Monviso 3841 m - Cresta Nord-Nord-Ovest

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CARTINA CONSIGLIATA

A.S.F. scala 1:25.000 – Foglio 08

CATEGORIA/ZONA

ALPINISMO - ALPI COZIE

SCHEDA N. 8

 

FOTO NOTEVOLI

LE CADRÈGHE DI VISO DAL COLLE SUD DELLE CADRÈGHE

DAL COLLE SUD DELLE CADRÈGHE VERSO LA CRESTA NORD-NORD-OVEST

IL PRIMO TORRIONE (O TORRIONE PEROTTI) CON I PRIMI TIRI DELLA VIA

IL RIFUGIO VALLÀNTA E LA BEALÈRA FÙNSA DALLA CRESTA NORD-NORD-OVEST

PIAN DEL RE ED I LAGHI FIORÈNZA E SUPERIORE DALLA CRESTA NORD-NORD-OVEST

 

STORIA ALPINISTICA

Il Monviso (3841 m) è la cima più alta ed imponente delle Alpi Sudoccidentali. Con la sua quota nettamente preponderante rispetto alle montagne che lo circondano, domina il basso Piemonte spiccando evidente da ogni angolo della pianura. 

Il Monviso non si trova sullo spartiacque principale della catena alpina, ma su una breve diramazione interamente in territorio italiano, che si origina dal nodo orografico della Punta Gastaldi (3214 m): oltre il Passo delle Due Dita (3010 m) si innalza la guglia tricuspidata del Visolòtto (3348 m) quindi, oltre il doppio Passo delle Cadrèghe (Nord – 3135 m, e Sud – 3131 m), si eleva l’immane massa del Monviso, blocco potentissimo di ofioliti solcato da spaventosi canali ghiacciati e movimentato da torrioni e pinnacoli in apparente precario equilibrio. 

La cima, molto aerea e da cui si gode di uno sconfinato panorama, è bifida, costituita da due vicine punte separate da una piatta forcella: la cima est (Punta Trieste) è di poco più elevata e ospita una sobria croce, mentre la cima ovest (Punta Nizza) è coronata da alcuni ometti di pietre. 

Dal Monviso si originano due catene: una, molto breve, interna alla Valle Po, è in pratica costituita dalla tozza mole del Viso Mozzo (3019 m), separato dal Monviso dall’ampia sella del Colle di Viso (2650 m), e da una serie di minori elevazioni che isolano alcuni valloni secondari. L’altra, molto complessa ed imponente, costituisce lo spartiacque fra le valli Varàita e Po e, oltre l’importante cima del Viso di Vallànta (3781 m) prosegue con altre svariate ed imponenti vette rocciose dapprima verso sud e poi verso est, digradando poi nei pendii boscosi alle spalle della città di Saluzzo. 

L’ascensione al Monviso è certamente una salita impegnativa, anche lungo la via normale da Sud, e richiede allenamento ed esperienza adeguate. 

La Cresta Nord-Nord-Ovest è notevolmente più impegnativa, sia per la lunghezza che per l’ambiente severo di alta montagna: la quota elevata infatti fa si che si possano trovare tratti ghiacciati o verglassati che richiedono molta attenzione. Per il resto si tratta di una salita molto lunga ed abbastanza discontinua, ma non mancano lunghi tratti di arrampicata pura che, seppure non difficili, non sono assolutamente da sottovalutare! Le caratteristiche della roccia generalmente mediocre, molto rotta e detritica, completano un quadro d’insieme che indica la salita ad alpinisti comunque molto esperti. Detto questo, l’itinerario è veramente spettacolare, con panorami mozzafiato ed un ambiente unico! 

La prima salita del Monviso è opera degli inglesi W. Mathews e W. Jacob, con J.B. e M. Croz, il 30/08/1861 per quella che oggi è considerata la via normale, lungo la parete Sud. 

La Cresta Nord-Nord-Ovest è stata invece parzialmente salita il 26/08/1936 da Englunet con la guida Q. Perotti (evitando il primo torrione per il Canale Perotti), mentre la prima integrale è di E. Bano, M. Riva e S. Pons il 31/07/1955.

