Anello di Rocca della Cernauda 2284 m

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CARTINA CONSIGLIATA

FRATERNALI scala 1:25.000 – Foglio 14

CATEGORIA/ZONA

ESCURSIONISMO - ALPI COZIE

SCHEDA N. 16

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO VIRTUALE

LA BORGATA COLLETTO DALL’INIZIO DELLA MULATTIERA PER NARBONA

VECCHIA CAMERA DA LETTO A NARBONA

ANTICHE CASE A NARBONA

STANZA CON CAMINO E VECCHI OGGETTI A NARBONA

DALLA CRESTA DEL BALOU VERSO I MONTI BRAM E GRUM

INTERNO DI UNA CASA NELL’ABBANDONATA BORGATA DI CAMPOFEI SOPRANO

CAMPOFEI SOPRANO (O BORGATA GRANGE)

 

PUNTO DI PARTENZA

Da Mondovì (uscita della A6 Torino-Savona) si raggiungono Cuneo e Caraglio, da dove si risale la breve Valle Grana. Superato Pradleves, si prosegue verso Campomolino (sede del comune di Castelmagno) fino all’ultimo tornante prima del paese: qui si abbandona la provinciale per seguire una stretta rotabile asfaltata sulla destra che traversa alla base di verticali pareti rocciose e raggiunge la frazione Colletto (1272 m), abbarbicata su una sella boscosa poco sotto la vetta della Rocca Castello (alcuni posteggi nella piccola piazzetta ai piedi delle case).

 

ITINERARIO

Dalla piazza di Colletto si segue a ritroso la strada di accesso per qualche decina di metri, fino al primo tornante: qui si stacca a destra una stradina, ancora asfaltata, che sale con un ulteriore tornante fino ad un piccolo parcheggio a monte del paese (tabelle segnaletiche). Prima di raggiungere il parcheggio una palina indica, sulla sinistra, lo stacco della mulattiera per Narbona: con percorso pressoché pianeggiante la mulattiera taglia alcuni piccoli valloncelli e si porta sulla selletta chiamata “Posa dei morti” (qui, su di una sorta di altare in pietre a secco, il parroco di Colletto si recava a prelevare i defunti di Narbona per accompagnarli in chiesa per le esequie). Una breve salita consente di raggiungere l’antico Pilone di Narbona ( 1375 m ), posto su di un panoramico sperone roccioso all’ingresso della selvaggia Comba di Narbona.

La mulattiera, molto ben tracciata, si inoltra sulla sinistra idrografica della comba, con poco faticosi saliscendi: superando piccoli rii e vari speroni rocciosi (alcune funi metalliche, un po’ eccessive, nei passaggi più esposti) il tracciato raggiunge il punto in cui lo stretto vallone si orienta con decisione verso ovest. Qui una palina indica, a sinistra, lo stacco del sentiero (tracce) che scende direttamente a Campomolino, sconsigliabile per i precari guadi sul Rio di Narbona.

Una breve salita in un boschetto e si tocca la scoscesa radura dove sorgono i ruderi di un grande casolare (“Il Tec’”, 1406 m ): raggiunto l’alveo roccioso di un rio, lo si supera e si sale con qualche tornante lungo la sua destra idrografica, quindi si prosegue nel bosco con lungo traversone in salita fino alle prime case della borgata Narbona (“L’Arbona”, 1495 m , h 1,20 da Colletto).

Costruita su un ripido pendio roccioso sulla sinistra idrografica della comba, Narbona è stata, in passato, una delle più popolose frazioni di Castelmagno: dalle cronache parrocchiali, si evince che nel 1755 contava 117 abitanti, addirittura 144 nel 1897 e 98 nel 1932 (cioè sempre ben di più della più comoda borgata Colletto). Le sue origini sono incerte, così come la sua stessa denominazione: su vari atti ufficiali della seconda metà dell’Ottocento si alternano infatti i termini “Narbòna” e “Arbòna”, senza chiarire fino in fondo quale dei due sia il più corretto. L’origine più accreditata del toponimo sembra l’occitano “arbou”, cioè “albero”: ormai poco verosimile appare il collegamento con la città di Narbònne, in relazione ad ipotetici emigranti francesi,

Pare che i capostipiti dei Narbonesi siano tali Arnèodo, che una leggenda locale narra si siano stabiliti quassù perché banditi in cerca di un rifugio sicuro: se ciò fosse vero, di certo col tempo le cose cambiarono, perché gli abitanti di Narbona godettero a lungo fama di genti tra le più buone e generose del territorio di Castelmagno.

