26. Anello della Caprazoppa

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CARTINA CONSIGLIATA

FRATERNALI 1:25.000 - foglio 20

CATEGORIA/ZONA

ESCURSIONISMO - SU E GIU' PER LA RIVIERA LIGURE

SCHEDA N. 26

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO VIRTUALE

IL VECCHIO DEPOSITO ESPLOSIVI DI FINALBORGO

IL PITTORESCO BORGO DI BRACCIALE CON LA VAL MAREMOLA SULLO SFONDO

LA TORRE DI BASTIA

L’ANTRO INIZIALE DELLA GROTTA DELL’ORÈRA

L’ANTICO CASOTTO DI CACCIA POCO SOTTO LA CHIESA DI SAN MARTINO, LUNGO IL “SENTIERO GEOLOGICO”

LA COSTA TRA BORGIO E BORGHETTO SANTO SPIRITO DALLA EX CAVA DEL COLLE

“VIA DEI CARRI MATTI”: LA VALLETTA DEL RIO FINE E IL MARE

 

INTRODUZIONE

La dorsale spartiacque tra la Valle Pora e quella del Rio Bottassano, ricadenti rispettivamente nei comuni di Finale Ligure e Borgio Verezzi, è costituita da un vasto ed ondulato altipiano boscoso ricco di affioramenti rocciosi, caverne e testimonianze di antiche attività umane. Verso il mare l’altipiano precipita con imponenti pareti rocciose, che nel secolo scorso sono stare in gran parte aggredite da distruttive attività di cava (fortunatamente oggi interrotte) che ne hanno in gran parte compromesso le attrattive ambientali. Poco più oltre, però, nell’immediato entroterra, l’ambiente mantiene la selvaggia bellezza originaria, e numerosi sentieri (alcuni riscoperti di recente) consentono svariati itinerari panoramici e di ampio respiro alla scoperta di vestigia storiche e paesaggistiche stupende.

Il Monte Caprazoppa (291 m), null’altro che un semplice rialzo del tavolato, dà il nome alla dorsale ed è sormontato sulla vetta da numerosi ripetitori per le telecomunicazioni, raggiunte da una carrozzabile interdetta al traffico privato. Il punto culminante della dorsale sono invece le Rocce dell’Oréra (330 m), situate poco più a Nord e dominanti Finalborgo con una bella paretina che costituisce una storica palestra di arrampicata. La zona, come detto, è ricca di affioramenti rocciosi, che fin dall’antichità sono stati sfruttati per estrarre la “pietra di Verezzi”, pregiato materiale lapideo da costruzione utilizzato nell’edilizia locale. Degno di nota e famoso in tutta Italia è il meraviglioso borgo di Verezzi, posto a mezza costa sul fianco occidentale della dorsale, da cui si domina la costa ligure fino ad Albenga.

 

PUNTO DI PARTENZA:

Da Finale Ligure (uscita dell'autostrada A10 Genova-Ventimiglia) si scende a Finalborgo. Si può parcheggiare l’auto presso uno dei diversi parcheggi presenti intorno alle mura, preferibilmente sul lato occidentale dell’abitato (verso il Torrente Pora).

 

ITINERARIO

Raggiunta l’uscita meridionale dell’abitato, si prende a destra Via delle Mura, che scende a superare il Torrente Pora su un ponte pedonale in legno. Sull’altra sponda si sale per una stretta stradina e, salendo alcuni ripidi gradini, si esce su Via Caprazoppa (primo tratto della SP490 “del Melogno”). Attraversata la strada con attenzione (molto trafficata!), si imbocca una carrareccia sterrata che sale in diagonale a sinistra (detta “Via Napoleonica”). Subito però si abbandona questa carrareccia per salire, a destra, per una vecchia mulattiera (cartello e frecce gialle) che si inoltra nella boscaglia. Al primo tornante verso sinistra si abbandona anche questa mulattiera (la cosiddetta “Via Diretta”) per proseguire dritti, lungo un sentiero che sale in diagonale nel bosco di lecci. Alcuni brevi tratti in cui gli alberi si diradano consentono di godere di bella vista su Finalborgo e sul fronteggiante Castel San Giovanni. Con lungo traversone, alternando brevi salite a tratti pressoché pianeggianti, il sentiero corre parallelo alla sottostante strada asfaltata, che però si avvista solo a tratti: trascurando diverse diramazioni meno marcate, si continua sulla traccia più evidente che raggiunge, in una zona di fitto bosco, una costruzione diruta (h 0,30 da Finalborgo). Come indica la scritta sulla facciata, si tratta dell’antico DEPOSITO ESPLOSIVI, che qui venivano conservati dai rivenditori del borgo per questioni di sicurezza.