 

PUNTO DI PARTENZA

Rifugio Vallànta (2450 m), raggiungibile da Castello di Pontechianàle (Valle Varàita) in h 2,30.

Per i particolari dell’accesso, vedi anche itinerario Nel Vallone di Vallànta.

 

AVVICINAMENTO

Dal rifugio si segue un sentierino che si inoltra praticamente pianeggiante nella conca erbosa alla base della bastionata che sorregge il sovrastante Ghiacciaio di Vallànta. La traccia conduce in breve al piccolo poggio sul quale sorge il fabbricato dell’ex Rifugio Gagliardòne, da dove una serie di ometti guida all’imbocco di un ripido canale, percorso da un rio, che incide la bastionata rocciosa. Si risale faticosamente il canale, all’inizio sulla sponda sinistra, quindi sulla destra, per uscirne infine a destra su un vasto terrazzo di brecciame poco inclinato alla base della morena frontale del ghiacciaio (ometto). 

Da qui, con alcune svolte, si risale il fronte della grande morena e si esce alla sua sommità, ai margini di quel che resta del Ghiacciaio di Vallànta: si attraversa la conca nevosa (o detritica) e si risalgono i ripidi pendii alla sua testata, per mobili e fastidiosi detriti o neve dura (eventualmente ramponi e piccozza). Superata una strettoia più ripida nella parte mediana del vallone compreso fra il Visolòtto ed un torrione secondario alla base del Monviso, si esce in una superiore conca nevosa, da dove appare la bifida insellatura del Colle delle Cadrèghe

Appoggiando a destra, per grandi colate di sfasciumi e possibili lingue di neve dura (attenzione) si risale l’ultimo pendio che conduce all’ampia insellatura del Colle Sud delle Cadrèghe (3131 m, h 2,15 dal rifugio). Verso nord dominano il colle i 5 caratteristici spuntoni rocciosi denominati Cadrèghe di Viso (3190 m), mentre sul versante opposto del valico, oltre una serie di ripiani di sfasciumi, appare l’eccezionale ambiente ghiacciato della parete Nord del Monviso. Attacco.

 

DESCRIZIONE DELLA VIA

Si rimontano verso destra i grandi pendii di sfasciumi alla base della parete Nord-Ovest del Monviso: effettuando una decisa diagonale in salita verso destra, si risale un evidente breve canalino che permette di superare una modesta fascia rocciosa poi, continuando lungo mobili e fastidiosi sfasciumi, si giunge ad una nuova più consistente fascia rocciosa che sovrasta una anticima dominante il Ghiacciaio di Vallànta.

1-2 – Con due tiri di corda da circa 50 m si supera la fascia rocciosa (all’inizio un passo di III° friabile, poi II° e II°+) obliquando leggermente a sinistra ed uscendo nuovamente presso il filo di cresta, dove questa è costituita da sfasciumi e modeste placchette.

Si risale lungamente il largo crestone per detriti e saltini, in direzione dell’imponente Primo Torrione (o Torrione Perotti), un blocco roccioso alto un centinaio di metri che impressiona per verticalità ed imponenza: alla sua sinistra un ripidissimo canalone ghiacciato (Canale Perotti) sale fino al colletto fra il Primo ed il Secondo Torrione. Trascurando il ripido e pericoloso canale, si giunge invece alla base del Primo Torrione, dove sotto una strapiombante fessura rossastra si trova una sosta con due spit e cordone. Qui attacca il tratto tecnicamente più impegnativo dell’ascensione.

