Celle di
Macra, come diversi altri comuni della Val Máira, è costituito da
numerosissime frazioni (ben 18) adagiate sulle coste a solatio
dell’omonimo boscoso vallone, che sfocia sulla destra idrografica
della valle principale nei pressi di Macra. Il territorio di Celle
ospita alcune importanti opere d'arte, fra le quali di valore assoluto
è il Polittico
della parrocchiale
di San Giovanni Battista. Datato 1496, è opera del
pittore fiammingo Hans Clemer, detto il Maestro d'Elva, attivo alla
Corte dei Marchesi di Saluzzo a cavallo fra i secoli XV° e XVI°. Si
compone di cinque tavole: in quella centrale è raffigurata la Madonna
con il Bambino sulle ginocchia, ai lati, a figura intera, sono disposti
i Santi Paolo, Pietro, San Giovanni Evangelista e Giovanni Battista.
Altri Santi sono rappresentati a mezzo busto e in tondi, unitamente
all'Annunciazione. Raffigurato pure il parroco don Giovanni Forneris di
Piasco, committente dell’opera.
Caratteristica
tra la popolazione è stata la professione di acciugaio ambulante (anciuè).
Sviluppatasi nell'Ottocento quale integrazione delle attività agricole
(ma secondo alcuni risalente a più antiche immigrazioni di origine
spagnola), essa vide i cellesi percorrere dal tardo autunno fino alla
primavera le strade di Piemonte e Lombardia (ma non solo) con carretti a
mano, offrendo il pesce conservato sotto sale: un'attività stagionale
che si trasformò progressivamente in permanente. Il Museo Multimediale
dei mestieri itineranti, sito nell'ex Chiesa di San Rocco e
specificamente riferito agli "anciuè", è preziosa
testimonianza di questo passato.
Dalla
piazzetta antistante la parrocchiale in borgata
Chiesa (1270 m) si prende una
stradina che scende di fianco al muraglione che sostiene il
terrapieno della piazza stessa, a lato di una casa ristrutturata
(nessuna palina indicativa). Dopo poche decine di metri la stradina
svolta a destra e diviene vecchia mulattiera (segnavia GTA e PO): con
veloce discesa nel bosco, si lascia a destra una
diramazione per Ansoleglio e Pian della Colla (palina) e si
giunge alle
case e alla cappella
della borgata Paschero (1189
m, h 0,10
da Chiesa). Nella borgata si trovano abitazioni assai antiche, specie
nella parte a valle dell’abitato. La cappella, con ampio
portico sulla facciata a grazioso campanile, è dedicata alla
Natività della Vergine Maria. Sulla facciata di un’antica abitazione
è ancora visibile un pregevole affresco di Giors Boneto da Paesana,
pittore itinerante ottocentesco assai attivo in queste zone. Un tempo
nella frazione erano presenti un’osteria ed un negozio di alimentari e
tabacchi.
Costeggiata
in discesa la facciata della cappella, si
prosegue a destra per una stradina che in breve riporta sulla
strada asfaltata presso un tornante. Si scende lungo la strada per
alcune decine di metri quindi, in corrispondenza di una diramazione a
sinistra da trascurare, si prende una mulattiera che scende nel prato
sottostante (palina
per Macra e Bassura). Incassata fra
vecchi muretti a secco, la mulattiera scende con decisione,
incrociando nuovamente la strada asfaltata: attraversatala,
si prosegue in discesa sulla mulattiera, che sfiora subito un tabernacolo.
Poco oltre si incontra una grossa croce
in pietra, in corrispondenza di un bivio (paline): trascurato
il poco evidente ramo di destra, che scende direttamente a Bassura, si
prosegue a sinistra nel fitto bosco e, con una ripida diagonale, si
raggiungono le prime case della borgata
Mattalia (1099 m, h
0,15 da Paschero).
Attraversata
la strada asfaltata, si scende lungo una
stradina erbosa fra le case (segnavia bianco-rossi). Con
alcuni zig-zag si scende fino ad una moderna
fontana in pietra, quindi si prosegue in diagonale verso
sinistra fino ad un
nuovo gruppo di antiche case ristrutturate. Giunti alle case,
si
segue un sentiero a sinistra che traversa in lieve discesa
nella boscaglia e raggiunge le poche case della borgata
Rio (1006 m, h
0,15 da Mattalia). La minuscola borgata, completamente
abbandonata, è costituita da antiche
case di origine medievale con passaggi coperti, monofore e
colonne rotonde. Il toponimo è un chiaro riferimento alla sua
posizione, sulle rive del Bedale Tibert. Poco discosti dalla borgata,
risalendo lungo il torrente sulla sponda opposta alla strada che conduce
a Ugo e Albornetto, si trovano i due forni da calce meglio conservati
della valle. Si tratta di costruzioni seminterrate in pietra a pianta
circolare che si restringono verso l'alto, lasciando una larga apertura
sulla cima.
