Rocca Vaccarìa 1167 m - Costa dei Guadi

Home Chi sono Escursionismo Alpinismo Rifugi e Bivacchi Chi cerca trova Ultimi aggiornamenti Links Bibliografia Mailing List

 

CARTINA CONSIGLIATA

F.I.E. scala 1:25.000 – Foglio SV-1

CATEGORIA/ZONA

ALPINISMO - APPENNINO LIGURE

SCHEDA N. 24

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO

LA COSTA DEI GUADI CON I TRACCIATI DI SALITA E DISCESA

COREOGRAFICO PASSAGGIO PRESSO UNO SPUNTONE DELLA CRESTA

PITTORESCO RIO NEI PRESSI DELLO STACCO DEL "SENTIERO DI ROCCA SPACCÀ"

 

STORIA ALPINISTICA

La Rocca Vaccaria (1167 m) è un poco accentuato rilievo sulla lunga ed uniforme cresta che unisce il Monte Reixa al Monte Beigua, mantenendosi costantemente tra i 1000 ed i 1100 m di quota. La particolarità di questa cresta è la straordinaria vicinanza (si parla di meno di 5 km) dal mare: ciò, vista la già significativa altitudine degli altipiani sommitali, contribuisce a rendere il percorso di questo crinale assai panoramico, permettendo allo sguardo di abbracciare, in un sol colpo, la cerchia alpina da una parte e lo sconfinato azzurro del Mar Ligure dall'altra.

La Costa dei Guadi è un lungo sperone, in gran parte costituito da fitti boschi sui quali emerge un sottile crinale di turrite roccette, che si origina presso il Ponte Negrone, in Val Lerone, alla confluenza dei due principali corsi d'acqua della zona: il Rio Leone ed il Torrente Negrone. Da questo punto la cresta sale turrita, costituendo il versante sinistro idrografico del selvaggio Vallone dei Guadi, percorso dall'omonimo pittoresco rio. Il primo tratto della cresta, pur presentando già diversi affioramenti rocciosi (specie a nord-ovest), risulta assai discontinuo e molto disturbato dalla fitta vegetazione: partendo da più in alto, però, e precisamente dal recentemente ristrutturato Ricovero Sambuco, la risalita dell'articolato crestone risulta assai piacevole, con passaggi aerei e molto panoramici. In alto si incrocia, presso un colletto, il marcato sentiero A, che consente varie comode possibilità per il ritorno. La prosecuzione lungo la cresta, da questo punto in poi, perde di interesse, in quanto gradualmente questa si allarga a costone erboso ripido, faticoso e dalla vegetazione fastidiosa.

Come un po' tutti gli itinerari di questo tipo, frequenti nel Gruppo del Beigua, le difficoltà variano molto a seconda delle linee di salita scelte, non essendo quasi mai (a parte in pochi punti) la via obbligata. Nella prima parte della via si incontrano alcuni piccoli ometti di sassi.    

 

PUNTO DI PARTENZA

Da Arenzano (uscita della A10 Genova-Ventimiglia) si prende verso destra l'Aurelia per Cogoleto ma, appena la strada inizia a scendere (località Colletta), si imbocca una stradina a destra. Una breve discesa porta ad attraversare la zona industriale all'inizio della Val Lerone, poi seguendo il torrente si supera un'agritur e, superato un ponte, si parcheggia presso un tornante in località Motta, poco prima delle prime case sparse di Campo (100 m circa, 3,5 km da Arenzano, paline segnaletiche).

 

AVVICINAMENTO

Si segue la carrareccia che parte dal tornante, dapprima in leggera salita accanto ad alcune case, poi oltre un ripiano pianeggiante nel bosco. Si attraversa una radura prativa (Cian da Nave), quindi si prosegue nel bosco di fianco al Torrente Lerone, fino ad un caratteristico ponte in pietre e legno che lo attraversa a destra. Si supera il ponte e si seguono i segnavia rossi dall'altra parte, mentre risalgono con alcuni tornanti la sponda opposta, fra prati e macchie boscose. Si intercetta il sentiero proveniente dalla frazione Terralba, che va seguito verso sinistra: il comodo sentiero riprende il suo andamento pianeggiante, ora alto sulla sinistra idrografica del torrente. Sull'altro lato della valle le ardite strutture rocciose dell'Erbin rendono il paesaggio quanto mai selvaggio e severo. Proseguendo lungo il sentiero, si assecondano i dentro e fuori di alcuni valloncelli laterali e si raggiunge infine, costeggiando un antico acquedotto, il pittoresco Ponte Negrone (176 m, h 0,30). Il ponte, molto antico, attraversa una profonda gola rocciosa, proprio nel punto in cui si uniscono i corsi dei torrenti Leone (a destra) e Negrone (a sinistra) per formare il Lerone. Anticamente, da qui iniziava il lungo acquedotto che portava l'acqua potabile ad Arenzano (il ponte è costruito su "due piani", con quello inferiore coperto ed originariamente destinato a convogliare le acque, sul modello degli acquedotti romani). 