3 – Trascurando la difficile fessura sovrastante, si traversa su una buona cengia a sinistra, aggirando lo spigolo del torrione (II°). Si risale quindi una placca fino ad un’altra sosta con cordone e, superato un primo piccolo strapiombetto (III°) si raggiunge la base di una stretta fessura obliqua di 7-8 m. Si risale la fessura, all’inizio leggermente strapiombante (chiodo, passo di IV°), poi un po’ più facile (III°+) fino ad uscire in una piccola nicchia (sosta con cordone, 30 m);

4 – Si monta su un pilastrino a destra della sosta e si esce in piena parete (molto esposto!), risalendo una placchetta fino ad una esigua cengia (chiodo, passo di IV°). Si supera in esposizione il sovrastante strapiombetto (IV°+) e si esce su una spalla rocciosa. Si supera un gradino a sinistra per una stretta e liscia fessura di 3 metri (III°+, scarsi appigli) e si giunge ad un comodo ripiano alla base di un diedrino obliquo (chiodo di sosta, 20 m);

5 – Si risale il diedrino obliquo (IV°, un chiodo) e per una facile placchetta appoggiata si raggiunge una cengia (II°). Si traversa a destra aggirando uno spigolo e, per una esigua cornice espostissima (II°+), si raggiunge il fondo di un impressionante diedro che incide tutta la parete ovest del pilastro (sosta con chiodi e cordone, 30 m);

6 – Dalla sosta si traversa brevemente a destra (II°) per poi risalire una paretina di una quindicina di metri per placche articolate ma scarsamente appigliate (III°+, 3 chiodi). Raggiunta una cengia alla base di una fascia strapiombante, la si percorre verso destra e, aggirato uno spigolo (II°), si sosta su un comodo terrazzo di grossi blocchi (sosta su spuntone, 30 m);

7 – Si percorre la cengia-terrazza rasentando la parete sovrastante (II°) fino alla base di un corto caminetto, che si risale con un passo più impegnativo (III°) fino ad un colletto panoramico. Risalendo le placche a sinistra (II°+) si raggiunge un terrazzino ormai prossimi alla vetta del torrione (50 m, sosta su spuntone);

8 – Si raggiunge lo spigolo sud-ovest del torrione e, per facili rocce (II°) si esce presso la cuspide sommitale. Senza raggiungerla, si traversa verso destra superando in grande esposizione due successive forcelline con blocchi instabili (II°, attenzione!) fino ad un grosso spuntone dove si può sostare (15 m). A sinistra la parete sprofonda nell’impressionante gola ghiacciata del Canale Perotti;

9 Si scende dall’altra parte la cresta gradinata del Primo Torrione (passi di II° in discesa, espostissimo!), raggiungendo una cengia detritica che consente di aggirare, sul lato del canalone ghiacciato, altri due successivi spuntoni (II°, delicato per i detriti mobili), fino alla selletta detritica (o nevosa) al sommo del Canale Perotti, fra il Primo ed il Secondo Torrione (sosta su spuntoni, 30 m);

10 – Dalla selletta si scende leggermente a destra e si raggiunge l’attacco della parete del Secondo Torrione, là dove questa appare più facile: si sale per una prima placchetta fessurata (III°+) fino ad una cengetta sovrastata da una fascia leggermente strapiombante. Si segue la cengetta verso sinistra per circa 7-8 m (III°), quindi si sale verticalmente un breve diedrino (III°+) ed una successiva placca (II°+) fino ad un terrazzino (chiodo di sosta, 35 m);

11 – Si attacca il muretto sovrastante la sosta, piuttosto verticale e con appigli un po’ sfuggenti (III°+), proseguendo poi per placche un po’ più facili (II°+ e III°) fino ad una cengetta alla base di una profonda fessura diagonale verso sinistra, unico evidente punto debole della sovrastante bastionata (sosta con chiodi e cordone, 30 m);

12 – Si sale direttamente sopra la sosta, con un passo delicato (IV°) e ci si porta presso lo spigolo sinistro della fessura (1 chiodo). Si entra a destra nella spaccatura con passo esposto (IV°), quindi la si risale all’interno lungo la sua faccia sinistra, inclinata e costituita da roccia molto lavorata (III°+) fino alla sommità, uscendo su un comodo ripiano presso la cima del Secondo Torrione (sosta con chiodi e cordone, 30 m).