Attraversata
la piccola borgata, si lascia a sinistra la poco evidente deviazione per
i forni da calce (palina) e si supera quindi il Bedale Tibert su un ponte, andando ad intercettare la stretta
stradina asfaltata diretta ad Albornetto e Ugo (paline). Si segue la
stradina verso destra, in lieve discesa, innestandosi dopo pochi metri
nella strada asfaltata principale. Si continua a sinistra, sempre in
discesa, per alcune decine di metri, per imboccare a sinistra un
evidente sentiero in salita che si inoltra nel bosco (paline
e segnavia GTA e PO). Con breve salita si raggiunge il caratteristico Pilone
del Rio. Nonostante il nome, non si tratta di un semplice
pilone sacro, ma di una costruzione più articolata: ad un classico
pilone con immagini
sacre affrescate (risalenti alla metà del XVIII° secolo e
realizzate da tal Giuseppe Gauteri) si aggiunge un ampio portico
sorretto da colonne in muratura, sotto il quale transita il sentiero.
Oltre
il pilone, il sentiero prosegue a mezza costa nel bosco misto di faggi e
conifere, in ambiente
ombroso e fresco. Tralasciata a sinistra una diramazione
diretta alla borgata Ugo (palina
in legno), il sentiero continua lungamente con
scarsi saliscendi, tagliando le basse pendici del Monte
Vierme. Lasciate poco sotto il sentiero le dirute case di Chiottetto, si
prosegue ad aggirare la costa boscosa, entrando nell’impluvio del
Bedale Intersile. Con percorso pressoché pianeggiante, il sentiero
supera un nuovo pilone
simile, per tecnica costruttiva, al Pilone del Rio, quindi esce dal
bosco e va ad intercettare
una stradina asfaltata che, in poche decine di metri,
raggiunge il ponte sul Bedale
Intersile subito a valle della borgata
Combe (1063 m, h
0,40 da Rio). Situata lungo l’impetuoso Bedale Intersile,
Combe è caratterizzata dalla presenza di numerosi mulini: nel suo
territorio in passato se ne contavano ben dodici, anche se di alcuni di
essi oggi non v’è più traccia. Alimentati da un canale artificiale
(oggi scomparso) che prelevava l’acqua del torrente un centinaio di
metri a monte della borgata, venivano utilizzati per svariati scopi:
macinazione del grano saraceno e della segale, macerazione della canapa,
forza motrice per la lavorazione dei metalli. All’ingresso della
borgata, presso l’edificio
dell’ex mulino Gertosio, sono allineate numerose antiche
macine in pietra. La cappella
al centro dell’abitato, dalla bella
facciata affrescata da Francesco Agnesotti nel 1911, è
dedicata a San Martino.
Con
un ampio tornante la strada si inoltra nella borgata: lasciata a
sinistra la diramazione per il Colle Intersile, si
prosegue di fianco alla cappella, uscendo presto
dall’abitato. Con breve salita su carrareccia, si giunge al piccolo
parcheggio a valle della borgata
Sagna (1098 m, h
0,10 da Combe). Il toponimo indica un luogo con presenza di
risorgive d’acqua nel terreno (dal tardo latino sagna, occitano
sanha). Un tempo nella borgata era presente una gabella, cioè un
ufficio per l’amministrazione e la riscossione dei dazi. Nella zona di
Sagna detta rouera/raiera, situata verso Albaretto, c’erano dei
terreni un tempo coltivati a vite con cui si produceva la Pichëtta/Piqueta,
un vino locale dal gusto particolarmente aspro.
Attraversata
anche questa borgata,
presso un pilone si
segue una mulattiera che risale a sinistra il ripido pendio a
monte dell’abitato con alcuni tornanti. Trascurando un paio di
diramazioni a destra, il sentiero (dal fondo sconnesso) risale con
numerose svolte un ripido vallonetto, rinserrato fra
verticali pareti rocciose. Con un
traverso verso destra si giunge su un panoramico poggio, su
cui sorge un pilone
votivo. Proseguendo pressoché in piano nel bosco, si passa a
monte di una grande casa abbandonata (all’interno della quale si
possono notare ancora alcuni vecchi oggetti e persino alcune
scarpe!) e si raggiunge una carrareccia inerbita (paline).
Seguendola in lieve salita, si giunge alle dirute abitazioni di Chiatignano
(1184 m, h 0,30 da Sagna). Entrando nella
borgata, si nota subito come essa sia ormai completamente disabitata
ed in
rovina: le numerose case (alcune di
notevole imponenza) dimostrano come un tempo la borgata fosse
invece densamente popolata. Così come il mestiere caratteristico dei
cellesi era l’acciugaio, Albaretto (di cui Chiatignano è frazione) fu
terra di bottai (cibriers): in
autunno essi si recavano in Langa, in Monferrato ed in Liguria per
prestare la loro opera nella costruzione di botti, tini, barili e
torchi.
