Dallo
slargo si segue a ritroso la strada asfaltata per poche decine di metri,
per imboccare una rampa cementata che sale a destra. Proseguendo su una
ripida rude carrareccia si guadagna la sommità di un costone (traliccio),
quindi si prosegue pressoché in piano fra arbusti e coltivi. Con una
breve discesa si raggiunge un piccolo piazzale al termine di una stradina
asfaltata proveniente dalla borgata Vallone
(località Crosa). Si prosegue
lungo l’evidente carrareccia sterrata a destra, in moderata salita (radi
segnavia ◆
e ++).
Lasciata dopo poche decine di metri una diramazione a sinistra, che scende
al cimitero, si prosegue a destra sulla carrareccia principale, che
rimonta un poco marcato costone fra boschi e uliveti: questo costone darà
la dirittura per la prima parte della salita. Più avanti, ad un nuovo
bivio, si sceglie ancora la carrareccia di destra, che prende quota con un
ampio tornante. Lasciata poco dopo la carrareccia principale, si prende a
destra una
sconnessa diramazione in salita indicata dai segnavia: dopo
poche decine di metri la si abbandona per seguire a sinistra (segnavia ◆
poco visibile) una
ripida e labile traccia che si inerpica fra gli arbusti, fino
ad incrociare nuovamente la carrareccia nel punto in cui ritorna sul filo
del costone con un ampio tornante. Visto l’attuale stato di pulizia di
questa e delle successiva scorciatoie segnalate, con gli arbusti spinosi
che spesso impediscono il passo, si consiglia in ogni caso di seguire
integralmente il percorso della carrareccia, leggermente più lungo ma
nettamente più agevole. Con
lungo percorso nel bosco, a dire il vero un po’ monotono, la
carrareccia continua a salire, mantenendosi preferibilmente sulla sinistra
del costone: molto più in alto, raggiuntone nuovamente il filo, dopo un
secco tornante la carrareccia termina. Dei due sentieri che proseguono si
segue quello di destra (segnavia ◆)
che, dopo una breve salita, traversa pianeggiante a destra nel fitto bosco
di conifere fino ad intercettare un marcato sentiero segnalato che sale da
Menosio (frazione di Arnasco). Seguendolo
a sinistra, in faticosa salita, si supera un ripido tratto
assai rovinato dal dilavamento, uscendo su una
spalla erbosa ormai in vista del crinale principale
Arroscia-Pennavaira. Seguendo i rari segnavia ◆ sulle rocce affioranti, si
sale senza traccia per ampi prati inclinati fino ad intercettare una
marcata carrareccia pianeggiante proveniente da Menosio che traversa poche
decine di metri sotto il crinale (ometti nel punto in cui si raggiunge la
carrareccia, utili soprattutto al ritorno). Seguendo la comoda carrareccia
verso sinistra (segnavia △),
con un
breve tratto in salita si giunge all’ampia insellatura
erbosa sul crinale Arroscia-Pennavaira (825 m, h
1,45 da Castellaro), aperta tra
il Montenero (867 m, a Est) ed
i contrafforti del Monte Pendino
(923 m, a Ovest). Si apre la vista sull’opposto
versante della Val Pennavaira, con le frazioni e le falesie di Castelbianco ai piedi del Monte Alpe.
Qui,
presso un piccolo ometto di pietre, si abbandona la carrareccia che
prosegue sul crinale (da cui si giungerà al ritorno) per seguire un
marcato sentierino in leggera discesa che si abbassa sul lato Pennavaira:
mancano indicazioni, ma questo è l’inizio
del Sentiero dei Giganti.
Il
sentiero, marcato e segnalato con abbondanti bolli rossi, taglia
inizialmente in lenta discesa alla base di un
verticale appicco roccioso sormontato da un traliccio poi,
lasciata a destra una diramazione che scende ripida verso il fondovalle,
prende a traversare con numerosi saliscendi alla base delle bastionate
rocciose, che si fanno via
via più selvagge ed imponenti. Con interessante percorso il
sentiero si snoda tagliando per ripidi pendii boscosi, costoni
e cenge rocciose, con passaggi sempre facili ma in ambiente
selvaggio ed impressionante. Oltre un severo anfiteatro roccioso,
sovrastato da pareti strapiombanti che nulla hanno da invidiare a quelle
delle Dolomiti, si raggiunge un
cartello in legno che segnala la presenza dei resti di
un’antica fornace
da calce (Fornace di
calce dei Giganti, anno 1850, h
0,30 dalla sella 825 m). Queste
fornaci, assai diffuse un tempo nei pressi degli affioramenti calcarei,
erano costituite da una camera cilindrica scavata nel terreno con pareti
in materiale lapideo, in cui venivano introdotti il materiale roccioso e
la legna che serviva da combustibile. La “cottura” prolungata ad alta
temperatura (800-1000° per 6-8 giorni) della roccia calcarea (costituita
da carbonati di calcio) liberava anidride carbonica e originava l’ossido
di calcio (calce viva), materiale ancor oggi normalmente utilizzato
nell’edilizia.