Nel 1962 le ultime 11 famiglie residenti nella borgata, esasperate dalle precarie condizioni di vita e dall’estenuante isolamento invernale, abbandonarono le loro case e si trasferirono altrove: da allora la borgata è completamente disabitata.

Oggi la visita della borgata è un salto indietro nel tempo: le case, in gran parte diroccate, raccontano ognuna una storia, fatta di sacrifici, speranze, lotte continue contro una natura selvaggia ed inospitale. Con attenzione, evitando di entrare nelle costruzioni (a rischio di crolli), si può ancora osservare la graziosa chiesetta della Madonna della Neve, con i banchi ordinatamente allineati nell’unica navata, la piccola scuola e mille altri angoli che testimoniano di una vita semplice e rude, ma autentica.

Durante la Resistenza , Narbòna ospitò il rifugio di un nucleo partigiano guidato da Nuto Revelli, autore del bel volume “La guerra dei poveri”: “Alle ore 7 appare Narbona, come un muro, un enorme muro a secco. Le case sono una sull’altra, come i dadi nei giochi dei bambini. Niente strade, ma scale. I tetti non si vedono, tanto le baite sono addossate”.

La mulattiera si mantiene sulla destra delle case e, con alcune svolte sul ripido pendio, raggiunge un bivio a monte della borgata (paline): trascurato il ramo di sinistra, diretto alla Bassa di Narbona ed al Passo Crosetta, si prosegue a destra, lungo un bel sentiero pianeggiante che sfiora ancora alcune case e poi traversa i ripidi pendii boscosi alla base di erte paretine rocciose. Con lungo traversone il sentiero raggiunge un piccolo colletto alla base di una parete rocciosa (punto panoramico verso valle): superato un incassato rio, si sale brevemente fino al riattato alpeggio di Coulbertrand, restaurato nel 2004 grazie a fondi della Comunità Europea, e utilizzato per la produzione del formaggio Castelmagno a contatto diretto con il pascolo.

Da qui si origina una malridotta carrareccia che, proseguendo a traversare in piano i ripidi pendii pascolivi, si porta ad un marcato colletto a monte delle rocciose Rocche la Bercia, al piede del lungo costone erboso denominato Cresta del Balou, che si origina nei pressi della vetta della Rocca della Cernauda. Abbandonata la carrareccia, che divalla nell’attiguo Vallone di Valliera (bella veduta aerea sulla sottostante omonima borgata), poche decine di metri prima del colletto, si segue una breve diramazione a sinistra che raggiunge il filo del costone, dove termina fra alte erbe.

Da qui una traccia, a tratti alquanto labile, rimonta il crestone erboso proprio sul filo, lungo la linea di massima pendenza: alcuni segni rossi e, più in alto, diversi paletti segnavia indicano il percorso, ma in ogni caso l’orientamento è piuttosto semplice, essendo sufficiente mantenersi costantemente sul filo del crinale. Superati diversi spalloni erbosi, con percorso sempre molto ripido e faticoso, le tracce sfiorano un paio di spartani ricoveri e, con un ultimo ertissimo tratto, raggiungono la cresta sommitale presso un arrotondato testone erboso leggermente ad est della cima della Rocca ( 2170 m , paline, h 2,30 da Narbona), dove si incontrano i segnavia della “Curnis Auta”.

Non rimane ora che seguire, verso sinistra, la dorsale pascoliva che in lieve salita raggiunge la base del più ripido pendio finale, che si aggira a destra per raggiungere la vetta della Rocca della Cernauda (2284 m , h 0,15 dalla sommità della Cresta del Balou). Dalla vetta si gode di ampio panorama sulla testata di Val Grana, sulle principali vette delle Alpi Liguri e Marittime e, dalla parte opposta, sulla media Val Maira e sulla piramide del Monviso.