Da qui si continua nuovamente per un lungo tratto per facili placche, sfasciumi o neve (qualche brevissimo ed isolato passo di II°) mantenendosi sempre presso il filo della cresta, finche questa non riprende ad impennarsi, presentando una nuova serie di torrioni. Si aggira un primo gendarme sulla sinistra, per alcune facili ma esposte cornici rocciose a picco sull’impressionante tratto finale del Canale Coolidge (II°, qualche passo di II°+), fino ad una prima forcella di cresta.

13 – Si continua su cenge esposte sempre a sinistra della linea di cresta, si supera un breve caminetto (II°+) e si arriva ad una forcellina. Si scala direttamente il successivo muretto di placche biancastre (all’inizio III°+, poi III°) e si esce su un’altra cengia che traversa in piano poco sotto la cuspide di un gendarme e porta ad un’ennesima selletta alla base di un torrione fessurato (chiodo di sosta, 50 m);

14 – Si raggiunge la base della marcata fessura che incide il torrione (II°+) e la si risale (esposto, III°+, 1 chiodo) fino alla sommità, uscendo su un esiguo terrazzino. Si scala a destra una breve e strettissima scanalatura (passo di IV°) fino all’angusta breccia cui fa capo, da dove con passo difficoltoso si discende (III°) ad una larga cengia di detriti (friabilissimi!) sul versante destro della cresta (sosta su spuntoni, 30 m).

A questo punto si prosegue lungo la cengia, facendo molta attenzione al terreno eccezionalmente friabile (II°, possibile neve), si aggira un successivo spuntone e si giunge nei pressi del canale nevoso che scende dalla forcella fra le due vette del Monviso. Aggirando sulla destra un ultimo torrione, si rimonta una rampa obliqua tendente a sinistra che, dapprima per detriti, poi per placche via via più solide (II° e II°+), consente di raggiungere la cresta sommitale a poca distanza dalla Punta Trieste (3841 m), vetta massima del Monviso, raggiungibile per breve cresta sovente innevata (II°, croce e libro di vetta, h 6,00 – 8,00 dal Colle delle Cadrèghe). Panorama spettacolare!

 

Discesa: dalla Punta Trieste si seguono gli abbondantissimi segni gialli che guidano la discesa lungo la via normale (o Via Mathews). Si scende dapprima un breve tratto della cresta Est (tracce fra gli sfasciumi alternate a qualche passo di II°), quindi si traversa decisamente a destra superando un canale e passando alla base del caratteristico torrione detto Becco d’Aquila (questo tratto è denominato Passaggio della Est, in quanto consente di passare dalla cresta orientale al versante meridionale della montagna). A questo punto si continua la discesa, badando sempre a non perdere di vista i preziosi segnavia gialli, che consentono di orientarsi lungo la vasta parete. Un tratto roccioso si supera attraverso una serie di caminetti (I Fornèlli), non particolarmente difficili (II°+) ma esposti e con possibile presenza di ghiaccio. Continuando a scendere, si superano altri tratti esposti e delicati (passi di II° in discesa) fino ad un ultimo caminetto di 3 metri che deposita su un pendio detritico. Scendendo in diagonale verso destra si raggiunge la base di una parete dalla quale scende una filiforme cascatella, da dove una stretta cengia consente di traversare tutto a sinistra fino al sommo di un ripido pendio detritico che permette di raggiungere, senza altre difficoltà, il piccolo Nevaio Sella, ex ghiacciaio ormai declassato. Il tratto dalla cascata al nevaio è il più a rischio per le scariche di pietre, ed è bene percorrerlo il più velocemente possibile. 

Si discende il nevaio, non molto ripido (tracce), fino al fronte destro della morena dove, fra i detriti, addossato ad una parete rocciosa, sorge il piccolo Bivacco Andreòtti (3221 m, h 1,45 dalla cima). Da qui un tratto in ripida discesa su sfasciumi conduce al più corposo Ghiacciaio del Viso, racchiuso alla base del grande anfiteatro roccioso tra le pareti Sud del Monviso e del Viso di Vallanta. Una marcata traccia scende lungo il piccolo ghiacciaio fino alla morena frontale: risalitala brevemente verso sinistra, se ne raggiunge il culmine presso un grosso ometto di sassi. 