Ancora un breve tratto in piano e si giunge ad un punto panoramico su Castel Govone e la Rocca di Perti: da qui, con una serie di secche svolte, il sentiero scende fino ad intercettare l’ampia mulattiera della Via Vecchia di Gorra, un tempo strada principale per raggiungere da Finale la frazione Gorra ed oggi sostituita dalla rotabile asfaltata. Il tratto iniziale di questa mulattiera, che si originava dai pressi del cimitero, oggi risulta impercorribile a causa dei lavori di sterro per la costruzione della nuova rotonda.

Si segue dunque verso sinistra questa mulattiera, recentemente pulita e segnalata dall’A.N.A. (segnavia gialli): con salita mai impegnativa l’ampio tracciato prosegue nel suo costante traverso nel bosco, tagliando diversi valloncelli boscosi. Un tratto in cui l’originario tracciato è interrotto da una frana viene aggirato a monte, con breve ma erta salita, ritrovando dopo poche decine di metri l’ampia mulattiera. Con un ultimo breve tratto in lieve pendenza si giunge ad intercettare una stradetta asfaltata, all’altezza di un tornante (h 1,00 dall’ex Deposito Esplosivi).

Si segue la stradetta verso sinistra, in salita (bella veduta sul versante Ovest di Rocca di Perti), lasciando al termine del tornante successivo una diramazione sterrata a destra diretta alla Fontana degli Alpini (palina). Proseguendo in salita si giunge ad alcune case isolate, dove la stradina termina: si prosegue quindi su un vecchio sentiero che attraversa un ripiano e giunge alla base di un muraglione a secco, dove si sdoppia. Si prosegue sul ramo di destra (sbiaditi segnavia rossi) che, salendo ripido fra vecchie fasce in gran parte abbandonate, raggiunge le pittoresche case di Bracciale (h 0,15 da dove si incontra la stradetta asfaltata), allineate lungo una stradina asfaltata che sale da Gorra.

Si segue la stradina asfaltata verso sinistra, in lieve salita fra le case, per abbandonarla presto per seguire verso sinistra una diramazione sterrata che sale fra alcune antiche abitazioni (segnavia). Dopo breve salita la stradetta diventa mulattiera e taglia pressoché in piano il versante, alta sopra la Val Pora. Bellissimi scorci, fra orti e coltivi, sul massiccio della Rocca di Perti e, alle nostre spalle, sul gruppo del Monte Carmo. Raggiunto un bivio, si prosegue in salita sul ramo di destra: dopo poche decine di metri, a destra, si incontra una paretina rocciosa con grandi massi alla base. Su uno di questi massi si possono osservare delle piccole curiose piramidi di terra sormontate da un sasso, veri fenomeni geologici in miniatura. Proseguendo lungo il sentiero, in ambiente in parte degradato (alcune cavità sulla destra sono divenute ricettacolo di svariate tipologie di rifiuti), si continua la salita uscendo su un’ampia carrareccia sterrata: in pochi passi verso sinistra si giunge in uno spiazzo erboso dove si trovano alcune paline (h 0,20 da Bracciale).

Abbandonando temporaneamente la sterrata e seguendo verso destra il sentierino segnalato con , si risale un breve tratto boscoso e si giunge sul cocuzzolo dove sorgono i ruderi della Torre di Bastia (321 m, h 0,05 dal bivio). Si tratta di un’antica torre di avvistamento fatta erigere dal marchese Enrico II° del Carretto, probabilmente intorno al 1212. Adiacente alla torre è stato costruito, probabilmente in epoca successiva, un basso fabbricato probabilmente adibito a ricovero per gli animali. All’interno della torre, dove resistono ancora parte degli impalcati in legno dei piani superiori, è curioso un grosso masso inglobato nel muro sul lato Nord, probabilmente preesistente alla torre stessa. Nonostante la vegetazione che oggi limita un po’ la visuale, si intuisce l’alta panoramicità del luogo e la sua valenza strategica in epoca medievale. L’assoluta mancanza di tutela e manutenzione del manufatto non gioca certo a favore delle a volte un po’ miopi istituzioni locali.

