Dalla
borgata
De Costanzi (fontana), caratteristica per la fila di antiche
case con belle balconate di legno parallele alla strada, si prosegue
lungo la carrareccia sterrata (ma con fondo molto buono) che si porta
alla ramificata testata del vallonetto del Rio Crosa. Con diversi dentro
e fuori per superare alcuni rii secondari, la stradina si allunga poi
con un lungo traverso in lievissima salita alla base delle roccette
della Costa Gerarda: doppiata la costa, si incontra il bivio con il
tronco di carrareccia che sale, con lunghi tornanti, dalla sottostante borgata
Campiglione (1714
m, visibile in basso adagiata in una conca solatia, paline).
Bella veduta sull’incombente piramide del Monte
Chersogno, che domina il balcone naturale delle Grange
Chiotti. Trascurato questo ramo, si prosegue per la rotabile principale
che taglia a mezza costa ripidi pendii prativi raggiungendo la testata
del vallonetto denominato Comba dei Giunchi. Tagliata la testata del
vallonetto e superati un paio di rii (bella cascatella a monte della
strada), la stradina sale più decisamente attraverso un boschetto di
larici, quindi effettua alcuni ampi tornanti su ondulati pendii erbosi.
Aggirata un’antica
grangia, con un ultimo tornante la carrareccia si affaccia
sulla splendida balconata erbosa dove sorgono i casolari delle Grange
Chiotti (2020 m, h 0,45 da De Costanzi). Nella prima
grangia sulla destra è stata realizzata la “Capanna Sociale Franco Ellèna”, rifugio incustodito di proprietà
della sottosezione di Dronero del CAI di Cuneo. Bellissimo panorama
sull’intero svolgimento del sottostante Vallone di San Michele, sul
Vallone di Màrmora (sull’altro versante della Val Màira) e sulla
pianura piemontese. Alle spalle, domina la scena il severo versante
Sud-Est del piramidale Monte Chersogno (3026 m), mentre la lunga
costiera che va dal Monte Le Brune al Monte Ruissàs, tormentata da
canali erbosi e paretine rocciose, costituisce lo spartiacque con gli
attigui valloni di Verzio e del Rio Mollasco.
Si
prosegue lungo la comoda carrareccia in moderata salita, a valle delle
pittoresche grange (in gran parte ristrutturate ed utilizzate nella
stagione estiva) fino ad un ampio tornante: da qui si origina una quasi
impercettibile traccia da cui si giungerà al ritorno. Proseguendo
invece ancora sulla carrareccia, si guadagna quota a monte della
spianata delle grange fino ad una
palina di legno che indica a sinistra lo stacco del “Sentiero
dei Pastori” (h
0,15 dalle Grange Chiotti).
Abbandonata
la carrareccia, si segue dunque a sinistra una labile traccia sugli
ondulati pendii erbosi discendenti dalla base delle pareti del Monte
Chersogno. La traccia è assai poco marcata, e spesso scompare tra
l’erba: assai utili risultano i bolli di vernice
, in questo tratto rinfrescati di recente. Con salita non
troppo ripida si guadagna quota piuttosto velocemente in una poco
marcata valletta erbosa: oltre un
poggio con antichi muretti in pietra a secco, si rimonta
l’ultimo pendio fino alla base delle rocce: qui, in un
anfratto roccioso, sgorga la Fonte Rosset (h
0,30 dall’inizio del sentiero, spesso in secca a fine
stagione).
Da
qui si prosegue verso sinistra, tagliando con un
panoramico mezza costa in lieve salita la testata del
valloncello precedentemente risalito con pittoresco percorso fra radi
larici fino alla sommità del costoncino erboso che delimita il
valloncello stesso. Ci si affaccia così su un
ampio vallone erboso tributario della profonda e ramificata Comba
del Verous, occupato sul fondo da una piccola pietraia. Senza
scendere nel vallone, si prosegue in leggera costante salita a destra,
mantenendosi inizialmente poco al di sotto del filo del costone: per
tracce qui molto labili (anche i bolli di vernice per un tratto
scompaiono) ci si dirige verso la testata del vallone, chiusa da grandi
salti di roccia incisi da ripidi canali erbosi. Raggiunta la base delle
rocce, si ritrovano anche i bolli ed una freccia di vernice, che indica
di proseguire lungo
una larga cengia erbosa a sinistra di un pilastro verticale.
Si rimonta la ripida cengia, ampia ma via via sempre più esposta
(attenzione): raggiunto un anfratto sotto una parete aggettante, si
risale uno speroncino con l’aiuto di una
corda fissa (EE).
Continuando a salire per terreno via via più ripido ed esposto (molta
attenzione specie in caso di bagnato!), si guadagna velocemente quota: un
breve traverso a sinistra su ripidissima erba è nuovamente
attrezzato con un sottile cavo d’acciaio (EE).
Il panorama, intanto, si
amplia sempre più, specie sull’opposto versante della Val
Màira, dove oltre la dorsale Rocca la Meja-Becco Grande appaiono
gradatamente le creste del Gelàs, dell’Argentèra e del Monte Matto.
