Si possono
contare 9
tiri di corda:
1
- Si sale uno speroncino di roccia molto fratturata (III°), si
supera un gradino (III°+) e si traversa con attenzione un tratto
franato per entrare nel diedro vero e proprio. Si attacca un salto
leggermente strapiombante seguendo la fessura di fondo del diedro (IV°+,
passo di V°, 1 chiodo lasciato) uscendo ad uno scomodo terrazzino
con nicchia (20 m ca., sosta su masso incastrato sul fondo della nicchia).
2
- Si affronta la fessura strapiombante di destra (V°), dotata di
buone e solide lame, uscendo in un ripidissimo solco erboso. Si segue per
breve tratto lo speroncino articolato a destra del solco (IV°), di roccia
friabile ed esposto sul pieno della parete (1 chiodo levato), poi appena
possibile si traversa a sinistra verso la testata del solco, nuovamente
roccioso. Si traversa verso sinistra, in direzione di un piccolo anfratto
(IV°), da dove si sale ancora a sinistra (IV°+, esposto) fino
ad una nuova nicchia alla base di un bel diedro gradinato (30 m ca., sosta
su chiodo + friend).
3
- Si scala il diedro, piuttosto breve ma impegnativo e a tratti friabile (IV°+
con passi di V°) fino ad un terrazzino alla base di una fascia
strapiombante (1 chiodo levato) . Pochi metri a destra si trova un grosso
spuntone, nei pressi dell’esposto filo dello spigolo (12 m c.a,, sosta
su cordone intorno allo spuntone).
4
- Si aggira lo spigolo, con passo facile ma esposto lungo una cengia
orizzontale (II°), fino ad incontrare una rampa di rocce fratturate
che sale a sinistra. Si segue interamente la rampa, all’inizio con più
impegno (III°), poi sempre più facilmente per erba e roccette fino
ad uscire sull’ampio prato sulla cima del primo contrafforte (45 m ca.,
sosta su grosso masso nel prato).
Raccordo con la parte superiore della via: si
risalgono i ripidi pendii erbosi puntando ad una evidente grotta che si
apre sulla fascia rocciosa intermedia del versante ovest-nord-ovest: per
una doppia rampa erbosa, prima a sinistra e poi verso destra, si giunge
alla grotta, dove cola l’acqua (h 0,20
dall’uscita del primo tratto).
5
- Si traversa a sinistra della grotta, per
rocce facili ma infide perché quasi sempre umide (I°+, II°),
poi appena possibile si sale verticalmente superando ancora un breve
tratto roccioso (II°) per ritrovarsi così sui ripidissimi pendii
erbosi superiori. Si prosegue per erba ripidissima, con notevole impegno
psicologico a causa della scarsa proteggibilità del tratto, fino ad una
nuova fascia rocciosa verticale. Sosta presso lo sbocco di un ripidissimo
ed evidente canalino erboso, unico punto debole della placconata (50 m c.a,
sosta su 1 chiodo + friend).
6
- Si scala interamente il quasi verticale canalino erboso, anche questo
difficilmente proteggibile: si esce così su un’ampia cengia erbosa, che
si segue a sinistra raggiungendo così la base dei camini terminali. Il
camino di destra è liscio e spesso bagnato; ci si porta alla base di
quello di sinistra, articolato e asciutto (20 m ca.,1 chiodo di sosta).
7
- Si sale il camino (III°+), aggirando a sinistra un roccione
strapiombante, raggiungendo una terrazza erbosa sospesa quasi sul filo di
spigolo del pilastro . Si traversa qualche metro a destra, poi si supera
direttamente un muretto articolato ma friabile (1 chiodo levato, III°+) e
ci si porta ad un comodo ripiano alla base del gran camino terminale (20 m
ca., sosta su due friend).
8
- Si attacca il ramo di sinistra del camino: all’inizio questo è
strapiombante, e risulta particolarmente impegnativo (V°, V°+).
Più
in alto si raggiunge un minuscolo terrazzino: con un altro passo
difficoltoso, si aggira un masso strapiombante a sinistra (V°),
quindi si sale per l’angusto solco fino ad una biforcazione: si trascura
la strettissima fessura di destra e si prosegue a sinistra (attenzione ai
massi in bilico!) per uscire ad una stretta forcellina sul filo dello
spigolo, sormontata da un caratteristico masso incastrato che forma un
arco naturale. Si sale in spaccata sopra la forcellina, poi ci si porta
sulla parete di destra (IV°) e si raggiunge un terrazzino (20 m ca.,
sosta su due friend).
9
- Si prosegue sul filo dello spigolo, per rocce fessurate ma più facili (III°+)
fino ai prati della cresta sommitale (15 m c.a, sosta su spuntone).
Seguendo il più fedelmente possibile la
linea di cresta, costituita da erba e lastronate calcaree, si passa al
sommo delle impressionanti pareti settentrionali e, scavalcata un’anticima
e una forcella, si sale per comodi e splendidi prati fioriti alla
sommità della Rocca del Pis (2294 m, h
0,15 dall’uscita della via).
Discesa: si scende dall’altra parte per comodi prati
fino ad una insellatura erbosa tra la Rocca del Pis e la Quota
2336 m (eventualmente raggiungibile con breve ma piacevolissimo
percorso di cresta, ometto sulla cima): da qui si scende a sinistra per
ripidi pendii erbosi in direzione dell’ampio vallone carsico ben
visibile dalla cima. Scendendo, conviene mantenersi a destra, obliquando
fino a raggiungere i dossi erbosi e le doline sul fondo del vallone. Si
continua a scendere per una serie di conche carsiche successive (qualche
difficoltà di orientamento in caso di nebbia) fino ad una valletta
acquitrinosa. Risaliti i brevi pendii erbosi dall’altra parte della
valletta, si continua a scendere traversando sempre verso destra per
evitare alcuni salti rocciosi, fino ad incrociare la GTA per il
Passo
delle Salìne a poca distanza dalla carrareccia di fondovalle Èllero.
Raggiunta la carrareccia, la si segue fino al Rifugio Havis de Giorgio
– Mondovì (h 1,30 dalla cima).