Corno Stella 3050 m - Via "de Cessole"

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CARTINA CONSIGLIATA

A.S.F. scala 1:25.000 – Foglio 05

CATEGORIA/ZONA

ALPINISMO - ALPI MARITTIME

SCHEDA N. 25

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO  

DALL’USCITA DELLA VIA VERSO IL VALLONE DEL VALASCO

 

STORIA ALPINISTICA

Il Corno Stella ( 3050 m ) è forse la cima più famosa delle Alpi Marittime, e senz’altro una delle più impegnative a livello tecnico: qui non si può “barare”, non ci sono abbordabili normali o veloci vie di ritirata … Qui siamo sulla “Rocca Inaccessibile”, citando le parole di un grande esploratore delle nostre Alpi, il tedesco Fritz Mader. Si tratta in realtà di una cima veramente imponente e caratteristica, costituita da due vaste pareti e da altrettanti aerei spigoli, che cadono su  alte e invalicabili forcelle. La cresta sommitale è costituita da un vasto, inatteso piano inclinato di rocce rotte, largo circa 40 metri, che solo in prossimità della cima (spostata a Sud-Est) si assottiglia sensibilmente. La parete Sud-Ovest (alta circa 500 metri) è la più solare e frequentata: domina severa la testata del Vallone dell’Argentèra, a poca distanza dal Rifugio Bozano. Su questa parete sono state tracciate, oltre alla classicissima via normale, moltissime altre vie di arrampicata che vanno dal classico all’estremo: mai, comunque, con difficoltà inferiori al IV°+! Il panorama che si gode dalla cima è molto particolare ed istruttivo: impressionanti, in particolar modo, gli aerei scorci sul fantastico Canalone di Lourousa. 

