Raggiunta
l’uscita meridionale dell’abitato, si prende a destra Via delle
Mura, che scende a superare il Torrente Pora su un ponte pedonale in
legno. Sull’altra sponda si sale per una stretta stradina e, salendo
alcuni ripidi gradini, si esce su Via Caprazoppa (primo tratto della SP490
“del Melogno”). Attraversata la strada con attenzione (molto
trafficata!), si imbocca una carrareccia sterrata che sale in diagonale
a sinistra (detta “Via
Napoleonica”). Subito però si abbandona questa carrareccia per
salire, a destra, per una vecchia mulattiera (cartello
e frecce gialle) che si inoltra nella boscaglia. Al primo tornante verso
sinistra si abbandona anche questa mulattiera (la cosiddetta “Via
Diretta”) per proseguire dritti, lungo un sentiero che sale in
diagonale nel bosco di lecci. Alcuni brevi tratti in cui gli alberi si
diradano consentono di godere di bella vista su Finalborgo e sul
fronteggiante Castel
San Giovanni. Con lungo traversone, alternando brevi salite a
tratti pressoché pianeggianti, il sentiero corre parallelo alla
sottostante strada asfaltata, che però si avvista solo a tratti:
trascurando diverse diramazioni meno marcate, si continua sulla traccia
più evidente che raggiunge, in una zona di fitto bosco, una
costruzione diruta (h
0,30 da Finalborgo). Come indica la
scritta sulla facciata, si tratta dell’antico DEPOSITO
ESPLOSIVI, che qui venivano conservati dai rivenditori del borgo per
questioni di sicurezza.
Ancora
un breve tratto in piano e si giunge ad un punto panoramico su Castel
Govone e la Rocca di Perti: da qui, con una
serie di secche svolte, il sentiero scende fino ad
intercettare l’ampia mulattiera della Via Vecchia di Gorra, un tempo
strada principale per raggiungere da Finale la frazione Gorra ed oggi
sostituita dalla rotabile asfaltata. Il tratto iniziale di questa
mulattiera, che si originava dai pressi del cimitero, oggi risulta
impercorribile a causa dei lavori di sterro per la costruzione della
nuova rotonda.
Si
segue dunque verso sinistra questa mulattiera, recentemente pulita e
segnalata dall’A.N.A. (segnavia gialli): con salita mai impegnativa
l’ampio tracciato prosegue nel suo costante traverso nel bosco,
tagliando diversi valloncelli boscosi. Un tratto in cui l’originario
tracciato è interrotto da una frana viene aggirato a monte, con breve
ma erta salita, ritrovando dopo poche decine di metri l’ampia
mulattiera. Con un ultimo breve tratto in lieve pendenza si giunge ad intercettare
una stradetta asfaltata, all’altezza di un tornante (h
1,00 dall’ex Deposito Esplosivi).
Si
segue la stradetta verso sinistra, in salita (bella veduta sul versante
Ovest di Rocca di Perti), lasciando al termine del tornante
successivo una
diramazione sterrata a destra diretta alla Fontana
degli Alpini (palina). Proseguendo in salita si giunge ad alcune
case isolate, dove la stradina termina: si prosegue quindi su un vecchio
sentiero che attraversa un ripiano e giunge alla base di un muraglione a
secco, dove si sdoppia. Si prosegue sul ramo di destra (sbiaditi
segnavia rossi) che, salendo ripido fra vecchie
fasce in gran parte abbandonate, raggiunge le pittoresche
case di Bracciale (h
0,15 da dove si incontra la stradetta asfaltata), allineate
lungo una stradina asfaltata che sale da Gorra.