Lasciata
la borgata a destra, si prosegue per la carrareccia inerbita
che con un tornante si porta a
monte dell’abitato. Con un traversone in moderata salita
nel bosco (trascurando a destra un sentiero che scende verso Macra e
Camoglieres) si giunge ad un nuovo tornante, ai piedi del poggio
dove sorge l’antica chiesa parrocchiale di Albaretto.
Abbandonata la carrareccia, si segue un sentiero a destra (palina) che
con ripida ma breve salita giunge sullo spiazzo
antistante la chiesa (1284 m), dove si ritrova la
carrareccia. La chiesa parrocchiale di Albaretto, dedicata a Santa Maria Assunta,
risulta già citata in un atto del 1386, anche se profondamente diversa
dalla forma attuale. Conserva uno splendido campanile a cuspide e un
portale con sculture in pietra. Chiusa al culto negli anni Settanta a
favore della nuova e moderna chiesa costruita in borgata Serremorello
(considerata più comoda), la “chiesa vecchia” è stata abbandonata
al degrado. Solo a partire dagli anni Novanta si è provveduto ai primi
lavori di consolidamento necessari ad impedire il crollo della
struttura. Dai primi anni Duemila si è ripreso a celebrare funzioni
nella “chiesa vecchia” in occasione di particolari festività: oggi
(2016) si pensa ad avviare una necessaria ed opportuna opera di
restauro.
Trascurato
il proseguimento della carrareccia (diretta alla borgata Garino), si
segue un sentiero che si inerpica sul pendio
retrostante la chiesa e, con alcune svolte nel bosco, va ad
intercettare la strada asfaltata soprastante (paline). Seguendola verso
sinistra, in leggera salita, si aggira un poggio e si giunge ai piedi
della borgata
Serremorello (1307 m, h 0,20 da Chiatignano). Serremorello
era il capoluogo dell’antico comune di Albaretto. Indipendente dal
1609, fu infine accorpato ad Alma nel 1928: con l’unione dei due
comuni, l’intero territorio prese il nome di Macra. Nella parte bassa
della borgata sorge la nuova
parrocchiale di Albaretto, costruita negli anni Settanta in
posizione ritenuta, in modo assai discutibile, più comoda rispetto
all’antica chiesa. Nei pressi sorge anche l’antico Palazzo Comunale,
oggi sede del “Museo dei Bottai”, spazio espositivo di
documentazione permanente dedicato alla figura dei bottai di Albaretto.
Dalla
chiesa si sale all’interno della borgata, con pittoresco
percorso fra antiche case ristrutturate. All’uscita
dell’abitato la stradina diviene mulattiera e, con un
tratto di salita sostenuta nel fitto bosco, raggiunge le
prime case della borgata
Colletto (1414 m, h
0,15 da Serremorello): salendo in diagonale per un comodo
sentiero erboso si giunge sull’insellatura che dà il nome alla
borgata, presso la graziosa
cappella dedicata a Sant’Anna. Nel 1959, sul
cocuzzolo a nord-est dell'abitato, denominato Cresta del
Castello, è stata eretta una statua in marmo della Madonna Alpina,
dedicata alla Madonna di Lourdes: consigliabile raggiungerla con una
breve salita, soprattutto per il vasto panorama sulla media valle. Nella
borgata sono ancora presenti alcuni vecchi pozzi per la raccolta
dell’acqua piovana: vista la scarsità di sorgenti, questi
rappresentavano spesso l’unica riserva d’acqua ad uso domestico,
irriguo e per l’abbeveraggio degli animali.
Dalla
fontana di fronte alla cappella si scende ripidamente nel bosco lungo un
ampio sentiero (segnavia PO):
dopo un breve tratto ripido il sentiero spiana, proseguendo poi a mezza
costa nella fittissima
abetaia. Trascurata una diramazione che scende a destra, si
prosegue in piano, tagliando l’intero impluvio della Comba
di Aramola. Al termine dell’abetaia il bosco diviene misto di
latifoglie, e sempre
a mezza costa si traversa sulla sinistra idrografica della
comba fino alle poche case della borgata
Maurengo (1304 m, h
0,25 da Colletto). La minuscola borgata, interamente
ristrutturata e molto
suggestiva, è ormai considerata una frazione della vicina
Aramola. La
cappella, all’inizio dell’abitato, è dedicata a San
Bartolomeo.