Il Corno Stella non è una montagna comune, e quindi anche la storia della sua prima ascensione non può che essere “speciale”: fu il conte Victor de Cessole, grande esploratore delle Alpi Marittime, con le fortissime guide Jean Plent di Saint Martin Vésubie e Andrea Ghigo “il Lup” di Sant’Anna di Valdieri, a conquistarne la cima. Ma l’impresa risultò tutt’altro che facile: per molto tempo i tre alpinisti, portando nel frattempo a termine numerosissime prime ascensioni alle cime vicine, studiano il Corno da ogni suo lato, senza trovare apparenti punti deboli. Poi, improvvisamente, il 20 agosto 1903 succede qualcosa di nuovo: conquistando la Punta Ghigo, separata dal Corno solo dalla stretta breccia della Forcella del Corno Stella, possono osservare il loro obiettivo da un’angolazione particolarmente favorevole. “[…] In basso, nel mezzo della scarpata, scorgo una fascia erbosa che pare prolungarsi fino alla Forcella del Corno Stella, la quale ci separa dal Corno stesso […]”. La scoperta della cengia erbosa che taglia la parete Sud-Ovest convince i tre alpinisti che, per lo meno, vale la pena tentare … Così, il giorno dopo, risalgono il Vallone dell’Argentèra e si portano alla base della parete: qui trovano facilmente il modo di raggiungere l’ampia cengia, da dove possono finalmente studiare da vicino la parete: “Giunti su un pianerottolo erboso […], fummo stupiti per il nuovo aspetto della muraglia che, a mano a mano che ci si avvicinava, sembrava (!) offrire punti favorevoli all’attacco: questo almeno dichiarava Jean Plent, e Ghigo gli dava ragione. Scoprimmo delle sporgenze che sarebbero state sufficienti, forse, per permettere la scalata di una certa parte della misteriosa parete. Ma, dal basso, una fessura chiaramente inscalabile sembrava rendere vano qualunque tentativo. Le mie guide mi persuasero che, se fossimo riusciti a superarla, sarebbe stato possibile avventurarsi per un tratto sulla parete: avremmo avuto così la soddisfazione di poter dire che un tentativo al Corno era stato realmente effettuato”. Autorizzati dal de Cessole, le due guide salgono slegate per il primo tratto di parete, circa 100 metri, fino alla base di un grande diedro nero quasi al centro della muraglia: ridiscendono poi, lasciando una corda fissa sulla difficile fessura iniziale, e con de Cessole tornano a dormire alle Terme di Valdieri. Il giorno seguente, 22 agosto, ripartono per sferrare l’assalto decisivo: alle 10 del mattino sono nuovamente nel punto più alto raggiunto il giorno prima dalle due guide. “A sinistra della placca nera si presentava una balza di rocce bianche che si innalzavano pressochè verticali sopra le nostre teste. Era il solo punto vulnerabile in questo settore della muraglia. Avremmo quindi dovuto abbandonare il nostro tentativo oppure cercare di scalare questo nuovo lembo di parete, la cui altezza reale sfuggiva al nostro sguardo. La decisione di continuare questa difficile scalata fu tosto presa, soprattutto per il fatto che eravamo convinti che, al di sopra di queste difficoltà, saremmo stati praticamente in cima. Jean Plent attaccò deciso le difficili rocce, intanto che Ghigo ed io attendevamo ansiosamente che il nostro coraggioso compagno fosse giunto in un luogo sicuro. Non potevamo assolutamente osservare la manovra alla quale si esponeva: fin dai primi passaggi, infatti, era stato obbligato ad aggirare lo spigolo che avevamo di fronte, e poi l’avevamo visto scomparire dopo che la sua sagoma, sospesa sull’abisso, pareva muoversi in controluce. Non sentimmo più, da quel momento, che lo stridere dei suoi scarponi chiodati che mordevano la roccia. La voce di Jean arrivò ad un tratto fino a noi: “C’est tout de même terrible!” Questa esclamazione, in bocca ad un uomo solido quale la nostra guida, dava una chiara idea delle difficoltà della parete. Ad un certo punto, a Jean si staccò sotto i piedi un sasso che precipitò a qualche metro da noi. Fu per tutti un attimo di apprensione. Fummo tuttavia presto tranquillizzati nell’udire Jean, giunto sopra il passaggio, gridare vittoriosamente: “Pauvre Corno, cette fois-ci nous te tenons!”. A Jean era andata bene di essere giunto alla fine della placca in quanto la corda era terminata: i venticinque metri che avevamo a disposizione erano andati tutti, quindi il passaggio appena scalato doveva misurare almeno ventiquattro metri”. 

Il conte de Cessole e le sue guide hanno ragione: con il superamento di questo passaggio (che prenderà poi il nome emblematico di “Mauvais Pas”) la conquista del Corno Stella è praticamente cosa fatta, ed infatti la vetta viene raggiunta dal gruppo a mezzogiorno. Lo stesso de Cessole ammette, nel suo racconto, che il vero protagonista della scalata è la guida Jean Plent: “[…] questa guida dimostrò un coraggio sovrumano per avere osato affrontare questo passaggio: allora egli ben ignorava cosa avrebbe trovato oltre questo passo di muraglia e poi se sarebbe stato possibile ridiscendere in caso d’insuccesso”. E ancora oggi, affrontando il Mauvais Pas con le scarpette da arrampicata e i numerosi spit di assicurazione, non si può che rimanere stupiti dall’audacia di Plent, salito con scarponi chiodati e senza alcuna assicurazione per la vertiginosa parete!

 

PUNTO DI PARTENZA

Rifugio Bozano (2453 m), raggiungibile dal Gias delle Mosche (Valle Gesso) in h 2,45

Per i particolari dell’accesso, vedi itinerario Nel vallone dell’Argentèra.