Ritornati in breve alla spiazzo erboso, si segue l’ampia carrareccia sterrata (sempre segnavia ) che guadagna quota con una ampio tornante (sbarra di divieto di transito ai non autorizzati) e, lasciata a destra una mulattiera che scende direttamente alla chiesa di San Martino (paline), raggiunge in breve la sommità del Monte Caprazoppa (291 m, h 0,15 dalla Torre di Bastia), sormontata da numerosi tralicci per le telecomunicazioni. Si scende dall’altra parte per un’ampia mulattiera nel fitto bosco (frequenti segnavia gialli) fino ad un evidente bivio sulla sinistra: abbandonata la mulattiera principale, che continua dritta a scendere nel bosco, si prende la diramazione di sinistra, che con minor pendenza taglia quasi in piano fra gli alberi. Trascurate varie diramazioni, per lo più tracciati riservati ai bikers, si prosegue lungo il sentiero principale che scende con decisione per un tratto e, presso un colletto boscoso, forma un bivio (h 0,15 dal Monte Caprazoppa).

Seguendo il sentiero di sinistra si giunge in breve ai piedi delle Rocce dell’Oréra, storica falesia con numerose vie di arrampicata, antiche e moderne. Costeggiando in discesa la parete rocciosa, si aggira uno speroncino con un piccolo antro alla base e si giunge alla base di una placchetta rocciosa con alberelli. Si abbandona a questo punto la traccia che costeggia la falesia e si risale la placchetta per una traccia a zigzag lungo cengette e cespugli spinosi (attenzione!), raggiungendo un piccolo ripiano da dove, a destra, oltre un basso gradino, si origina una cengia pianeggiante. Trascurando la cengia, si insiste verso l’alto lungo un solco roccioso e, con percorso un po’ malagevole, si giunge all’ingresso dell’ampia Grotta dell’Oréra (h 0,10 dal bivio).

Si tratta un altissimo antro dal fondo roccioso ripido e ingombro di ciclopici massi su cui sono riportati evidenti scritte: rimontando con attenzione i resti di crolli, su terreno non difficile ma insidioso per la ripidezza ed il terriccio fine, si giunge alla base di un risalto, superabile con attenzione sulla destra lungo un breve solco (I° grado): si giunge così su un piccolo ballatoio nella parte alta dell’antro iniziale, da dove parte un basso cunicolo che, dopo pochi metri, si ramifica in più direzioni. Durante il sopralluogo sono stati rinvenuti in più punti resti recenti di ossa di piccoli animali, segno che la grotta offre ricovero a numerosi uccelli o altri piccoli predatori.

Scendendo, è possibile dal piccolo ripiano sottostante la grotta risalire il basso gradino (a sinistra scendendo) e percorrere la bella e comoda cengia rocciosa pianeggiante fino ad un pulpito panoramico (soste di vie d’arrampicata, attenzione al ritorno la discesa del basso gradino, leggermente esposta).

Ritornati sulla traccia alla base della falesia, si segue il percorso di andata fino al bivio presso il colletto boscoso (h 0,15 dalla grotta).

Da qui si procede a sinistra (il sentiero che scende ripido da destra è quello seguito in precedenza) lungo una pianeggiante mulattiera nel fitto bosco. In ambiente ombroso e rilassante, fra bei muretti a secco, la mulattiera si inserisce, presso un incrocio con ometto, nell’ampia mulattiera della “Via Diretta” proveniente da Finalborgo. Seguendola verso destra, si sale leggermente e, costeggiato un campo da calcio semi-abbandonato, si sale all’insellatura dove sorgono la chiesa di San Martino ed il piccolo cimitero di Verezzi (h 0,10 dal colletto boscoso, paline).

Nel cimitero, di solito aperto, è degna di nota la Cappella Cucchi, oggi purtroppo in stato di abbandono, dove oltre alla bella cupola col caratteristico ”lanternino”, spicca un monumentale portale interamente intagliato nella pietra di Verezzi.

Qui si intercetta il sentiero denominato “Via dei carri matti”, interamente segnalato dal CAI di Finale Ligure in tempi recenti e rapidamente divenuto un sentiero classico per gli escursionisti. Si scende quindi sul versante di Verezzi con comoda diagonale verso sinistra nel bosco: gli alberi consentono comunque begli scorci panoramici sul sottostante borgo di Verezzi e sulla costa fino ad Albenga. Si raggiunge in breve una piccola costruzione in pietra: si tratta di un antico casotto di caccia di proprietà della famiglia Massanello, utilizzato per ricoverare le gabbie degli uccelli da richiamo durante la notte. L’interno si presenta in parte scavato nella viva roccia, mentre sugli spigolo laterali si possono notare delle curiose pietre con fori passanti, probabilmente utilizzati come sostegno di piante recise ed invischiate (cattura con la tecnica della “panìa”).