Seguendo
la carrareccia sterrata che prosegue oltre la cappella, si giunge presso
lo
stacco di una mulattiera a sinistra (paline). Imboccando la
mulattiera, che con un lungo tornante entra nel fitto bosco, si sale a
doppiare un costone alberato e, con salita a mezza costa, si giunge alla
pittoresca
cappella di San Magno, a valle della remota borgata
Palent (1479, h 0,20 da Maurengo). Proseguendo
lungo la mulattiera, si entra tra
le pittoresche case, in gran parte ristrutturate e disposte a
gradini sul ripido pendio. Palent è una delle borgate costituenti
l’antico comune di Albaretto, a partire dal 1928 accorpato al
municipio di Macra. La borgata sorge su di un ripido pendio fra
splendidi boschi di faggi e conifere: le case, robuste costruzioni in
pietra locale, sono state ristrutturate secondo l’originaria
architettura alpina. Al centro della borgata, all’interno di un antico
edificio, sorge la Locanda
di Palent, con servizio di ristoro, affittacamere e posto
tappa GTA e Percorsi Occitani. La borgata è nota per le estese
coltivazioni di genepy e di piante officinali, utilizzate per la
produzione di liquori artigianali.
Ritornati
al bivio poco dopo Maurengo, si continua a sinistra, pressoché in
piano, fino ad entrare nella grossa borgata
Aramola (1301 m, h 0,15 da Palent). Le case
della borgata, densamente abitata fino agli anni ’60 del
Novecento, sono in parte ristrutturate, in parte dirute. La cappella è
dedicata a San Bartolomeo: ogni ultima domenica di agosto si svolgeva in
Aramola una grande festa dedicata al Santo, alla quale si diceva che
nessun aramolese potesse mai mancare. La statua del patrono, dopo la
Messa, veniva portata in processione fino alla Cappella della Madonna,
poco fuori il villaggio, dove veniva officiata un’altra funzione,
quindi si rientrava in paese per terminare la giornata con canti, balli
e banchetti.
Attraversata
la borgata,
si prosegue lungo un sentiero pressoché pianeggiante che taglia il
boscoso pendio. Lasciata una
diramazione a destra che scende verso il fondovalle Máira
nei pressi di Pessa (indicazione a vernice su una roccia), si prosegue
sul sentiero principale che, con breve risalita, giunge al poggio erboso
dove sorge la cappella
della Madonna (1301 m). Si tratta di una bella ed antica
costruzione, con un ampio portico che ne protegge la facciata
affrescata, come da tipica architettura della zona. Una
lapide ricorda come “questa cappella fu restaurata ed abbellita dal
massaro Casasso Paolo, a. D. 1932”. Dal poggio su cui sorge la
chiesetta di gode di bella
veduta sul fondovalle Máira: in particolare, si scorgono la
borgata di Camoglieres e la parrocchiale di Macra.
Seguendo
i segnavia GTA,
si aggira la chiesetta sulla sinistra e si entra nel fitto bosco. Con un
lungo traverso pianeggiante verso sinistra si tagliano numerosi costoni
e poco accentuate vallette, sempre nel fitto della vegetazione. Persa un
po’ di quota lungo il filo di un ennesimo costoncino, si sfiora un punto
panoramico (raggiungibile con brevissima deviazione) sulle borgate
di Stroppo, quindi si inizia a scendere con numerosi tornanti
sempre nel fitto bosco. Riprendendo a traversare verso sinistra, si
doppia un nuovo costone e si giunge sul fondo di un incassato
vallonetto, dove si supera a guado il Rio del Mezzogiorno. Tagliando la
sinistra idrografica del vallonetto, si continua poi a scendere nella
fitta faggeta innestandosi
in un’ampia carrareccia. Seguendola in discesa, si lascia
dopo poco un
sentiero a sinistra diretto alle borgate di Marmora (paline)
e, continuando a perdere quota, si giunge sul fondovalle Máira presso i
ruderi di un antico mulino. Superato il Torrente Máira su un
robusto ponte in legno, si continua a sinistra, lungo una
stradina che presto diventa asfaltata ed entra nelle prime
case di Bassura di
Stroppo (929 m, h
1,10 da Aramola). Con pittoresco
percorso fra le antiche case, si
supera un archivolto e si raggiunge la strada provinciale
della Valle Màira. Bassura è una delle molte frazioni che
costituiscono il comune di Stroppo. Il toponimo sembra far riferimento
alla posizione dell’insediamento, posto sopra un’accentuata sella
sul filo di un costone spartiacque. Nel borgo si trova la Casa del Re,
una costruzione in cui si dice si riunissero i legati dei comuni
dell’alta Val Maira per tutto il Cinquecento per trattare gli
interessi generali delle varie comunità valligiane; l’ultima riunione
si svolse nel 1643, sebbene all’epoca la valle avesse ormai perduto
l’ampia autonomia amministrativa di cui godette fino al secolo
precedente.
Per il ritorno è possibile usufruire del servizio
sherpabus (tel. 0171/99024 oppure 348/8231477, da prenotare entro la
sera precedente).