 

AVVICINAMENTO

Dal rifugio si risalgono le grandi pietraie alla base del Corno Stella, dirigendosi verso la destra della parete. Superato un tratto erboso, si segue il bordo di un erto canale detritico che fiancheggia la parete (tracce): ad un certo punto, in corrispondenza di una evidente rampa di roccette ed erba sulla sinistra, lo si attraversa e si giunge all’attacco della rampa stessa (h 0,30, ometto). Si attacca la rampa per ripide ma facili roccette e, seguendo l’indicazione di una freccia su una roccia, si traversa verso sinistra. Risalito un breve canalino erboso, si traversa in esposizione (II°) verso sinistra, poi si sale un altro caminetto che conduce all’inizio dell’ampia cengia erbosa che attraversa tutta la parete Sud-Ovest del Corno. Si segue un sentierino verso sinistra per un breve tratto poi, prima che la cengia sia sbarrata da un salto roccioso, si devia a destra e ci si dirige verso l’attacco della parete superiore: si costeggia la base della parete da sinistra verso destra, si superano l’attacco della “Via dei Lupetti” (spit arancione) e della via "Roby" (grosso spit alla base) e, proseguendo brevemente ancora più a destra, si giunge presso lo sbocco di un canale roccioso sbarrato più in alto da un salto (h 1,00 dal rifugio, attacco, spit giallo poco più in alto).

 

DESCRIZIONE DELLA VIA

Si possono contare 10 tiri di corda:

1 - Si attacca il canale, all’inizio ripido ma facile (II°+), fino a raggiungere una strozzatura: si attacca l’ostica fessura di destra, liscia e scivolosa perché quasi sempre bagnata (IV°, 2 metri di probabile V°-, 1 spit). Superata la fessura, si prosegue nel canalino (III°) e si raggiunge poco sopra un esiguo pianerottolo, con i due spit di sosta (40 metri);

2 - Si sale, a sinistra, una specie di rampa di rocce ed erba, molto ripida (III°), dove si incontra uno spit (poche altre possibilità di assicurazione): più in alto la rampa si abbatte, e si esaurisce ai piedi di grandi strapiombi rossastri (2 spit di sosta, 40 metri);

3 - Si traversa, in grande esposizione, verso destra, sotto gli strapiombi (III°), facendo attenzione agli umidi primi metri, un po’ delicati, fino ai due spit di sosta, su un esiguo pianerottolo (2 spit, 40 metri);

4 - Si prosegue a traversare verso destra, sempre molto espostamente (III°, 2 spit), fino ad uno spigoletto, all’altezza dell’evidente vena di quarzo che taglia tutta la parete (qui si incontrano altri due spit di sosta). Oltre lo spigoletto, un grande masso evidenzia ai suoi lati due brevi camini paralleli: si sale quello di destra (III°) e, al suo sommo, si incontrano i due spit di sosta (35 metri);

5 - Si aggira a sinistra una placca liscia (III°, 2 spit), poi si entra in un canalino che più in alto si restringe a caminetto con masso incastrato. Si supera il masso (III°+) e si sbuca su una placchetta inclinata (1 chiodo) che conduce facilmente (II°+) alla base di un grande diedro, con la faccia destra costituita da una liscia muraglia nera e quella sinistra da una placca di rocce biancastre, più articolate (2 spit di sosta, 45 metri);

6 - Si attacca la placca di rocce biancastre a sinistra, con arrampicata delicata per via dell’esposizione e dei piccoli appigli ed appoggi (è questo il famoso “Mauvais Pas”, 4 spit e alcuni chiodi, 22 metri, IV°+ sostenuto), fino ad uscire su di un comodo pianerottolo alla base di una fessura verticale (2 spit di sosta);

7 - Si sale la fessura, con arrampicata elegante e sempre impegnativa (IV°-, 3 spit), poi se ne esce a destra, per un breve strapiombo (IV°+, uno spit). Si traversa a questo punto verso sinistra, su esposta placca inclinata (III°+) fino ad un pianerottolo di sosta (1 chiodo con cordone e uno spit, 40 metri);

8 - Si prosegue con traverso ascendente ancora verso sinistra, per placche esposte ma più facili (II°+/III°, 2 chiodi) fino ad aggirare uno spigolo e ad entrare in un ampio canale erboso (45 metri, sosta su masso da costruire);

9 - Si rimonta il facile canalino per erba e banali roccette fino all’ampio colletto cui fa capo (30 metri, , tratto effettuabile tranquillamente in conserva);

10 - Si attacca l’ultimo salto, costituito da una serie di placche (III°): si evita un più ostico caminetto aggirandolo sulla sinistra e, per rocce via via più facili, si raggiunge il grande piano inclinato sommitale (h 3,00 dall’attacco). Bellissimo panorama verso la catena Asta – Oriol.