Giunti alla base di una
vertiginosa spaccatura verticale, si traversa a sinistra fino
alla base di un ripido caminetto erboso attrezzato con corda fissa: superato
anche questo passaggio (I°
grado), con alcune ampie svolte su un ripido pendio erboso si esce
su di un’insellatura erbosa dominata
in alto da un giallo torrione (h
0,45 dalla Fonte Rosset, paletto) che si affaccia su un
erto ampio canale erboso discendente da un sovrastante
colletto.
N.B.: una
palina di legno su un roccione poco sopra l’insellatura (non
facilissima da notare, in verità) indica la possibilità di raggiungere
la Barma d’las Cholhas
(letteralmente “grotta delle cornacchie”): con una decina di minuti
di ripida e faticosa salita per erto pendio erboso, si arriva
all’imboccatura della grotta, situata nella parete rocciosa
immediatamente a sinistra dell’evidente torrione giallo. La cavità,
una sorta di antro piuttosto ampio, nel passato era conosciuta ed
utilizzata come ricovero di fortuna dai pastori locali.
Seguendo
i bolli di vernice, si traversa su erba verso il centro dal canalone,
che si raggiunge con un breve tratto attrezzato su roccette scagliose (EE,
attenzione al cordino metallico, molto lasco!). Superata una lingua di
fini detriti al centro del canalone, lo si traversa con ampio
semicerchio fino
alla sponda opposta, dove si imbocca una ripida cengia erbosa
che taglia una verticale parete rocciosa. Si giunge così su un’ampia
spalla erbosa, da dove appare l’ampia depressione del Colle
Ruissàs (2677 m), alla testata di
un nuovo ripido valloncello. Superati i resti di un gias, si
prosegue ancora a mezza costa, tagliando pressochè in quota la testata
di questo nuovo avvallamento e rimanendo un centinaio di metri circa al
di sotto del colle. Raggiunto un ripiano di erba e massi proprio in
corrispondenza del sovrastante Colle Ruissàs, si taglia un ripido
pendio petroso alla base di alcune verticali paretine (in questo tratto
i bolli di vernice sono molto distanti e poco visibili), toccando una
nuova ampia insellatura di detriti a magra erba (ometto) al piede della erbosa
cresta Sud-Est del Monte Ruissàs: a
fianco del Monte Chersogno, appare la cuspide del Monviso. Ci
si affaccia così su un
nuovo ripidissimo vallone, che viene nuovamente tagliato alla
sua testata con un traversone dapprima in lieve discesa, poi in
costante salita, fino ad uscire su di un’ultima
ampia sella erbosa (2650 m ca., h
0,45 dalla sella dominata dal giallo torrione, palina) che si
affaccia sulla testata del Vallone
delle Grange, tributario della conca di Ussòlo. Si apre
improvvisamente il panorama sul massiccio del Monte Oronaye, che
troneggia dominante sulla conca di Acceglio, e su tutto lo svolgimento
del pittoresco
Vallone di Unerzio, proprio di fronte sull’altro lato della
valle. Verso Sud svetta la
cuspide di Rocca la Meja.
Qui,
a dispetto della palina che indica la direzione di discesa, i bolli e le
tracce spariscono: bisogna quindi calarsi per i ripidissimi pendii
erbosi in assenza di tracce, con attenzione ed un po’ di fatica per le
ginocchia. Per un breve tratto compare, a destra, l’aguzzo Brec de
Chambeyròn. Si deve tendere gradatamente a destra, in direzione
dell’evidente sottostante ripiano pascolivo di Pianagnelier, situato
nei pressi del crinale divisorio Rio delle Grange – Rio Mollasco.
Oltre il tratto più ripido, ricompaiono a tratti tracce di passaggio,
spesso confuse con quelle degli animali al pascolo, e anche qualche
bollo sulle poche pietre emergenti. Continuando a scendere in diagonale,
si giunge presso alcune paline segnaletiche ormai all’inizio del
ripiano di Pianagnelier
(2300 m ca.): trascurando la prosecuzione delle tracce verso Acceglio,
si svolta decisamente a sinistra per proseguire su una traccia
inizialmente confusa che traversa pressochè pianeggiante gli ampi e
ripidi pendii erbosi alla testata del Vallone delle Grange.
N.B.:
all’epoca del mio sopralluogo (settembre 2015), le paline di
Pianagnelier risultavano mal
posizionate e ruotate, fuorviando così l’escursionista
sulla giusta direzione da seguire!
Con
poco significativi saliscendi, la traccia sempre più evidente taglia
alcuni ripidi vallonetti (acqua), quindi con un traversone in salita più
accentuata giunge
su un costone erboso. Continuando praticamente in piano fra
erba e massi, la traccia conduce presso l’imbocco di una gola rocciosa
che incide un costone fratturato (resti di muri a secco). Scesi in una
piccola conca ai piedi delle rocce, si
risale dall’altra parte la breve gola per facili roccette
fino al colletto, inciso fra paretine verticali, chiamato “Porta
di Roma” (2333 m, h
1,00 dalla sella erbosa sopra Pianagnelier, palina). Questo
provvidenziale colletto consente un veloce passaggio fra il Vallone
delle Grange e i pascoli alti della conca di Ussòlo, che altrimenti
richiederebbe un lungo aggiramento con notevoli perdite di quota.