Poco più a valle, continuando a scendere, si sfiora una caratteristica grotta su due livelli, in parte scavata artificialmente per estrarre materiale da costruzione: dall’interno della cavità inferiore, guardando verso l’uscita, sembra di sbirciare da un gigantesco buco della serratura. Bellissima vista sulla costa. Proseguendo la discesa, dopo circa cento metri si incontra un bivio (palina): si prosegue a destra (segnavia = del “Sentiero Geologico”), ancora in discesa, giungendo in breve al lastrone roccioso denominato “la Ciappa” (bella veduta dell’abitato di Verezzi). Qui, fino ai primi anni dell’800, si estraevano dalla roccia le macine da mulino: due macine quasi finite, ma mai estratte, sono ancora in sito e costituiscono motivo di interesse. Continuando ancora in discesa, si trascura a destra la prosecuzione del “Sentiero Geologico” e si scende ad intercettare la stradina asfaltata di servizio alla ex Cava del Colle (h 0,15 dalla chiesa). 

Seguendo la stradina in salita per una cinquantina di metri, si giunge al vasto piazzale antistante la ex Cava del Colle (o Cava du Belando): questa cava fu l’ultima ad interrompere l’attività nel territorio verezzino, negli anni ’90 del secolo scorso. Qui la moderna tecnica di scavo del filo elicolidale ha permesso di creare lisce ed altissime pareti, al contrario delle più antiche cave di epoca romana e medievale, dove si scavava secondo la tecnica “a cannetta” con martello e scalpello.

Seguendo ora in discesa la ripida stradina asfaltata, si effettua ancora un tornante e, oltre una sbarra generalmente aperta, si giunge ad un bivio. Trascurata la prosecuzione della stradina, si svolta decisamente a sinistra (cartello indicatore del ristorante “Il Muma”) e si procede in piano lungo una stradicciola che giunge in breve al piazzale ai piedi dell’antica Cava Pilino (o “Cava du Lago”), dismessa dagli anni ’30 del Novecento. Costeggiato il basso edificio del ristorante, si supera una sbarra che vieta l’accesso ai mezzi motorizzati, sfiorando poi un grosso traliccio. Lasciata a sinistra una bassa paretina rocciosa in cui è scavata una nicchia artificiale contenente una piccola croce in legno, si prosegue lungo la stradina, con magnifico panorama sulla costa. Presso un pino isolato è possibile scendere pochi metri per una traccia a destra fino ad un piatto roccione, su cui si possono osservare due incisioni rupestri raffiguranti probabilmente un aratro ed un’ascia di epoca preistorica (scoperte casualmente nel 1996 e attribuite alla prima fase dell’Età del Bronzo). Lasciato a sinistra un sentierino che sale alla Falesia delle Cento Corde, si giunge in breve sul piccolo piazzale antistante a ciò che resta della Cava Vecchia (o “Cava dei fossili”, h 0,20 dalla Cava del Colle, paline). La cava, nota ed utilizzata già ai tempi dei Romani, era l’unica di Verezzi in cui l’estrazione del materiale avveniva in galleria: verso la fine degli anni ’40 del secolo scorso improvvisamente la volta collassò su se stessa, non causando vittime fra gli operai solo grazie al fatto che il tutto avvenne durante la pausa pranzo. In seguito al crollo comunque la cava cessò l’attività, ed oggi i grossi massi derivanti dal crollo ancora impressionano il visitatore.

Dal piazzale antistante la cava si va a destra (paline) scendendo dapprima lungo alcuni scalini e poi lungo un sentiero un po’ malagevole e dal fondo sconnesso (“u Passu du Roccuo”), tagliando il costone che si affaccia direttamente sul mare. Numerosi scarti di cava ai lati del sentiero testimoniano come in questa zona esistessero un tempo molte piccole aree di estrazione della pietra, grazie alla relativa vicinanza dell’antico pontile un tempo presente a Borgio da dive i blocchi venivano imbarcati e trasportati altrove. Al termine del ripido tratto in discesa si giunge ad intercettare il “Sentiero Natura”, proveniente da Verezzi (paline): seguendolo verso sinistra, in salita piuttosto ripida, il sentiero guadagna quota mentre la vegetazione cambia dalla macchia mediterranea alla lecceta. Raggiunto un belvedere sulle falesie della Caprazoppa (a sinistra un breve sentiero conduce ad una vecchia cava chiusa intorno al 1930 dove si possono vedere i segni dell’estrazione “a cannetta”), si arriva poco più avanti ad un’area picnic con vecchi tavoli in legno (alcuni ormai danneggiati dal tempo). Entrati nella piccola valletta del Rio Fine (confine tra i territori comunali di Finale e Borgio) si continua in salita nel fitto bosco, attraversando grossi accumuli di detriti di cava. Al lato del sentiero, sulla destra, si trovano cumuli di vecchie pietre estratte, alcune lavorate, come una serie di pilastrini dalle estremità sagomate a incastro di incerto utilizzo o come un cumulo di parallelepipedi con la faccia superiore stondata, probabilmente destinati a copertura di muri. Continuando ormai in lieve pendenza, si lascia a destra l’enorme discarica di pietre costituenti gli scarti di lavorazione della soprastante Cava della Chiesa e si va ad intercettare l’ampia mulattiera della “Via Napoleonica” a poca distanza dalla chiesa di San Martino, già raggiunta precedentemente (h 0,40 dalla Cava Vecchia, paline).