Superato il ponte, da cui si possono vedere interessanti "marmitte dei giganti", si prosegue a destra, seguendo il segnavia I: da qui infatti si origina il "Sentiero dell'Ingegnere", percorso recentemente riattato che ricalca un tracciato di fine '800 costruito per i lavori, mai portati a termine, di captazione delle fonti della zona per portare acqua potabile ai centri costieri. Il sentiero inizia a salire, dapprima con pendenze moderate di fianco al Rio Negrone, poi più ripidamente, alla base di curiose formazioni rocciose. Attraversato il rio più a monte verso sinistra, un'altra breve salita nel bosco conduce ai piedi della selvaggia gola del Rio Cû du Mundu: segnavia bianchi indicano il percorso di risalita nella gola, riservato comunque ad alpinisti esperti (passaggi di III° grado). Oltre lo sbocco della gola, il sentiero inizia a risalire, con lunga serie di tornanti, la ripida Costa du Môu, fra rocce e boschi: sull'opposto versante dello stretto vallonetto, gli umidi appicchi del tratto inferiore della Costa dei Guadi incutono una sensazione di repulsività diffusa.

Si giunge così al punto dove, a destra, si origina una diramazione segnalata C5: trascurata dunque la prosecuzione del "Sentiero dell'Ingegnere", si segue quest'altro sentiero, che inizia a scendere gradualmente a mezza costa nel fitto bosco. Si attraversa prima il Rio du Môu presso una cascata (attenzione alle rocce viscide per via del salto sottostante) e, dopo pochi minuti, il più impetuoso Rio dei Guadi (breve corda fissa poco prima di scendere sul letto del corso d'acqua). Si riprende a salire dall'altra parte, sempre nel bosco, e si raggiunge la sommità del costone della Costa Guadi circa a metà del suo sviluppo, in questo tratto ampio ed alberato: una freccia di legno sulla sinistra ("panchina panoramica") e una scritta rossa su un masso ("Rio dei Guadi") indicano il punto dove abbandonare il sentiero.

Ci si inerpica per una labile traccia a sinistra, rimanendo sul versante del Rio dei Guadi, uscendo in breve nella piccola radura dove sorge il bel Ricovero Sambuco (completamente ristrutturato di recente): all'interno si trova la panchina, che un tempo era sistemata all'esterno e che ora ha perso molte delle sue doti paesaggistiche. All'estremità opposta della radura si prosegue lungo vaghe tracce (tacche rosse sbiadite) che risalgono il bosco in diagonale: costeggiata verso destra una barriera di cespugli, si raggiunge una selletta erbosa, nuovamente nel solco principale del Vallone dei Guadi. Trascurando la traccia che scende oltre la sella, diretta al rio, si prosegue per qualche decina di metri lungo una traccia a mezza costa, in lievissima salita, per poi abbandonarla e risalire a destra il breve ma ripido pendio boscoso che consente di raggiungere la base delle rocce della Costa dei Guadi. Si risale un evidente, breve canalino erboso che si insinua fra le rocce fino a raggiungere lo stretto forcellino cui fa capo (ometto). Sulla roccia a destra si trova un altro ometto, mentre a sinistra inizia la cresta vera e propria (h 1,00 dal Ponte Negrone, attacco).

 

DESCRIZIONE DELLA VIA

Si risale l'erto pendio, per erba e roccette, mantenendosi all'incirca sul filo, fino ad uscire sulla sommità del torrione (ulteriore ometto). Si prosegue lungo il filo di cresta, in saliscendi (passi di II°), aggirando ora a destra, ora a sinistra, i brevi risalti un po' più ostici.

Giunti sulla sommità di un torrione, che dall'altra parte precipita con una breve paretina verticale, si scende espostamente qualche metro a sinistra, per tagliare sotto la cuspide lungo una cengia via via più comoda che consente di toccare la successiva forcelletta erbosa scendendo lungo un'articolata crestina (II°).

Si prosegue per il filo, nuovamente facile, con difficoltà di I°/I°+: dalle sommità dei numerosi spuntoni, o dalle poco profonde forcelle, si aprono panoramici scorci sul selvaggio Vallone dei Guadi, dove il rio precipita con spettacolari cascate in una gola rocciosa.

Si attacca ora un risalto un po' più ripido, e con passi un po' più delicati (II°+/III°) si giunge ad una breccia fra un ardito spuntone inclinato ed un più corposo torrione. Si risale il ripido spigolo del torrione (III°, esposto, eventualmente assicurarsi a corda) e se ne raggiunge l'ampia sommità, costituita da grossi massi. Si scende dall'altra parte ad una forcella, si evita un pinnacolo scendendo lungo un canalino a sinistra e rimontando poi un breve pendio erboso per ritornare in cresta e si giunge alla base del tratto chiave della salita.

