CARTINA CONSIGLIATA
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F.I.E.
scala 1:25.000 – Foglio SV-1
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CATEGORIA/ZONA
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ALPINISMO
- APPENNINO LIGURE
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SCHEDA
N. 24 |
STORIA
ALPINISTICA
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La
Rocca Vaccaria (1167 m) è un poco accentuato rilievo sulla lunga
ed uniforme cresta che unisce il Monte Reixa al Monte Beigua,
mantenendosi costantemente tra i 1000 ed i 1100 m di quota. La
particolarità di questa cresta è la straordinaria vicinanza (si parla
di meno di 5 km) dal mare: ciò, vista la già significativa altitudine
degli altipiani sommitali, contribuisce a rendere il percorso di questo
crinale assai panoramico, permettendo allo sguardo di abbracciare, in un
sol colpo, la cerchia alpina da una parte e lo sconfinato azzurro del
Mar Ligure dall'altra.
La
Costa dei Guadi è un lungo sperone, in gran parte costituito da fitti boschi sui quali emerge un sottile crinale di turrite roccette,
che si origina presso il Ponte Negrone, in Val Lerone, alla
confluenza dei due principali corsi d'acqua della zona: il Rio Leone ed il
Torrente Negrone. Da questo punto la cresta sale turrita, costituendo il
versante sinistro idrografico del selvaggio Vallone dei Guadi,
percorso dall'omonimo pittoresco rio. Il primo tratto della cresta, pur
presentando già diversi affioramenti rocciosi (specie a nord-ovest),
risulta assai discontinuo e molto disturbato dalla fitta vegetazione:
partendo da più in alto, però, e precisamente dal recentemente
ristrutturato Ricovero Sambuco, la risalita dell'articolato crestone risulta assai
piacevole, con passaggi aerei e molto panoramici. In alto si incrocia,
presso un colletto, il marcato sentiero A,
che consente varie comode possibilità per il ritorno. La prosecuzione
lungo la cresta, da questo punto in poi, perde di interesse, in quanto
gradualmente questa si allarga a costone erboso ripido, faticoso e dalla
vegetazione fastidiosa.
Come
un po' tutti gli itinerari di questo tipo, frequenti nel Gruppo del Beigua, le difficoltà variano molto a seconda delle linee di salita
scelte, non essendo quasi mai (a parte in pochi punti) la via obbligata.
Nella prima parte della via si incontrano alcuni piccoli ometti di
sassi. |
PUNTO
DI PARTENZA
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Da Arenzano
(uscita della A10
Genova-Ventimiglia) si prende verso destra l'Aurelia
per Cogoleto ma, appena la strada inizia a scendere (località Colletta), si imbocca una
stradina a destra. Una breve discesa porta ad attraversare la zona
industriale all'inizio della Val Lerone, poi seguendo il torrente
si supera un'agritur e, superato un ponte, si parcheggia presso un
tornante in località Motta, poco prima delle prime case sparse di Campo
(100 m circa, 3,5 km da Arenzano, paline segnaletiche). |
AVVICINAMENTO
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Si
segue la carrareccia che parte dal tornante, dapprima in leggera salita
accanto ad alcune case, poi oltre un ripiano pianeggiante nel bosco. Si
attraversa una radura prativa (Cian da Nave), quindi si prosegue
nel bosco di fianco al Torrente
Lerone, fino ad un caratteristico ponte
in pietre e legno che lo attraversa a destra. Si supera il ponte e si
seguono i segnavia rossi dall'altra parte, mentre risalgono con alcuni
tornanti la sponda opposta, fra prati e macchie boscose. Si intercetta il
sentiero proveniente dalla frazione Terralba, che va seguito verso
sinistra: il comodo sentiero riprende il suo andamento pianeggiante, ora
alto sulla sinistra idrografica del torrente. Sull'altro lato della valle
le ardite strutture rocciose dell'Erbin rendono il paesaggio
quanto mai selvaggio e severo. Proseguendo lungo il sentiero, si
assecondano i dentro e fuori di alcuni valloncelli laterali e si raggiunge
infine, costeggiando un antico acquedotto, il pittoresco Ponte
Negrone
(176 m, h
0,30).
Il ponte, molto antico, attraversa una profonda gola rocciosa,
proprio nel punto in cui si uniscono i corsi dei torrenti Leone (a
destra) e Negrone (a sinistra) per formare il Lerone.
Anticamente, da qui iniziava il lungo acquedotto che portava l'acqua
potabile ad Arenzano (il ponte è costruito su "due
piani", con quello inferiore coperto ed originariamente destinato a
convogliare le acque, sul modello degli acquedotti romani).