Si
segue la stradina asfaltata verso sinistra, in lieve salita fra le case,
per abbandonarla presto per seguire verso sinistra una diramazione
sterrata che sale fra alcune antiche abitazioni (segnavia). Dopo breve
salita la stradetta diventa mulattiera e taglia pressoché in piano il
versante, alta sopra la Val Pora. Bellissimi scorci, fra orti e coltivi,
sul massiccio
della Rocca di Perti e, alle nostre spalle, sul gruppo del
Monte Carmo. Raggiunto un bivio, si
prosegue in salita sul ramo di destra: dopo poche decine di
metri, a destra, si incontra una paretina rocciosa con grandi massi alla
base. Su uno di questi massi si possono osservare delle piccole
curiose piramidi di terra sormontate da un sasso, veri
fenomeni geologici in miniatura. Proseguendo lungo il sentiero, in
ambiente in parte degradato (alcune cavità sulla destra sono divenute
ricettacolo di svariate tipologie di rifiuti), si continua la salita
uscendo su un’ampia carrareccia sterrata: in pochi passi verso
sinistra si giunge in uno spiazzo erboso dove si trovano alcune
paline (h
0,20 da Bracciale).
Abbandonando
temporaneamente la sterrata e seguendo verso destra il sentierino
segnalato con ◊,
si risale un breve tratto boscoso e si giunge sul cocuzzolo dove sorgono
i ruderi della Torre
di Bastia (321 m, h
0,05 dal bivio). Si tratta di un’antica torre di
avvistamento fatta erigere dal marchese Enrico II° del Carretto,
probabilmente intorno al 1212. Adiacente alla torre è stato costruito,
probabilmente in epoca successiva, un
basso fabbricato probabilmente adibito a ricovero per gli
animali. All’interno della torre, dove resistono ancora parte
degli impalcati in legno dei piani superiori, è curioso un
grosso masso inglobato nel muro sul lato Nord, probabilmente
preesistente alla torre stessa. Nonostante la vegetazione che oggi
limita un po’ la visuale, si intuisce l’alta
panoramicità del luogo e la sua valenza strategica in epoca
medievale. L’assoluta mancanza di tutela e manutenzione del manufatto
non gioca certo a favore delle a volte un po’ miopi istituzioni
locali.
Ritornati
in breve alla spiazzo erboso, si segue l’ampia carrareccia sterrata
(sempre segnavia ◊)
che guadagna quota con una ampio tornante (sbarra di divieto di transito
ai non autorizzati) e, lasciata a destra una mulattiera che scende
direttamente alla chiesa di San Martino (paline), raggiunge in breve la
sommità del Monte Caprazoppa
(291 m, h
0,15 dalla Torre di Bastia), sormontata da numerosi tralicci
per le telecomunicazioni. Si scende dall’altra parte per un’ampia
mulattiera nel fitto bosco (frequenti segnavia gialli) fino ad un
evidente bivio sulla sinistra: abbandonata la mulattiera
principale, che continua dritta a scendere nel bosco, si prende la
diramazione di sinistra, che con minor pendenza taglia quasi in piano
fra gli alberi. Trascurate varie diramazioni, per lo più tracciati
riservati ai bikers, si prosegue lungo il sentiero principale che scende
con decisione per un tratto e, presso un colletto boscoso, forma un
bivio (h
0,15 dal Monte Caprazoppa).
Seguendo
il sentiero di sinistra si giunge in breve ai piedi delle Rocce dell’Oréra, storica falesia con numerose vie di
arrampicata, antiche e moderne. Costeggiando in discesa la parete
rocciosa, si aggira uno speroncino con un piccolo antro alla base e si
giunge alla base di una placchetta rocciosa con alberelli. Si abbandona
a questo punto la traccia che costeggia la falesia e si
risale la placchetta per una traccia a zigzag lungo cengette e cespugli
spinosi (attenzione!), raggiungendo un
piccolo ripiano da dove, a destra, oltre un basso gradino, si
origina una cengia pianeggiante. Trascurando la cengia, si insiste verso
l’alto lungo un solco roccioso e, con percorso un po’ malagevole, si
giunge all’ingresso
dell’ampia Grotta dell’Oréra
(h 0,10 dal bivio).