Ritornati in breve alla sommità della Cresta del Balou, si prosegue ora lungo i segnavia della “Curnis Auta”, che presto iniziano a scendere con decisione verso destra, alla testata del pascolivo Vallone di Valliera. Con diverse svolte (paletti segnavia, vaghe tracce) si perde quota fra i prati, quindi si taglia uno scosceso tratto roccioso ai piedi della Rocca Albert (a sinistra, una palina indica la variante per il filo di cresta, un po’ esposta, EE). Proseguendo invece a traversare in lieve discesa, per petrosi pascoli, si raggiunge un tratto più dirupato, dove il sentiero percorre una serie di comode cenge intagliate nel quasi verticale pendio erboso. Raggiunta una valletta pascoliva, si sale con alcuni tornanti alla successiva sella, nuovamente sul crinale, dove ci si ricongiunge con la variante più impegnativa (altra palina).

Si prosegue lungo il crinale, badando a non perdere di vista per troppo tempo i segnavia (le tracce sono a tratti poco marcate o del tutto assenti) con alcuni saliscendi anche un poco faticosi, finchè un ultimo breve pendio erboso conduce sull’arrotondata vetta del Monte Plum (2091 m, h 0,35 dalla Cresta del Balou, piccola croce realizzata incrociando due rami di larice). Sull’opposto versante non si può non notare l’enorme masso (da qui somigliante ad un gigantesco fungo) che torreggia poco più in basso.

Si scende dalla parte opposta, per prati e massi, in lenta discesa: si passa poco sotto il gigantesco masso (da qui se ne apprezza la reale conformazione, costituita da due grossi roccioni addossati l’uno all’altro e formanti una caratteristica finestra) e si prosegue per l’ampio spartiacque. Giunti ad una selletta, si aggira il successivo rilievo erboso sul versante Màira (dall’altra parte costituito da un caotico ammasso di detriti) e si raggiunge con un breve tratto di salita ripida la sommità di un ennesimo rilievo erboso. I paletti segnavia guidano ora leggermente verso sinistra, lasciando davanti a noi il breve crinale che, oltre la costruzione diruta di un gias, precipita repentinamente nel Vallone del Rio dei Cauri: questa fascia rocciosa, molto caratteristica, è chiamata Bars la Chiau.

Scendendo invece inizialmente lungo lo spartiacque principale, e poi tagliando a mezza costa i ripidissimi pendii pascolivi dell’alto Vallone dei Cauri, si raggiunge finalmente l’ampissima insellatura pascoliva del Colle della Margherita ( 1984 m , h 0,40 dal Monte Plùm, paline), tra il Vallone dei Cauri (Val Grana) e il Vallone di Rio Albert (Comba di Paglieres – Val Maira).

Si abbandona a questo punto la “Curnis Auta” (diretta al lontano Colle del Gerbido) e si scende a destra, in diagonale per il vasto prato moderatamente inclinato. Raggiunta una marcata traccia, la si segue verso destra, mentre scende tagliando in lungo traverso la testata del Vallone dei Cauri. Gradualmente il sentiero, molto ben tracciato, si avvicina ai dirupi delle Bars la Chiau e le traversa, in un susseguirsi di dentro e fuori, attraverso aerei colletti su cui vegetano isolati esemplari di larici. Superata una grangia diruta, si giunge all’insellatura nota come “Il Passetto” ( 1913 m ), che consente di svalicare dal Vallone dei Cauri in quello attiguo di Valliera. Sempre traversando, ma da qui in poi anche scendendo con decisione con numerosi tornanti sui pendii pascolivi, si attraversa un breve boschetto e si raggiunge la spalla erbosa dove sorgono le antiche Grange Sarià ( 1750 m , h 0,25 dal colle). Nei pressi si notano anche alcune costruzioni più moderne, e qui arriva anche la carrareccia da Colletto, attraverso la borgata Valliera.