Si scende con alcuni tornanti fra i detriti e si raggiunge un piccolo altipiano costituito da grandi massi, dove si trova un bivio: si seguono i segnavia gialli verso destra, che con qualche saliscendi attraversano il tavolato e ne raggiungono il ciglio, in vista di un laghetto sul fondo del Vallone delle Forciollìne. Con gran numero di ripidi tornanti la traccia discende il pendio petroso, supera nei punti più convenienti un paio di bassi risalti rocciosi () e giunge sulle sponde del piccolo laghetto. Si prosegue a destra sul fondo del vallone, fra grossi blocchi, fino al sottostante grande Lago delle Forciollìne, che si contorna a sinistra per una esposta cengia a picco sul lago stesso (corde fisse). Risaliti brevemente sulla sponda occidentale del lago, si raggiunge in pochi passi l’accogliente Bivacco Boarelli alle Forciollìne (2800 m, h 1,15 dal Bivacco Andreòtti, possibilità di pernottamento). 

Dal bivacco ci sono due possibilità per ritornare a valle:

a - lungo la Gola delle Forciollìne: una traccia marcata con segni gialli (indicazioni presso il bivacco) continua sul fondo del vallone fino a dove questo diventa stretta gola rocciosa. Con malagevole percorso (tratti di corde fisse) la traccia discende tutta la gola e raggiunge la mulattiera sul fondo del Vallone di Vallànta presso le Grange del Rio (h 2,15 dal Bivacco Boarelli);

b - per il Bivacco Berardo: dal Bivacco Boarelli una traccia segnalata traversa verso destra il grande ripiano roccioso sul fondo del vallone, passa per alcuni pittoreschi laghetti e, con brevi saliscendi per vallette ricolme di sfasciumi (qualche facile passo di , corde fisse), raggiunge un’ampia insellatura ad est della vetta della Guglia delle Forciollìne. Scesi in una conca dove giace un piccolo laghetto (asciutto al termine dell’estate) ai piedi delle imponenti pareti delle Rocce di Viso, si continua a traversare un pendio di grossi massi, alti sul sottostante Vallone di Vallànta, fino alla piccola selletta dove sorge il Bivacco Berardo (2710 m, h 1,15 dal Bivacco Boarelli). Da qui un sentiero, con infinita serie di ripidi tornanti, dapprima per erba e detriti, poi in uno splendido lariceto, scende fin sul fondo del Vallone di Vallànta andando ad incrociare la traccia proveniente dalla Gola delle Forciollìne poco prima delle Grange del Rio (h 1,20 dal Bivacco Berardo).

A questo punto, seguendo la larga mulattiera di fondovalle, si ritorna a Castello di Pontechianàle (h 0,45).

 

TEMPO TOTALE

h 8,00–10,00 dal rifugio alla cima, altre h 6,00–7,00 per la discesa a valle

DISLIVELLO

700 m circa dal Colle delle Cadrèghe, 1400 m circa dal Rifugio Vallànta

DIFFICOLTA’

D-/D (a seconda delle condizioni)

MATERIALE UTILE

chiodi, nut e friend, cordoni, 2 mezze corde da 50 m, casco, alcuni rinvii, piccozza e ramponi di scorta

ULTIMO SOPRALLUOGO

21 agosto 2011

PERIODO CONSIGLIATO

luglio - settembre

COMMENTI

Grande via alpinistica, impegnativa per quota, lunghezza e difficoltà di alcuni passaggi. Già impegnativa in condizioni ottimali, in caso di ghiaccio diventa ancora più delicata. Molta attenzione è richiesta a causa dell’estrema friabilità del terreno, specie nei tratti di sfasciume. Qualche passaggio fortemente esposto, generalmente però sufficientemente chiodato. Molto impegnativo e lungo anche il ritorno, assolutamente da non sottovalutare (se non si è molto molto allenati, è opportuno prevedere un pernottamento in uno dei bivacchi, Andreòtti o Boarelli). Veramente un’impresa da ricordare!