Si
tratta un altissimo antro dal fondo roccioso ripido e ingombro di
ciclopici massi su cui sono riportati evidenti scritte: rimontando con
attenzione i resti di crolli, su terreno non difficile ma insidioso per
la ripidezza ed il terriccio fine, si giunge alla base di un risalto,
superabile con attenzione sulla destra lungo un breve solco (I° grado):
si giunge così su
un piccolo ballatoio nella parte alta dell’antro iniziale,
da dove parte un basso cunicolo che, dopo pochi metri, si ramifica in più
direzioni. Durante il sopralluogo sono stati rinvenuti in più punti
resti recenti di ossa di piccoli animali, segno che la grotta offre
ricovero a numerosi uccelli o altri piccoli predatori.
Scendendo,
è possibile dal piccolo ripiano sottostante la grotta risalire il basso
gradino (a sinistra scendendo) e percorrere la
bella e comoda cengia rocciosa pianeggiante fino ad un
pulpito panoramico (soste di vie d’arrampicata, attenzione al ritorno
la discesa del basso gradino, leggermente esposta).
Ritornati
sulla traccia alla base della falesia, si segue il percorso di andata
fino al bivio presso il colletto boscoso (h
0,15 dalla grotta).
Da
qui si procede a sinistra (il sentiero che scende ripido da destra è
quello seguito in precedenza) lungo una pianeggiante mulattiera nel
fitto bosco. In ambiente ombroso e rilassante, fra bei muretti a secco,
la mulattiera si inserisce, presso
un incrocio con ometto, nell’ampia mulattiera della “Via
Diretta” proveniente da Finalborgo. Seguendola verso destra, si
sale leggermente e, costeggiato un campo da calcio semi-abbandonato, si
sale all’insellatura dove sorgono la chiesa
di San Martino ed il piccolo cimitero di Verezzi (h
0,10 dal colletto boscoso, paline).
Nel
cimitero, di solito aperto, è degna di nota la Cappella Cucchi, oggi
purtroppo in stato di abbandono, dove oltre alla bella cupola col
caratteristico ”lanternino”, spicca un monumentale portale
interamente intagliato nella pietra di Verezzi.
Qui
si intercetta il sentiero denominato “Via
dei carri matti”, interamente segnalato dal CAI di Finale Ligure
in tempi recenti e rapidamente divenuto un sentiero classico per gli
escursionisti. Si scende quindi sul versante di Verezzi con comoda
diagonale verso sinistra nel bosco: gli alberi consentono comunque begli
scorci panoramici sul sottostante borgo di Verezzi e sulla costa fino ad
Albenga. Si raggiunge in breve una piccola costruzione in pietra: si
tratta di un antico casotto
di caccia di proprietà della famiglia Massanello, utilizzato
per ricoverare le gabbie degli uccelli da richiamo durante la notte. L’interno
si presenta in parte scavato nella viva roccia, mentre sugli spigolo
laterali si possono notare delle curiose pietre
con fori passanti, probabilmente utilizzati come sostegno di
piante recise ed invischiate (cattura con la tecnica della “panìa”).
Poco
più a valle, continuando a scendere, si sfiora una
caratteristica grotta su due livelli, in parte scavata
artificialmente per estrarre materiale da costruzione: dall’interno
della cavità inferiore, guardando verso l’uscita, sembra di sbirciare
da un
gigantesco buco della serratura. Bellissima vista sulla
costa. Proseguendo la discesa, dopo circa cento metri si
incontra un
bivio (palina): si prosegue a destra (segnavia =
del “Sentiero Geologico”),
ancora in discesa, giungendo in breve al lastrone roccioso denominato “la
Ciappa” (bella
veduta dell’abitato di Verezzi). Qui, fino ai primi anni
dell’800, si estraevano dalla roccia le macine da mulino: due
macine quasi finite, ma mai estratte, sono ancora in sito e
costituiscono motivo di interesse. Continuando ancora in discesa, si
trascura a destra la prosecuzione del “Sentiero Geologico” e si
scende ad
intercettare la stradina asfaltata di servizio alla ex Cava
del Colle (h 0,15 dalla chiesa).
