiore. Ultimato nel 1967, è il punto del
percorso turistico più profondo nella montagna, localizzato a circa 170
m s.l.m. Lo spessore della roccia sovrastante è di circa 150 m.
Si sbuca
quindi nelle sale terminali della Grotta di Santa Lucia Inferiore, nelle
quali si possono ammirare i fiori
di calcite; sono particolari concrezioni coralloidi
dovute a complessi processi di evaporazione e condensazione
dell’acqua, in differenti condizioni di temperatura e di pressione.
Oltre alla calcite è possibile osservare una diversa forma di
cristallizzazione del carbonato di calcio, la cosiddetta aragonite,
riconoscibile per l’aspetto “aghiforme” dei suoi esili e
brillantissimi cristalli.
Superato su
un ponte artificiale il profondo baratro del Pozzo
dell’Ade, si risale con diverse scalinate fino a raggiungere
l’imponente sala del Pantheon:
è l’ambiente più ampio della Grotta Inferiore di Santa Lucia, con le
concrezioni di maggiori dimensioni, tra cui una
colonna alta circa 8 m. Particolare è poi una stalagmite
ricoperta di cristalli di aragonite definita, per la sua bellezza, la
“perla” della grotta. In diversi punti si possono osservare fratture
e concrezioni spezzate, segno di antichi terremoti preistorici.
Proseguendo
sempre in salita si giunge alla Sala
dei Capitelli, detta anche “dei Livelli”. La presenza
di antichi laghi sotterranei è, ancora una volta, segnalata
dai cornicioni calcarei e dalle piattaforme che si sono formate
all’estremità di stalattiti e di stalagmiti, in corrispondenza dei
livelli che l’acqua ha mantenuto per lunghi periodi.
Un ultimo
breve tratto consente di raggiungere una nuova porta in ferro murata che
immette nel Tanone, la parte
iniziale della grotta, priva di concrezioni, conosciuta da sempre. Nel
1944 fu utilizzata come rifugio antiaereo per la popolazione di Toirano,
oggi viene utilizzata per manifestazioni ed eventi culturali quali
concerti e balletti, oltre che per laboratori didattici e cantina
enologica.
(le
notizie sul percorso speleologico e le foto sono gentilmente fonrite dal
sito www.toiranogrotte.it)
Usciti dalla
grotta (h
1,15 circa dall’ingresso) si scorge, in alto a destra, il
Santuario rupestre costruito nel 1500 e dedicato a Santa Lucia. Verso
valle la vista spazia dall’abitato Toirano, con il centro storico e le
terrazze coltivate, alla costa e al mare.
Si segue un
ampio sentiero che verso destra scende in direzione del fondovalle. Dopo
poche decine di metri si incontra un bivio: seguendo la diramazione di
destra, in ripida salita, si effettua un ampio tornante e, passando attraverso
un bell’arco, si giunge sull’ampio bastione,
caratterizzato da due alti cipressi, ai piedi del Santuario
rupestre di Santa Lucia (214 m, h
0,05 dall’uscita delle grotte, bellissimo panorama).
Una
scalinata in pietra guida al portale che immette all’interno
della chiesa, ricavata nel grande antro iniziale della Grotta
di Santa Lucia Superiore. Subito a sinistra dell’entrata si nota
un’edicola con un
quadro ottocentesco raffigurante le Sante Apollonia e Agata,
opera del pittore savonese Agostino Oxilia. Ancora a sinistra, ricavata
direttamente nella facciata, si trova la caratteristica “stanza
dell’eremita”, ancora con antichi arredi originali. Il
pavimento, in lieve salita, e le panche sono degli inizi
dell’Ottocento; l’altare, in posizione sopraelevata, è raggiunto da
una scalinata chiusa al sommo da una cancellata in ferro battuto
addirittura seicentesca. Dietro
l’altare, in una nicchia, è ubicata la statua di Santa
Lucia (anno 1603), opera del maestro Taddeo Carlone, scultore di origini
ticinesi; nella mano destra la Santa regge un piattino su cui sono posti
i suoi occhi, simbolo del martirio.
Nella grotta
un tempo erano presenti, come in tutte le altre cavità della zona,
concrezioni stalattitiche e stalagmitiche, che furono asportate e
vendute negli anni ‘40 dell’Ottocento ai nobili genovesi
Pallavicini, che le utilizzarono per ornare la grotta artificiale
presente nella omonima villa di Pegli, a Genova.
Passando
sotto il presbiterio, attraverso lo stretto e basso cunicolo in muratura
di destra, si esce in un ambiente rupestre in cui si nota sulla destra
un pozzo (in roccia con aggiunte in muratura) che raccoglie acqua
definita miracolosa, utilizzata da sempre per le abluzioni dei
pellegrini. Oltre una piccola strettoia si trova una nuova vasca in
pietra di raccolta dell’acqua, dopo di che inizia il lungo corridoio
che introduce alla Grotta di
Santa Lucia Superiore, il cui accesso al pubblico è ad oggi
interdetto per ragioni di sicurezza (transenne).
(notizie
ed immagini sulla chiesa gentilmente fornite da Francesca Vassallo,
webmaster del sito www.lamaggioranapersa.com)
Dalla chiesa si ritorna con la mulattiera di accesso
al bivio precedentemente incontrato. Procedendo a destra, in discesa, in
breve si ritorna sul viottolo di accesso alle grotte, con cui si ritorna
velocemente al parcheggio (h
0,10 dalla chiesa).