CARTINA CONSIGLIATA
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A.S.F.
scala 1:25.000 – Foglio 06
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CATEGORIA/ZONA
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ALPINISMO
- ALPI COZIE
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SCHEDA
N. 11 |
STORIA
ALPINISTICA
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Rocca
la Meja
(
2831 m
) è una bellissima cima rocciosa che sorge sullo spartiacque Stura –
Màira, dominando i vastissimi pascoli della Bandìa e della Margherìna.
Nel settore è la cima più elevata, oltre che più rappresentativa, e
questo, unito alla relativa facilità e comodità di accesso, fa si che
sia molto frequentata. Tradizionalmente la roccia della Meja è sempre
stata considerata mediocre, fatto questo facilmente riscontrabile nelle
immense colate di sfasciumi che la fasciano alla base: questo ha fatto
si che l’alpinismo classico ha sempre evitato le repulsive e verticali
pareti calcaree, preferendo pochi itinerari lungo creste, cenge e canali
evidenti. Negli ultimi anni, però, è in atto una massiccia
“riscoperta” di questo settore roccioso, specie delle vaste
placconate meridionali, quelle che sorreggono la cengia della via
normale: su questa lavagna rocciosa sono nate numerose vie sportive
attrezzate a spit, di difficoltà non certo banali (poco o niente sotto
il 6a) ma che, a detta degli ormai numerosi ripetitori, si svolgono su
bellissima roccia lavorata e piuttosto solida. La prima ascensione della
rocca risale al 17/09/1895 ad opera di Giovanni Bobba con due ufficiali
degli Alpini: i tre scelsero come direttiva di salita la cresta Sud-Est, sensibilmente più impegnativa (ma più evidente)
dell’ormai frequentatissima via
normale (percorsa dalla stessa cordata in discesa), che
sfrutta una comoda cengia obliqua al di sopra di vertiginose placconate.
Percorrendo la cresta, che alterna tratti ampi ad altri un po’
esposti, bisogna porre particolare attenzione alla qualità della
roccia, generalmente piuttosto rotta e friabile.
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PUNTO
DI PARTENZA
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Da Mondovì
(uscita della A6 Torino-Savona) si raggiungono
Cuneo e Borgo San Dalmazzo, da dove si risale
la Valle Stura.
Dal centro di Demònte (780 m, capoluogo della valle) una strada asfaltata si stacca sulla destra
(indicazioni) e raggiunge la frazione di San
Giacomo (1312 m), proseguendo poi stretta e ripida per il lungo ed alpestre
Vallone
dell'Arma fino al panoramico Colle
di Valcavèra (2416 m,
23 km
da Demònte, 76 km da Mondovì, scarse possibilità di parcheggio). |
AVVICINAMENTO
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Dal
colle,
trascurato il proseguimento della rotabile asfaltata verso il Colle
dei Morti (o Faunièra) e
la Valle Grana
, si divalla nell'ampia testata prativa del Vallone
della Madonna, che una rotabile sterrata ex militare (ben
conservata) taglia con ampio semicerchio. A destra incombe l'erbosa Cima
di Tèst (
2621 m
), di fronte i rocciosi Becco
Grande (
2775 m
) e Becco Nero (
2629 m
) fiancheggiano l'erbosa depressione del Colle d'Ancòccia, in fondo si
vedono le casermette del Colle Bandìa (
2418 m
), verso cui si dirige il tronco principale della rotabile, a sinistra
svetta la mole rocciosa del Monte Nebiùs (
2600 m
). Giunti presso una recinzione in pietra al centro del vallone (resti
di vecchie casermette), si
risalgono i prati verso la già citata ed evidente
depressione del Colle d'Ancòccia
(
2533 m
): passando presso un
piccolo laghetto, si incrocia in breve un altro tronco
stradale proveniente dal vicino Colle del Mulo (
2527 m
), che conduce velocemente alla larga sella erbosa (h
0,30 dal Colle di Valcavera). Da qui appare la
spettacolare parete meridionale di Rocca la Meja, struttura
rocciosa che non ha niente da invidiare alle famose Dolomiti.
Scesi
sull'altro
versante,
sempre per magnifici prati, si lascia presto la carrareccia che prosegue
verso l’attacco della via
normale per imboccare una traccia a destra (palina) che, con
breve traverso in lieve salita sui ghiaioni, conduce al vicino ed
evidente Colletto
della Meja (2551 m, h
0,20 dal Colle d’Ancoccia, palina e cippo in pietra, attacco). |
DESCRIZIONE
DELLA VIA
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Trascurato
il
friabilissimo canalone che scivola verso il Vallone della
Valletta (percorso da una variante del “Sentiero Gino Gertòsio” con
difficoltà EE), si procede a
sinistra lungo il crinale.