Seguendo
la stradina in salita per una cinquantina di metri, si giunge al vasto
piazzale antistante la ex Cava del Colle (o Cava du Belando): questa cava fu
l’ultima ad interrompere l’attività nel territorio verezzino, negli
anni ’90 del secolo scorso. Qui la moderna tecnica di scavo del filo
elicolidale ha permesso di creare lisce ed altissime pareti, al
contrario delle più antiche cave di epoca romana e medievale, dove si
scavava secondo la tecnica “a cannetta” con martello e scalpello.
Seguendo
ora in discesa la ripida stradina asfaltata, si effettua ancora un
tornante e, oltre una sbarra generalmente aperta, si giunge ad un bivio.
Trascurata la prosecuzione della stradina, si
svolta decisamente a sinistra (cartello indicatore del
ristorante “Il Muma”) e si procede in piano lungo una stradicciola
che giunge in breve al piazzale ai piedi dell’antica Cava
Pilino (o “Cava du Lago”), dismessa dagli anni ’30 del
Novecento. Costeggiato il basso edificio del ristorante, si supera una
sbarra che vieta l’accesso ai mezzi motorizzati, sfiorando poi un
grosso traliccio. Lasciata a sinistra una bassa paretina rocciosa in cui
è scavata una nicchia artificiale contenente una piccola croce in
legno, si prosegue lungo la stradina, con magnifico
panorama sulla costa. Presso un pino isolato è possibile
scendere pochi metri per una traccia a destra fino ad un piatto
roccione, su cui si possono osservare due incisioni rupestri
raffiguranti probabilmente un aratro ed un’ascia di epoca preistorica
(scoperte casualmente nel 1996 e attribuite alla prima fase dell’Età
del Bronzo). Lasciato a sinistra un sentierino che sale alla Falesia
delle Cento Corde, si giunge in breve sul piccolo piazzale antistante a
ciò che resta della Cava
Vecchia (o “Cava dei fossili”, h
0,20 dalla Cava del Colle, paline). La cava, nota ed
utilizzata già ai tempi dei Romani, era l’unica di Verezzi in cui
l’estrazione del materiale avveniva in galleria: verso la fine degli
anni ’40 del secolo scorso improvvisamente la volta collassò su se
stessa, non causando vittime fra gli operai solo grazie al fatto che il
tutto avvenne durante la pausa pranzo. In seguito al crollo comunque la
cava cessò l’attività, ed oggi i grossi massi derivanti dal crollo
ancora impressionano il visitatore.
Dal
piazzale antistante la cava si va a destra (paline) scendendo dapprima
lungo alcuni scalini e poi lungo un sentiero un po’ malagevole e dal
fondo sconnesso (“u Passu du
Roccuo”), tagliando il costone che si affaccia direttamente sul
mare. Numerosi scarti di cava ai lati del sentiero testimoniano come in
questa zona esistessero un tempo molte piccole aree di estrazione della
pietra, grazie alla relativa vicinanza dell’antico pontile un tempo
presente a Borgio da dive i blocchi venivano imbarcati e trasportati
altrove. Al termine del ripido tratto in discesa si giunge ad
intercettare il “Sentiero
Natura”, proveniente da Verezzi (paline):
seguendolo verso sinistra, in salita piuttosto ripida, il sentiero
guadagna quota mentre la vegetazione cambia dalla macchia mediterranea
alla lecceta. Raggiunto un belvedere
sulle falesie
della Caprazoppa (a sinistra un breve sentiero conduce ad una
vecchia cava chiusa intorno al 1930 dove si possono vedere i segni
dell’estrazione “a cannetta”), si arriva poco più avanti ad
un’area picnic con vecchi tavoli in legno (alcuni ormai danneggiati
dal tempo). Entrati nella piccola valletta del Rio Fine (confine tra i
territori comunali di Finale e Borgio) si continua in salita nel fitto
bosco, attraversando grossi accumuli di detriti di cava. Al lato del
sentiero, sulla destra, si trovano cumuli di vecchie pietre estratte,
alcune lavorate, come una serie di pilastrini dalle estremità
sagomate a incastro di incerto utilizzo o come un
cumulo di parallelepipedi con la faccia superiore stondata,
probabilmente destinati a copertura di muri. Continuando ormai in lieve
pendenza, si lascia a destra l’enorme discarica di pietre costituenti
gli scarti di lavorazione della soprastante Cava della Chiesa e si va ad
intercettare l’ampia mulattiera della “Via
Napoleonica” a poca distanza dalla chiesa di San Martino, già
raggiunta precedentemente (h 0,40 dalla Cava Vecchia, paline).