Senza raggiungere la chiesa, si segue l’ampia mulattiera verso destra con percorso pressoché pianeggiante nel fittissimo bosco: ad un certo punto a sinistra, a monte del sentiero, sorgono i ruderi di un’antica casa con bella cisterna in pietra. Proseguendo lungo il bel sentiero nel bosco si giunge ad un ampio slargo, oggi in gran parte invaso dalle sterpaglie ma un tempo un bel prato meta di gite per i giovani finalesi. La mulattiera, qui quasi una forestale, compie un’ampia curva a sinistra per poi tornare a destra, lasciando sempre a sinistra un ampio sentiero diretto al non lontano ripetitore. Poco lontano da qui, nel bosco sulla destra, si trova il piccolo e caratteristico Laghetto dei Cinghiali, una pozza d’acqua stagnante meta notturna per i cinghiali della zona. Pochi metri più avanti si imbocca sulla sinistra la vecchia mulattiera, riconoscibile per i mirabili muri a secco che la delimitano, e con breve percorso nel bosco si giunge al piccolo Pilone della Caprazoppa (h 0,25 dall’incrocio con la “Via Napoleonica”), una caratteristica edicola sacra costruita su un grosso masso oggi ancora fruibile grazie al bel lavoro di pulizia e manutenzione effettuato dall’amico finalese Giorgio Massone.

Da qui la mulattiera inizia a scendere con più decisione nel ripido bosco: dopo un po’ si dirama sulla sinistra un recente sentiero tracciato in occasione delle prove di Coppa del Mondo di Enduro Bike che da alcuni anni fa tappa a Finale. Seguendo in discesa il sentiero, più diretto della mulattiera e dal fondo migliore, si perde velocemente quota con lunga serie di ampi tornanti (attenzione in caso sopraggiungessero ciclisti), sfiorando anche un’antica fornace per calce assai caratteristica (h 0,20 dal pilone).

Continuando a scendere, si supera un altro tratto con numerosi fitti tornanti, traversando quindi decisamente a sinistra. Proseguendo a scendere, si sfiora una prima volta la carrareccia sterrata della “Via Napoleonica”: senza raggiungerla, si prosegue per il sentiero che rimane nel bosco, con alcuni saliscendi, quindi una nuova discesa porta ad intercettare la carrareccia ormai nella sua parte bassa. Dopo pochi metri a destra si abbandona nuovamente la carrareccia per riprendere, a sinistra, il sentiero, che presto scende alcune fasce lungo due rampe di scale in pietra. Poco sotto, presse un antico muro di cinta, si ritorna definitivamente sulla carrareccia. Seguendola verso sinistra in discesa si supera un impressionante bastione in pietra e si raggiunge la piccola caratteristica chiesetta della Regina Pacis. Continuando per la larga sterrata, in circa 400 m si ritorna al bivio con la “Via Diretta” ed all’incrocio con la trafficata Via Caprazoppa.

Attraversata nuovamente la strada (sempre molta attenzione per la posizione non proprio felice dell’attraversamento) si ritorna a Finalborgo sul percorso seguito all’andata (h 0,40 dalla fornace per calce).

 

TEMPO TOTALE

h 6,00 circa 

DISLIVELLO

650 m circa

DIFFICOLTA’

E

ULTIMO SOPRALLUOGO

3 gennaio 2018

PERIODO CONSIGLIATO

dall'autunno alla primavera

COMMENTI

Percorso ad anello un po’ ombroso nella prima parte, mentre molto aperto e panoramico nella seconda. Interessanti le vecchie cave intorno a Verezzi, caratteristica la Torre di Bastia. Attenzione all’esplorazione della Grotta dell’Oréra, facile ma da effettuare con attenzione.