Si
aggira un primo ardito pinnacolo scendendo lungo evidenti tracce sulla
sinistra, ritornando poi appena possibile verso
la linea di cresta: per una franosa traccia, o superando un
breve tratto roccioso lungo il filo e traversando poi
brevemente sul lato destro della cresta, si giunge ad una selletta.
Superando un
breve caminetto (II°)
si giunge ai piedi di una paretina fessurata. Sfruttando una
piccola nicchia si scala il tratto più ripido (II°+),
quindi si prosegue per diedri e canalini (II°)
fino ad un’ampia
forcella con grossi blocchi, ai piedi del primo importante
risalto della cresta (ometto).
Aggirato
a sinistra un roccione,
si giunge alla base del risalto: questo
è solcato verticalmente da un ripido canale erboso e detritico,
da evitare per via dell’elevatissima friabilità. Dal pianerottolo
sopra il roccione si prosegue quindi verticalmente per canalini erbosi e
saltini parallelamente al canale (che rimane sulla destra). Con
passi facili ma non banali (II°+
continuo) si guadagna quota fino a giungere ad un ripiano ghiaioso in
corrispondenza di una strozzatura verticale del canale principale
(ometto, qui passa anche chi decide di seguire fedelmente il fondo del
canale). Con un traverso a sinistra su terreno un po’ precario
(facile, ma attenzione alla friabilità!) si raggiunge un
comodo pulpito erboso con bella
veduta sulla dirimpettaia cresta Nord-Ovest del Becco Grande.
Dal
pulpito si attacca, leggermente sulla sinistra del filo, un
diedro-camino verticale ma ammanigliato (III°),
oltre il quale con progressione più facile verso destra (I°+/II°)
si ritorna all’interno del canale, al di sopra del risalto intermedio.
A questo punto è possibile risalire direttamente il canale per una
traccia su ripida erba e detriti, oppure seguire il sistema
di cengette sulla sua destra (sinistra orografica) che
consente una facile e piacevole arrampicata con difficoltà massime di II°+.
In ogni modo, per
gli ultimi metri di canale, si raggiunge rapidamente la
sommità del primo risalto (h 1,10 dal Colletto della Meja).
Si
scende per un caminetto
di 6 metri (II°+) ad una
stretta forcella, da dove inizia un tratto meno ripido della cresta, ma
assai movimentato da numerosi spuntoni. Traversando sulla sinistra
(ometti), si aggira un primo gendarme, quindi si scende leggermente per
detriti, tagliando poi dall’alto la
testata di un ampio canale detritico (I°+).
Raggiunta la base di un nuovo ardito campanile roccioso, si sale per un
canalino di erba e roccette al forcellino fra il campanile stesso ed un
dentino alla sua sinistra: si scende dall’altra parte con attenzione
(esposto!) lungo le roccette di sinistra, solide e gradinate (II°+)
finchè risulta possibile traversare nuovamente alla successiva
forcella, alla base dell’imponente secondo risalto. Spostandosi
leggermente sul lato Nord, si sale piuttosto facilmente per
roccette e rampe erbose (qualche passo di II°)
fin sulla sommità del secondo risalto (h
0,25 dalla cima del primo risalto).
A
destra dello spuntone di vetta si
scende un verticale caminetto di una decina di metri (III°,
eventuale cordino per calata in posto) fino ad uno stretto forcellino.
Traversando sul lato Nord per
una stretta cengia (II°+)
il successivo torrione, si scala poi una bella placca inclinata (II°+)
fino alla successiva
forcella (ometto). Un nuovo tratto di ripida erba e roccette
(passi di I°+, splendide
fioriture)
conduce ad un piccolo ripiano sul filo di cresta. Aggirato a sinistra
uno spigolo verticale, si
rimonta un diedrino che consente di guadagnare un canalino
erboso che sbuca su
una forcelletta che si affaccia sul colletto alla sommità
della cengia della via normale: con breve discesa su sentierino si
raggiunge il colletto (h
0,25 dalla sommità del secondo risalto).
A
questo punto è possibile interrompere la salita scendendo lungo la
cengia della via normale (tracce, un punto attrezzato con cordino
metallico), oppure proseguire verso la vetta seguendo il canalino della via
normale (h
0,30, un passo di II°
attrezzato con catena).