Superato il
ponte, da cui si possono vedere interessanti "marmitte dei
giganti", si prosegue a destra, seguendo il segnavia I: da qui infatti si origina il "Sentiero
dell'Ingegnere", percorso recentemente riattato che ricalca un
tracciato di fine '800 costruito per i lavori, mai portati a termine, di
captazione delle fonti della zona per portare acqua potabile ai centri
costieri. Il sentiero inizia a salire, dapprima con pendenze moderate di
fianco al Rio Negrone, poi più ripidamente, alla base di curiose
formazioni rocciose. Attraversato il rio più a monte verso sinistra,
un'altra breve salita nel bosco conduce ai piedi della selvaggia gola del Rio
Cû du Mundu: segnavia bianchi indicano il percorso di risalita nella
gola, riservato comunque ad alpinisti esperti (passaggi di III° grado).
Oltre lo sbocco della gola, il sentiero inizia a risalire, con lunga serie
di tornanti, la ripida
Costa du Môu, fra rocce e
boschi: sull'opposto versante dello stretto vallonetto, gli umidi
appicchi del tratto inferiore della Costa dei Guadi incutono una
sensazione di repulsività diffusa.
Si
giunge così al punto dove, a destra, si origina una diramazione segnalata C5:
trascurata dunque la prosecuzione del "Sentiero
dell'Ingegnere", si segue quest'altro sentiero, che inizia a
scendere gradualmente a mezza costa nel fitto bosco. Si attraversa prima
il Rio du Môu presso una cascata (attenzione alle rocce viscide
per via del salto sottostante) e, dopo pochi minuti, il più impetuoso Rio
dei Guadi (breve corda
fissa poco prima di scendere sul letto del corso d'acqua). Si
riprende a salire dall'altra parte, sempre nel bosco, e si raggiunge la
sommità del costone della Costa Guadi circa a metà del suo sviluppo,
in questo tratto ampio ed alberato: una freccia di legno sulla sinistra
("panchina panoramica") e una scritta rossa su un masso
("Rio dei Guadi") indicano il punto dove abbandonare il
sentiero. Ci
si inerpica per una labile traccia a sinistra, rimanendo sul versante
del Rio dei Guadi, uscendo in breve nella piccola radura dove sorge il bel Ricovero
Sambuco (completamente ristrutturato di recente): all'interno si trova la panchina, che un tempo era
sistemata all'esterno e che ora ha perso molte delle sue doti
paesaggistiche. All'estremità opposta della radura si prosegue lungo
vaghe tracce (tacche rosse sbiadite) che risalgono il bosco in
diagonale: costeggiata verso destra una barriera di cespugli, si
raggiunge una selletta erbosa, nuovamente nel solco principale del
Vallone dei Guadi. Trascurando la traccia che scende oltre la sella,
diretta al rio, si prosegue per qualche decina di metri lungo una
traccia a mezza costa, in lievissima salita, per poi abbandonarla e
risalire a destra il breve ma ripido pendio boscoso che consente di
raggiungere la base delle rocce della Costa dei Guadi. Si risale un
evidente, breve canalino erboso che si insinua fra le rocce fino a
raggiungere lo stretto forcellino cui fa capo (ometto). Sulla roccia a
destra si trova un altro ometto, mentre a sinistra inizia
la cresta vera e propria (h 1,00
dal Ponte Negrone, attacco). |
DESCRIZIONE
DELLA VIA
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Si
risale l'erto pendio, per erba e roccette, mantenendosi all'incirca
sul filo, fino ad uscire sulla sommità del torrione (ulteriore ometto).
Si prosegue lungo
il filo di cresta, in saliscendi (passi di II°), aggirando
ora a destra, ora a sinistra, i brevi risalti un po' più ostici.
Giunti
sulla sommità di un torrione, che dall'altra parte precipita con una
breve paretina verticale, si scende espostamente qualche metro a
sinistra, per tagliare sotto la cuspide lungo una cengia via via più
comoda che consente di toccare la successiva forcelletta erbosa scendendo
lungo un'articolata crestina (II°).
Si
prosegue per il filo, nuovamente
facile, con difficoltà di I°/I°+: dalle sommità
dei numerosi spuntoni, o dalle poco profonde forcelle, si aprono
panoramici scorci sul selvaggio Vallone dei Guadi, dove il rio precipita
con spettacolari
cascate in una gola rocciosa.
Si
attacca ora un
risalto un po' più ripido, e con passi un po' più delicati (II°+/III°)
si giunge ad una breccia fra un
ardito spuntone inclinato ed un più corposo torrione. Si risale il ripido
spigolo del torrione (III°, esposto, eventualmente
assicurarsi a corda) e se ne raggiunge l'ampia sommità, costituita da
grossi massi. Si scende dall'altra parte ad una forcella, si evita un
pinnacolo scendendo lungo un canalino a sinistra e rimontando poi un
breve pendio erboso per ritornare in cresta e si giunge alla base del tratto
chiave della salita.
Si
rimonta un
primo breve risalto (II°+), quindi si prosegue sul filo del
crinale fino alla base dell'anfiteatro erboso racchiuso da due crestine
parallele: traversando a sinistra, si può percorrere la cresta più
affilata, con difficoltà di IV°/IV°+, mentre risalendo la
cresta di destra, raggiungibile da diversi punti oltre lo
strapiombante salto iniziale, le difficoltà non superano il III°.