Si rimonta un primo breve risalto (II°+), quindi si prosegue sul filo del crinale fino alla base dell'anfiteatro erboso racchiuso da due crestine parallele: traversando a sinistra, si può percorrere la cresta più affilata, con difficoltà di IV°/IV°+, mentre risalendo la cresta di destra, raggiungibile da diversi punti oltre lo strapiombante salto iniziale, le difficoltà non superano il III°. In un modo o nell'altro, con bella arrampicata su roccia più che buona, si esce alla selletta erbosa dove le due creste si incontrano nuovamente.

Si continua ancora lungo la cresta di roccette, qui nuovamente facile () fino ad un ultimo torrione inciso da un ampio canale erboso: si sale per un tratto nel canale, poi si traversa a sinistra (attenzione, ripido!) fino ad afferrare una fra le due cenge diagonali che conducono sul filo della cresta. Si risale la cresta, di ottima roccia rugosa, con passi di III° fino alla sommità del torrione, da dove appare la traccia trasversale del sentiero A, che taglia in orizzontale la successiva forcella boscosa. Scendendo per grossi massi, e quindi per un breve camino verso destra (II°), si raggiunge velocemente la forcella e la sede del sentiero (h 2,00 dall'attacco).

 

Discesa: varie opportunità:

a) si segue il comodo e pianeggiante sentiero A verso sinistra, mentre taglia verso la testata del Vallone dei Guadi. Prima di raggiungerne l'impluvio, una scritta rossa su un masso a destra ("Passu du Figu") e alcuni ometti indicano la deviazione verso sinistra per ritornare a valle. Si scende per un'erta costa erbosa (belle vedute dall'alto sul Rio dei Guadi e sulle gole rocciose che lo contraddistinguono), guidati da ometti e segni rossi, quindi si entra nel bosco, continuando a scendere con decisione (tracce non molto evidenti ma segnate). Più in basso si procede quasi in piano, alla base della Costa dei Guadi, fino a ritornare alla selletta erbosa nei pressi dell'attacco (h 0,40 dalla fine della via). Di qui, lungo il percorso di salita, nuovamente alla macchina in h 1,00

b) si segue il sentiero A verso destra, dapprima in leggerissima salita, poi in piano. Alternando panoramici tratti scoperti ad altri in un fresco bosco, si prosegue a mezza costa, si supera il modesto Rio da Zinzæa (pochi metri prima del rio stacca a sinistra la labilissima traccia per il Baro da Zinzæa) e, aggirato un nuovo costone, si incontra lo stacco a destra del "Sentiero di Rocca Spaccà" (cartello segnaletico in legno, h 0,30 dalla fine della via). 

Si scende per questo sentiero, che dapprima si mantiene sul filo di un costone fra i pini, quindi inizia a scendere con alcune decise svolte (vegetazione a tratti fastidiosa). Superati alcuni alberi caduti, si giunge presso la Rocca Spaccà, un grosso roccione inciso da una profonda fenditura (quasi un canyon roccioso) in cui si insinua il sentiero (rozzi scalini in pietra). Oltre questo caratteristico passaggio, si prosegue la ripida discesa nel fitto bosco fino ad intercettare l'ampio sentiero C2 (h 0,20 dallo stacco del sentiero), che unisce il Passu du Figu con la località I Ruggi. 

Si segue il sentiero verso destra, si taglia nuovamente il Rio da Zinzæa (tubo dell'acqua) e si raggiunge in breve lo stacco del sentiero C5 (h 0,15 da dove si intercetta il sentiero C2, palina). 

A questo punto è possibile proseguire lungo il sentiero C5 (in salita) fino al Rio dei Guadi (e di qui alla macchina, h 1,15 dal bivio) oppure scendere decisamente a sinistra, lungo il segnavia C2, fino al Passu du Figu, e da qui al Ponte Negrone e alla macchina attraverso l'Oasi del Castagno (vedi anche itinerario Anello del Lago della Tina, h 1,00 dal bivio).

 

 

TEMPO TOTALE

h 5,15 - 5,45 (di cui h 2,00 di arrampicata effettiva) a seconda dell'itinerario scelto

DISLIVELLO

700 m circa (di cui 250 m circa di arrampicata)

DIFFICOLTA’

PD/PD+ (a seconda della linea scelta) con passi di III° ed un tratto di IV°/IV°+ evitabile

MATERIALE UTILE

casco, eventualmente corda da 30 m, cordoni, qualche nut e friend

ULTIMO SOPRALLUOGO

24 maggio 2015

PERIODO CONSIGLIATO

dall'autunno alla primavera (evitando le giornate troppo fredde o ventose)

COMMENTI

Bella salita, facile ma assai interessante e panoramica. I passaggi sono in gran parte non obbligati, ma nella parte alta della cresta non manca una certa eleganza di linee. La roccia, tenuto conto del genere di itinerario, è quasi ovunque buona. Il tratto di IV°/IV°+ è facilmente aggirabile percorrendo la crestina parallela, anch'essa di roccia buona e con difficoltà che non superano il III° grado. Nonostante la facilità dei passaggi, attenzione comunque all'esposizione: portare comunque uno spezzone di corda!