Si prosegue dunque lungo la carrareccia in discesa fino all’altezza del primo tornante: qui, presso una piazzola, alcune paline indicano lo stacco, leggermente sulla sinistra, della vecchia mulattiera per Campofei. Si segue dunque questa mulattiera, che inizialmente discende con diversi tornanti un ripido pendio erboso, quindi si allunga con un traversone in discesa più moderata nel rado lariceto. Con altri tornanti, sempre fra rado bosco, si sfiorano alcune grange dirute e si giunge ad un nuovo bivio presso un grande larice (paline): trascurate a sinistra le tracce dirette alla borgata Cauri e a Cialancia (EE), si prosegue a destra, pressoché in piano, su un tratto di mulattiera delimitata da un massiccio muro di pietre a secco sul lato a valle. Incontrando sempre più segni dell’antica civiltà contadina che qui si è sviluppata in passato, si riprende la discesa in diagonale fino ad un ennesimo bivio: tralasciato il ramo di destra, in salita, diretto ancora a Valliera, si prosegue a sinistra, in moderata discesa. Aggirato un costone, ormai nel bosco, appaiono all’improvviso le prime case di Campofei (borgata Grange o Campofei Soprano, 1510 m ). Dalle porte spalancate delle antiche, dirute abitazioni è possibile cogliere numerosi spaccati di vita montanara. L’abbandono della borgata, pur essendo palese, non riesce ad annullare completamente il senso di calore che ancora si respira fra le case.

Attraverso ripide viuzze si scende velocemente a valle delle case, dove si incontra una pista forestale proveniente da Valliera ed un grande campo seminato ad erbe officinali.

Oltre la stradetta si raggiungono le case del nucleo principale di Campofei (o Campofei Sottano, 1469 m , h 0,40 dalle Grange Sarià). Al contrario della vicina borgata soprana, qui sono attualmente in corso (2013) diversi lavori di ristrutturazione delle antiche case e della caratteristica chiesetta di San Giacomo.

Si continua a scendere a valle della borgata, rientrando nel fitto bosco: superate le ultime case, si scende per breve tratto e si incontra un nuovo bivio. Trascurato il ramo che prosegue dritto in discesa verso la borgata Croce, si segue quello che volge a destra e, con percorso comodo e non troppo ripido nel lussureggiante bosco, sfiora ancora i pochi ruderi di Albrè e di Sarsa, dopo di che, superati un paio di rii, prosegue il suo lungo traverso fino ad incontrare il Pilone del Sacro Cuore. Poco oltre, ad un ennesimo bivio, si trascura la diramazione di destra, che sale verso Valliera, e si prosegue a sinistra, nuovamente in lenta discesa.

Il Pilone di Sant’Antonio Abate precede di poche decine di metri le case della borgata Colletto ( 1272 m , h 0,30 da Campofei Sottano), raggiungibili abbandonando la carrareccia ad un tornante e proseguendo dritti per una stretta viuzza.

Dalla piazza del paese (fontana), proprio di fronte alla chiesa di Sant’Ambrogio, si prosegue per un vicoletto a destra che, attraverso un arco di pietra, riconduce alla piazza dov’è il parcheggio.

 

TEMPO TOTALE

h 7,00 circa 

DISLIVELLO

1200 m circa 

DIFFICOLTA’

E allenati (qualche difficoltà in più in caso di nebbia)

ULTIMO SOPRALLUOGO

15 giugno 2013 

PERIODO CONSIGLIATO

giugno - ottobre

COMMENTI

Lunghissima escursione, assai consigliabile sia per l’interesse storico che panoramico. Incredibilmente interessanti le visite a Narbona e Campofei (ma attenzione ai muri e, soprattutto, ai pavimenti pericolanti!!!), mentre di grande respiro risulta la parte centrale, sui panoramici crinali a cavallo fra Grana e Maira. I sentieri, fino a non molto tempo fa praticamente scomparsi, sono stati negli ultimi anni in gran parte risegnalati, con una intelligente opera di recupero volta a trasformare tutta la zona in un grande “ecomuseo all’aperto”, a testimonianza delle generazioni che qui, in passato, hanno vissuto.