In un modo o nell'altro, con
bella arrampicata su roccia più che buona, si esce alla selletta
erbosa dove le due creste si incontrano nuovamente.
Si
continua ancora lungo la cresta di roccette, qui
nuovamente facile (I°) fino ad un ultimo torrione inciso da
un ampio canale erboso: si
sale per un tratto nel canale, poi si traversa a sinistra
(attenzione, ripido!) fino ad afferrare una fra le due cenge diagonali
che conducono sul filo della cresta. Si
risale la cresta, di ottima roccia rugosa, con passi di III°
fino alla sommità del torrione, da dove appare la traccia trasversale
del sentiero A, che taglia in
orizzontale la successiva forcella boscosa. Scendendo per grossi massi,
e quindi per un breve camino verso destra (II°), si raggiunge
velocemente la forcella e la sede del sentiero (h
2,00 dall'attacco).
Discesa: varie opportunità:
a)
si segue
il
comodo e pianeggiante sentiero A
verso sinistra, mentre taglia verso la testata del Vallone dei Guadi.
Prima di raggiungerne l'impluvio, una scritta
rossa su un masso a destra ("Passu du Figu") e alcuni
ometti indicano la deviazione verso sinistra per ritornare a valle. Si
scende per un'erta costa erbosa (belle
vedute dall'alto sul Rio dei Guadi e sulle gole rocciose che lo
contraddistinguono), guidati da ometti e segni rossi, quindi si entra
nel bosco, continuando a scendere con decisione (tracce non molto
evidenti ma segnate). Più in basso si procede quasi in piano, alla base
della Costa dei Guadi, fino a ritornare alla selletta erbosa nei pressi
dell'attacco (h 0,40 dalla fine
della via). Di qui, lungo il percorso di salita, nuovamente alla
macchina in h 1,00. b)
si segue il sentiero A verso destra,
dapprima in leggerissima salita, poi in piano. Alternando panoramici
tratti scoperti ad altri in un fresco bosco, si prosegue a mezza costa,
si supera il modesto Rio da Zinzæa (pochi metri prima del rio stacca a
sinistra la labilissima traccia per il Baro da Zinzæa) e, aggirato un
nuovo costone, si incontra lo stacco a destra del "Sentiero di
Rocca Spaccà" (cartello
segnaletico in legno, h 0,30
dalla fine della via). Si
scende per
questo sentiero, che dapprima si mantiene sul filo di un
costone fra i pini, quindi inizia a scendere con alcune decise svolte
(vegetazione a tratti fastidiosa). Superati alcuni alberi caduti, si
giunge presso la Rocca Spaccà, un grosso roccione inciso da una
profonda fenditura (quasi
un canyon roccioso) in cui si insinua il sentiero (rozzi
scalini in pietra). Oltre questo caratteristico passaggio, si prosegue
la ripida discesa nel fitto bosco fino ad intercettare l'ampio sentiero C2
(h 0,20 dallo stacco del
sentiero), che unisce il Passu du Figu con la località I Ruggi. Si
segue il sentiero verso destra, si taglia nuovamente il Rio da Zinzæa
(tubo dell'acqua) e si raggiunge in breve lo stacco del sentiero C5
(h 0,15 da dove si intercetta il
sentiero C2,
palina). A
questo punto è possibile proseguire lungo il sentiero C5
(in salita) fino al Rio dei Guadi (e di qui alla macchina, h
1,15 dal bivio) oppure scendere decisamente a sinistra, lungo
il segnavia C2,
fino al Passu du Figu, e da qui al Ponte Negrone e alla macchina
attraverso l'Oasi del Castagno (vedi anche itinerario Anello
del Lago della Tina, h 1,00 dal
bivio). |
TEMPO
TOTALE
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h 5,15 - 5,45 (di cui h 2,00 di arrampicata effettiva)
a seconda dell'itinerario scelto
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DISLIVELLO
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700 m
circa (di
cui 250 m
circa di arrampicata)
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DIFFICOLTA’
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PD/PD+ (a seconda della linea scelta)
con passi di III° ed un tratto di IV°/IV°+ evitabile
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MATERIALE
UTILE
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casco, eventualmente corda da 30 m, cordoni, qualche
nut e friend
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ULTIMO
SOPRALLUOGO
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24
maggio 2015
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PERIODO
CONSIGLIATO
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dall'autunno
alla primavera (evitando le giornate troppo fredde o ventose)
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COMMENTI
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Bella
salita, facile ma assai interessante e panoramica. I passaggi sono in
gran parte non obbligati, ma nella parte alta della cresta non manca una
certa eleganza di linee. La roccia, tenuto conto del genere di
itinerario, è quasi ovunque buona. Il tratto di IV°/IV°+ è
facilmente aggirabile percorrendo la crestina parallela, anch'essa di
roccia buona e con difficoltà che non superano il III° grado. Nonostante la
facilità dei passaggi, attenzione comunque all'esposizione: portare
comunque uno spezzone di corda!
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