Altrimenti,
dopo i primi metri nel canalino, si attaccano le rocce rotte a destra di
esso, puntando ad un’ampia forcella tra un grosso spuntone e il
torrione finale. Per tratti
erbosi e facili gradini (passi discontinui di II°)
si raggiunge detta forcella. Superata una crestina ed un grosso masso
con un passo molto esposto (III°)
si giunge alla base del risalto finale. Si risale un breve e ripido
pendio erboso a sinistra, puntando alla base di un corto caminetto: si
scala il camino, leggermente strapiombante ma abbastanza
ammanigliato (8 metri, III°+,
passaggio chiave) raggiungendo uno stretto spacco. Si attacca il ripido
spigoletto di destra, molto esposto specie nei primi metri (III°
continuo), che perde inclinazione fino a divenire crestina orizzontale.
Con breve traverso, si
raggiunge l’opposto speroncino, che si risale con bella
arrampicata lungo una serie di rampe e canalini fino a raggiungere un
ampio pendio canale di erba e rocce, delimitato sui lati da verticali
quinte rocciose. Si risale il pendio per tracce di sentiero (qui si
incontrano anche vecchi bolli rossi): sulla sinistra, improvvisamente,
appare la spettacolare “finestra
della Meja”, un arco naturale formato da un grosso
blocco a cavallo di una spaccatura attraverso il quale si avvistano i
pascoli dell’altipiano della Gardetta. Risalendo
le ultime facili rocce (I°+),
sempre seguendo i segnavia, si intercetta il sentierino della via
normale a pochi passi dalla sommità di Rocca
la Meja (2831 m, h
1,00 dall’incrocio con la via normale, croce e libro di
vetta).
Magnifico
panorama sul Monviso,
sui lontani Brec e Aiguille de Chambeyròn, sulla testata del Vallone
della Valletta con il
pittoresco Lago Nero, sulla zona
della Gardetta, con i monti Cassòrso ed Oronaye, su tutto
l’arco delle Alpi Marittime di Stura
e Gesso
fino alla pianura cuneese.
Discesa:
si effettua percorrendo a ritroso la via normale (tracce, bolli gialli).
Con un breve tratto di sentierino si scende alla testata del canalino
detritico già notato in salita, che si scende per un tratto fino ad una
piccola conca di sfasciumi. Oltre un colletto, un breve saltino di pochi
metri si scende anche grazie ad una catena (II°).
Si continua quindi a scendere nel canale per detriti fino all’ampio
colletto alla sua base. Di qui le tracce conducono a destra, in discesa,
fino all’imbocco di un cengione inclinato che corre alla
base di placconate vertiginose. Con attenzione si scende fino
al punto in cui la cengia termina: un breve saltino roccioso, facilitato
da un cavetto metallico (II°) consente di toccare le ghiaie alla base della parete (h
0,50 dalla cima).
Una
comoda traccia pianeggiante taglia
alla base la parete meridionale della rocca e riporta sui
pascoli. Passando di fianco al grazioso Laghetto
della Meja, il sentiero sale regolare fra i prati fino ad
incrociare la carrareccia ex-militare proveniente dal Colle Margherina.
Lasciata a sinistra la traccia per il Colletto della Meja, si raggiunge
nuovamente il vicino Colle d’Ancoccia e, da qui, si ritorna al Colle
di Valcavèra (h 1,10 dalla base della parete).
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TEMPO
TOTALE
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h 6,00 circa (h 3,00 di arrampicata)
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DISLIVELLO
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850 m circa (350 m circa la via)
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DIFFICOLTA’
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PD+ (II° quasi continuo, un tratto di III°+
esposto, roccia spesso friabile)
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MATERIALE
UTILE
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casco (obbligatorio), eventualmente
30 m
di corda e qualche cordone
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ULTIMO
SOPRALLUOGO
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28
giugno 2015
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PERIODO
CONSIGLIATO
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giugno
- ottobre
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COMMENTI
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Bella
arrampicata, un po’ discontinua ma in ambiente severo e pittoresco.
Attenzione alla qualità della roccia, in gran parte friabile, specie
nella prima parte della salita. L’orientamento, pur trattandosi di una
cresta, non è sempre evidente, e a questo proposito aiutano molto i
piccoli ometti di pietra che si incontrano durante la salita. Possibilità
di interrompere l’ascensione in corrispondenza dell’incrocio con la
via normale. Salita molto godibile e consigliata.
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