Senza
raggiungere la chiesa, si segue l’ampia mulattiera verso destra con
percorso pressoché pianeggiante nel fittissimo bosco: ad un certo punto
a sinistra, a monte del sentiero, sorgono i ruderi di un’antica casa
con bella cisterna in pietra. Proseguendo lungo il bel sentiero nel
bosco si giunge ad un ampio slargo, oggi in gran parte invaso dalle
sterpaglie ma un tempo un bel prato meta di gite per i giovani finalesi.
La mulattiera, qui quasi una forestale, compie un’ampia curva a
sinistra per poi tornare a destra, lasciando sempre a sinistra un ampio
sentiero diretto al non lontano ripetitore. Poco lontano da qui, nel
bosco sulla destra, si trova il piccolo e caratteristico Laghetto dei Cinghiali, una pozza d’acqua stagnante meta notturna
per i cinghiali della zona. Pochi metri più avanti si imbocca sulla
sinistra la vecchia mulattiera, riconoscibile per i mirabili muri a
secco che la delimitano, e con breve percorso nel bosco si giunge al
piccolo Pilone
della Caprazoppa (h
0,25 dall’incrocio con la “Via Napoleonica”), una
caratteristica edicola sacra costruita su un grosso masso oggi ancora
fruibile grazie al bel lavoro di pulizia e manutenzione effettuato
dall’amico finalese Giorgio Massone.
Da
qui la mulattiera inizia a scendere con più decisione nel ripido bosco:
dopo un po’ si dirama sulla sinistra un recente sentiero tracciato in
occasione delle prove di Coppa del Mondo di Enduro Bike che da alcuni
anni fa tappa a Finale. Seguendo in discesa il sentiero, più diretto
della mulattiera e dal fondo migliore, si perde velocemente quota con
lunga serie di ampi tornanti (attenzione in caso sopraggiungessero
ciclisti), sfiorando anche un’antica fornace
per calce assai
caratteristica (h
0,20 dal pilone).
Continuando
a scendere, si supera un altro tratto con numerosi fitti tornanti,
traversando quindi decisamente a sinistra.
Proseguendo a scendere, si sfiora una prima volta la carrareccia
sterrata della “Via Napoleonica”: senza raggiungerla, si prosegue
per il sentiero che rimane nel bosco, con alcuni saliscendi, quindi una
nuova discesa porta ad intercettare la carrareccia ormai nella sua parte
bassa. Dopo pochi metri a destra si abbandona nuovamente la carrareccia
per riprendere, a sinistra, il sentiero, che presto scende alcune fasce
lungo due rampe di scale in pietra. Poco sotto, presse un antico muro di
cinta, si ritorna definitivamente sulla carrareccia. Seguendola verso
sinistra in discesa si supera un impressionante bastione in pietra e si
raggiunge la piccola caratteristica chiesetta
della Regina Pacis. Continuando per la larga sterrata, in
circa 400 m si ritorna al bivio con la “Via Diretta” ed
all’incrocio con la trafficata Via Caprazoppa.
Attraversata
nuovamente la strada (sempre molta attenzione per la posizione non
proprio felice dell’attraversamento) si ritorna a Finalborgo sul
percorso seguito all’andata (h
0,40 dalla fornace per calce).