Dall’altra
parte si scende lungo una traccia che serpeggia ripida fra blocchi
rocciosi e piccoli salti (attenzione, EE).
Disceso
questo ripido tratto le tracce, che si fanno nuovamente
piuttosto labili, tagliano a mezza costa il ripido pendio alla base di
verticali paretine, dominando dall’alto l’ampissima conca pascoliva
delle Capanne Chiot dei Prèivi e delle Grange
Chiampolonuto e Pissiva,
queste ultime visibili in basso su un costone pascolivo. Con lungo
percorso a saliscendi, in qualche tratto infastidito dal friabile
terreno e dalla traccia non molto marcata, si
giunge ai pascoli erbosi poco sotto la sommità del Monte
Chirlè (2315 m). Continuando il semi-pianeggiante traverso a mezza
costa, per tracce assai discontinue, si taglia poco sotto la sommità
del Monte Chirlè e si giunge ad una nuova ampissima sella erbosa (2240
m ca.) tra il Monte Chirlè stesso e la Rocca Narbena. Qui altre
paline in legno indicano a destra la possibilità di discesa
verso Ussòlo (attraverso le sottostanti Grange Pissiva e
Chiampolonuto), mentre la freccia del “Sentiero dei Pastori” indica
di proseguire oltre il colletto. Va da sé che oltre il colletto tracce
non se ne vedono, così come bolli segnavia, e qualche dubbio insorge:
bisogna comunque, persa una quindicina di metri di quota, traversare
decisamente verso sinistra. A questo punto si ritrovano
tracce e bolli (comunque sempre piuttosto labili) che, in costante
traverso alti sopra un valloncello erboso tributario della Comba dei
Duc, scendono infine ad una successiva vasta depressione erbosa (2100 m
ca., h
0,45 dalla Porta di Roma) che si apre fra il Monte Chirlè ed
il modesto cocuzzolo del Monte Barsi (2127 m). Questa insellatura, su
cui sorge un paletto, consente il passaggio dalla Comba dei Duc al
profondo ed ampio vallone della Comba
del Verous.
Seguendo
evidenti segnavia sugli alberi, si inizia a scendere ripidamente in
diagonale verso sinistra, in un bosco misto di larici e ontani che si fa
via via più fitto ed intricato. Oltre un tratto di ripida discesa
infastidito dalle acque scorrenti, si incontra un bivio (palina):
trascurato il sentiero che continua a scendere in direzione della
borgata Campiglione, si continua a sinistra, iniziando un faticoso
saliscendi fra bosco intricato, su tracce che a tratti si fanno labili e
confuse (preziosi si rivelano, in più punti, i bolli di vernice).
Tagliati alcuni rii, si raggiunge un ripiano in cui la vegetazione
nitrofila indica frequente presenza di bestiame al pascolo:
all’estremità opposta del ripiano, con un po’ di pazienza, si
ritrova la traccia, che scende in diagonale verso sinistra in direzione
di un albero abbattuto (bollo
che rassicura sul giusto percorso). Continuando a traversare in
saliscendi l’ampia testata della Comba del Verous, si tagliano altri
rii (in qualche punto va posta attenzione per le rocce scivolose o la
ripidezza della traccia), raggiungendo quindi un ripiano con massi ormai
sul versante a solatio (e quindi nuovamente pascolivo, senza vegetazione
arborea) della comba. Con un nuovo tratto di faticosa salita lungo un
costone erboso si guadagnano una trentina di metri d quota, quindi si
riprende a traversare i ripidi pendii pascolivi su tracce spesso
incerte. Aggirato un costone erboso, ci si affaccia su un ulteriore
valloncello. Nei pressi di alcune rocce (vecchio serbatoio per
l’acqua), le tracce e i segnavia scompaiono ancora una volta:
risalendo leggermente (circa 20 m) dal serbatoio, si va a prendere un
sentiero che appare in alto a sinistra, e che taglia con evidenza il
successivo versante. Superato un breve tratto in frana (attenzione), il
sentiero doppia un ultimo costone, dal quale appaiono finalmente vicine
le Grange Chiotti. Dall’altra parte si discende un breve risalto
roccioso per roccette gradinate (EE),
quindi si continua orizzontalmente alla base di basse paretine rocciose,
al limite superiore di un ripidissimo lariceto. Una breve discesa porta
a superare un ultimo rio, quindi in pochi passi si sale a intercettare
la carrareccia percorsa all’andata all’altezza del primo tornante
sopra le Grange Chiotti (h
1,15 dalla sella di quota 2100 m ca.).
Da qui, seguendo in discesa la comoda carrareccia
sterrata, si ritorna alla borgata De Costanzi (h 0,50 da dove si ritrova la strada).