Proseguendo
lungo il sentiero, si raggiunge poco dopo la sommità di un piccolo
risalto, che si scende facilmente ma con attenzione seguendo
i segnavia (pochi metri di I°
grado), quindi si
costeggia uno strapiombo giallastro con
piccola grotta, raggiungendo un impluvio boscoso. I più
recenti bolli rossi risalgono per breve tratto il letto asciutto di un rio
fino ad una presa dell’acquedotto, poi riprendono a tagliare verso
destra andando ad intercettare nuovamente la marcata traccia del sentiero,
che senza raggiungere la presa dalla base dell’impluvio proseguiva nel
traverso verso destra. Superato un tratto con frequenti lastronate
calcaree, che consentono scorci
assai interessanti verso la Val Pennavaira ed il Monte Galero,
si aggira un ultimo costone, affacciandosi così sull’ampio
e selvaggio vallone fra Monte Nero e Castellermo. Da questo
punto il sentiero diventa una malagevole traccia che, seppur sempre
riconoscibile, richiede un po’ più di attenzione e di passo sicuro. Con
un lungo traversone pianeggiante si raggiunge un’evidente cengia
rocciosa (buon punto panoramico), quindi si prosegue in leggera salita alla
base delle rocce del versante nord-ovest Monte Nero. In
alcuni tratti i segnavia rossi sono stati inspiegabilmente cancellati con
vernice grigia, ma il percorso rimane sempre individuabile abbastanza
facilmente. Raggiunto l’ampio vallonetto che fa capo alla soprastante
Colla di Curenna, lo si risale con ripidi tratti di faticosa salita:
impressionanti vedute a sinistra sulle guglie rocciose del Giardino
di Monte Nero, con
i vertiginosi canaloni e i pinnacoli in incredibile precario
equilibrio. Nell'ultimo tratto la pendenza diminuisce un po’ e, per
gli ultimi prati, si supera un recinto in legno e si giunge
all’insellatura boscosa della Colla
di Curenna (885 m, h
1,15 dalla fornace da calce). Qui termina il Sentiero dei
Giganti. L’insellatura è uno dei punti d’osservazione privilegiati
sulle strutture rocciose del Giardino di Monte Nero, una delle storiche
palestre di arrampicamento della Liguria di ponente.
Dalla
colla si segue verso sinistra (Est) il marcato sentiero segnalato con il △:
questo, entrato nel bosco, si mantiene inizialmente in quota sul versante
Arroscia fino ad un bivio. Qui
si segue il ramo di sinistra, che riprende a salire con alcune
ampie svolte fra gli alberi. Raggiunta la spalla a monte del Giardino (bella
veduta sul Monte Castellermo), con un ultimo breve strappo si
giunge sul bordo dell’ampio tavolato sommitale del Monte Nero. Con
percorso pressoché pianeggiante si giunge in una radura fra gli alberi,
dove sorge il
piccolo ometto di pietre che indica la sommità del Monte
Nero (981 m, h
0,20 dalla Colla di Curenna).
Sempre
seguendo i segnavia, si percorre l’ampio crinale, fra
prati e macchie di alberi, con alcuni begli scorci sul versante
Arroscia. Con un tratto di discesa, su terreno più aperto, si giunge ad
una prima insellatura, con belle
vedute sui torrioni del versante settentrionale. Aggirato
un dosso, si scende più decisamente ad un’ampia sella fra
arditi pinnacoli, da dove con
breve risalita si guadagna la sommità del Monte
Pendino (923 m, centralina meteorologica sulla vetta, h 0,30 dal
Monte Nero), che precipita con impressionanti dirupi verso la Val
Pennavaira. Splendida
vista sulla città di Albenga e la sua piana.
Con
veloce discesa su una rude e ripida carrareccia sul filo del crinale si
ritorna nuovamente alla sella 825 m,
dove inizia il Sentiero dei Giganti (h
0,10 dal Monte Pendino).
Di
qui, seguendo a ritroso il percorso dell’andata (fare attenzione ad
individuare il punto giusto in cui abbandonare la carrareccia sul crinale
e scendere per i prati fino alla spalla erbosa sottostante, dove si
ritrova il sentiero marcato e segnalato), si ritorna a Castellaro
e alla macchina (h 1,30 dalla sella 825 m).