Risalendo il tavolato verso destra, per detriti e, nell’ultimo tratto, su facili placche rocciose, si raggiunge in breve la croce posta sulla cima del Corno Stella (3050 m, h 0,10 dall’uscita della via). La vetta vera e propria è costituita da uno spuntone vertiginoso collegato alla croce da una breve ma aerea ed espostissima crestina (attenzione!). Fantastica ed inusuale veduta sul Canalone di Lourousa, sulla zona del Monte Matto e sul profondissimo Vallone dell’Argentèra.

 

Discesa: è tutt’altro che banale, svolgendosi in gran parte con vertiginose corde doppie! Ci sono due possibilità:

A - le doppie sulla via “Campìa”: è la classica via di discesa dal Corno. Si discende il piano inclinato sommitale fino a circa 50 metri dal suo termine, dove inizia lo Spigolo Inferiore: qui, sulla sinistra, su un aereo terrazzino a picco sulla parete Sud-Ovest, si trova il primo ancoraggio con catena. Con tre doppie da 50 metri (di cui le prime due nel vuoto) si giunge al sommo del salto roccioso che interrompe la cengia erbosa che taglia la parete. Con un’altra doppia (o eventualmente disarrampicando, passo di III°) ci si porta sulla parte inferiore della cengia.

B - le doppie sulla via “Barone Rampante”: è una nuova soluzione approntata di recente (2006), che pur obbligando ad una doppia in più, riduce di molto il rischio di incastro delle corde. Si discende il piano inclinato sommitale fino ad un grosso ometto (circa 30 metri prima delle doppie della “Campìa”), dove un breve tratto di corda fissa (attenzione, esposto!) permette di raggiungere il primo ancoraggio su un vertiginoso pianerottolo. Con quattro doppie da 50 metri (verticali, quasi mai nel vuoto) si giunge a metà circa della scarpata rocciosa che interrompe la cengia erbosa. Con un’altra breve doppia o disarrampicando (II°) ci si porta sulla parte inferiore della cengia.

Si segue a ritroso l’evidente sentierino che percorre la cengia fino al punto in cui la si era raggiunta in salita: pochi metri oltre si trova un altro ancoraggio che, con altri 50 metri di calata, consente di raggiungere le ghiaie basali, in corrispondenza dell’attacco. Lungo la traccia nella pietraia, si ritorna al rifugio (h 2,00 circa dalla cima).

 

TEMPO TOTALE

h 6,00 – 6,30 circa (esclusi l'avvicinamento e la discesa dal rifugio)

DISLIVELLO

600 m circa (300 m circa la via)

DIFFICOLTA’

D- (un tratto di IV°+)

MATERIALE UTILE

casco, fettucce, nut e friend, eventualmente qualche chiodo, due mezze corde da almeno 50 m, cordoni, 7-8 rinvii

ULTIMO SOPRALLUOGO

2 settembre 2007

PERIODO CONSIGLIATO

luglio - settembre

COMMENTI

Via lunga, esposta ed in ambiente grandioso. Un passo di V°-, uno di IV°+, due di IV°, poi III° quasi continuo. Orientamento non sempre facile. Soste quasi tutte attrezzate con due spit. Chiodi e spit nei tratti più impegnativi: utile comunque avere con sé qualche friend ed alcuni nuts. Necessarie due mezze corde da almeno 50 metri. Salita fra le più consigliate delle Alpi Marittime!